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cultura

"Il mondo nella mia penna. La Serpara immaginata" - 22

lunedì 24 settembre 2018
"Il mondo nella mia penna. La Serpara immaginata" - 22

L'OPERA: "RADUNO DI TOSAERBA", di Wilhelm Koch, opera in tosaerbe.

Corri. Fuggi. Scappa. Sempre più veloce, al galoppo del battito del cuore che rimbomba nei miei timpani, forte, ma non abbastanza da coprire quel rumore tremendo, incalzante, sempre più vicino. Un rantolo terrificante. Scappa. Fuggi. Corri. A perdifiato, giù dal pendio. Non fermarti, non voltarti, non guardare. Corro. Supero il bosco di bambù. Supero la carcassa, ora innocua, dell’automobile. Viscida la collina sotto le mie suole di gomma: scivolo per qualche metro, rotolo giù, fino al greto. Sangue sulle ginocchia. Non posso fermarmi: li sento ringhiare, ne avverto il fetore. Mi saranno addosso presto. L’acqua non li fermerà. Balzo su un tronco: è putrido, marcescente, roso dall’acqua di chissà quante piene. Si protende verso il grande masso che sovrasta il torrente. La mia salvezza. Per quanto il tronco reggerà il mio peso? Non ho il tempo di aspettare che il mio cervello elabori una risposta, un altro secondo di esitazione sarà il mio ultimo: sono qui, hanno raggiunto il tronco, arrancano, si arrampicano. Trattengo il fiato. Salto. Mi aggrappo. Sono in salvo.
Ringhiano. Per un soffio, le loro lame non hanno assaggiato la mia carne.
Ora aspettano, i quattro. E anche io. Prima o poi, la benzina finirà.
Succede sempre.

prof.ssa ANNALISA PIERINI, Classe 1C Scuola Media “L.Signorelli” di Orvieto

Sovrastante, ecco cos’era.
Il Grande Masso si protendeva. Stava già aprendo le sue fauci per fagocitare il torrente che, ignaro, gli scorreva poco sotto. Non avvertì il pericolo: i fiumi non lo fanno. E dopo il torrente, cosa avrebbe divorato quella bestia fatta di pietra rugosa, rampicanti avvolgenti, tronchi arcuati che, chissà come, erano nati nelle sue crepe e ora gli spuntavano dalle viscere sassose?
Si sarebbe preso tutto. Era chiaro, era scritto. Si sarebbe mangiato, vorace, il resto del parco, avrebbe portato con sè quei bambini che giocavano a palla, poco distanti, presso la grande porta, e anche quella coppia che, dopo lungo parlarsi e guardarsi, guardarsi e parlarsi, si era finalmente decisa a darsi il primo bacio, nascondendosi, vergognosa, dentro il Museo del Fumetto.
Tutto finito. Tutta pietra, e null’altro.
Gli uomini del posto avevano provato di tutto per respingere il Mostro. Era venuto un Prete grasso e unto a esortare il Masso, in nome di Dio, a tornar sui suoi passi. Ma fu il Prete, sconfitto e affranto, a farlo. Poco dopo, raccontano le cronache dell’epoca, prese la tonaca e ne fece falò.
Poi venne il Generale. Aveva uno stecchino tra i denti all’angolo della bocca. Dagli occhiali scuri trapelava una luce di trionfo. Tranquillizzò tutti: “Di Massi come questi ne ho fatti fuori un milione, senza contare donne e bambini!”. I bombardieri bombardarono, i carrarmati carrarmarono. Migliaia di soldati, mandati al macello, furono macellati.
Niente. Il Mostro di pietra avanzava, inesorabile.
Ormai non restava che ricorrere alle preghiere, sui ginocchi, compìti, con le manine ben congiunte, ma, sovvenendosi delle scena del Prete, la gente stava già inventandosi nuovi Dèi, nuovi Libri Sacri, nuove Fedi, nuove Inquisizioni.

Improvvisamente, da un prato poco distante sbucò, con andatura placida e indolente, un giardiniere. Nessuno l’aveva mai visto prima. D’altra parte il più delle volte nessuno vede nessuno. Il giardiniere osservò con stupore la scena: il generale che piangeva in un angolo, il Prete che saltava attorno al falò, la gente china, a fronte bassa.
Non lo stupì invece il tremendo spettacolo del Grande Masso che ormai era a un nulla dal torrente.
Prese i suoi tosaerba (girava sempre con una discreta scorta), li pose sulle pietre del torrente, e con precisione millimetrica li sistemò a contrasto del Grande Masso.
Tutto si fermò. Il rombo assordante, che fino a poco prima aveva riempito lo scenario, tacque.
Il Mostro, come placato, come curato da aghi finissimi posti da antichi e sapienti medici cinesi, sospirò e sostò.
Il giardiniere vide che il lavoro era ben fatto, e, come era arrivato, placido e indolente, se ne andò.
La gente ci mise un po’ a rendersene conto. Era a fronte bassa. D’altra parte, il più delle volte sta così, la gente. Quando si alzò si accorse finalmente che il Grande Masso era stato fermato. Nel frattempo il Prete e il Generale si annettevano il merito della vittoria, e così la gente andò, in lacrime di gioia, a festeggiarli e a riempierli di elogi, giurando loro eterna obbedienza.

In tutto ciò, un bimbo trovò un bel gol in rovesciata, cosa che provava a fare da anni, inutilmente.
Nel Museo del Fumetto, la ragazza chiese al ragazzo: “Ho freddo, ti va di scaldarmi i piedi?

prof. ANDREA CAPONERI, classe 1D, Scuola Media “Luca Signorelli”, Orvieto

 

 

IL PROGETTO, LE PUNTATE PRECEDENTI

1. PULPOPUGNO

2. FEUERPALAST MIT 21 SAULEN

3. PICCHIO PINOCCHIO

4. MANTRA

5. DAMMI UNA MANO

6. FRUTTA PER LA SERPARA

7. ALBERGO GOLDONI

8. BOROPHRYNE

9. BETONBANANA

10. MISS

11. MUSEO DEL FUMETTO

12. PORTA

13. RESPIRO VOLANTE

14. SOTTOFUOCO

15. FEUERKRÖTE

16. LATTE DI ROCCIA

17. SEDE DI GIANO

18. APOCALYPTOR

19. VENERE E DAVIDE NELLA VALLE

20. STECKENPFERD

21. MONITORING WATER