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cultura

"Il mondo nella mia penna. La Serpara immaginata" - 5

martedì 5 giugno 2018
"Il mondo nella mia penna. La Serpara immaginata" - 5

L'OPERA: "DAMMI UNA MANO" di Samuele Vesuvio, opera in legno, pietra, metallo, alluminio, piante

E’ abbastanza difficile descrivere questa scultura perché sopra c’è un cartello che racconta già un pezzo della sua storia e quindi questo limita tanto la mia immaginazione, e mi dà molto fastidio. Sul cartello è raffigurato che all’interno di grandi pezzi di legno d’albero, si sia intrappolato un demone maligno che nessuno vuole liberare. Se non ci fosse la storia, per me avrebbe un significato del tutto diverso: secondo me, non è un essere maligno, ma un uomo buono, che, però ha dovuto fare cose malvagie: come un soldato, che non vuole uccidere, ma che deve farlo, altrimenti sarà lui ad essere morto, oppure come una madre, che deve lasciare il figlio, ancora piccolo, da solo e indifeso per proteggerlo dalle cattiverie dell’intero mondo. La mano è protesa verso l’alto ma, secondo me, non è solamente perchè vuole essere aiutato e salvato, ma è come se chiedesse perdono per ogni peccato, come una specie di scusa per aver fatto cose brutte a persone del tutto innocenti. Forse non voleva nemmeno essere salvato, forse pensava che, in fondo, se lo era meritato e che fosse una sorta di punizione da parte delle sue vittime totalmente innocenti.
La mano è fatta di pietra e sopra a questa scultura ci sono grandi pezzi di alberi, ma il tocco, che secondo me dà più un senso verosimile, sono i fili d’erba che crescono, intorno a questa scultura, ignari di tutto. In più, questa costruzione è stabilizzata su del tufo con del muschio sopra e, sopra di esso, hanno fatto la casa tanti piccoli insetti che però, a mio parere, hanno paura che la statua si risvegli da un momento all’altro, commettendo gli stessi identici sbagli del passato.

EMMA BURLI, Classe 1D Scuola Media “Luca Signorelli”, Orvieto

Sono a Civitella D’Agliano nel parco della Serpara. Davanti a me vedo un pezzo di tronco con dentro un braccio e dietro delle vignette che ne spiegano la storia. Il braccio è di colore grigio, ma un dito della mano è rosso come se si fosse ferito e stesse sanguinando. Si può vedere l’interno del tronco, ma è molto buio e sembra che ci siano molti insetti. Dentro, si vede la fine del braccio e questo mi fa immaginare che là dentro ci fosse un uomo il cui corpo, dopo essersi trasformato in pietra come le vignette dicono, fu portato via e fu lasciato solo il braccio. Le vignette sono rovinate e le due sbarre di ferro sono arrugginite: questo mi fa capire che è la scultura è molto vecchia. Questa statua mi fa ricordare quando, da piccolo, stavo in campagna e andavo in mezzo agli alberi e ci sbattevo contro. Immagino che la scultura che ho descritto, cioè il braccio di pietra sotto il tronco, sia la traccia di uno stregone malvagio che molti secoli fa vi fu imprigionato. Gli stregoni buoni gli lanciarono quest’incantesimo: se avesse cercato di scappare, tutto il corpo si sarebbe trasformato in pietra. I maghi, per paura che qualcuno lo trovasse, dopo averlo catturato, portarono lo stregone cattivo in un bosco, scavarono una profonda buca in cui lo lasciarono coprendola con un tronco. Lo stregone malvagio, incredulo dell’incantesimo e disperato, tentò di fuggire ma, come gli era stato predetto, fu immediatamente pietrificato.

GIOVANNI CAIELLO, Classe 1C “Luca Signorelli”, Orvieto

Per trovare la statua giusta, io e Ulisse ci abbiamo messo un po’, ma alla fine ci siamo riusciti con l’aiuto dei proprietari. Non so bene di cosa sia fatta, ma penso di ferro, legno e tufo. La parte inferiore della statua mi sembra in tufo, visto che ha un colore che tende all’arancione; sopra di essa è appoggiato un tronco molto rovinato, sia dalle piogge, sia dal maltempo. Ha diverse spaccature: da una, esce una mano. Sopra a tutto ciò ci sono tre grandi cartelli che raccontano una leggenda legata a questo capolavoro. Forse ce l’ha lasciata qualche scultore, o qualche bambino, o forse un alieno. Forse lo scultore voleva che le persone che fossero andate a visitare quel posto magico, vedessero cosa era capace di fare. Mi immagino che forse un bambino di nome Bunny, molto solo, visto che i suoi genitori erano morti in un incidente, l’abbia costruita per giocarci. Bunny aveva anche una sorella più grande, che però viveva a Milano. Lei avrebbe voluto portare il fratello a Milano con lei, ma Bunny non ci era voluto andare, perché lui lì era nato e cresciuto. Era stata lei ad aiutare il fratellino a costruire quella statua, e non solo: gli aveva insegnato a sopravvivere anche nei momenti più difficili. La mano che avevano posizionato sotto al tronco faceva da portiere, mentre i cartelli facevano da rete da calcio. Così, anche se era solo, Bunny poteva giocare.

ROSA RANCHINO, Classe 1C “Luca Signorelli”, Orvieto

È un braccio grande di pietra, rivolto verso l’alto, l’anulare è di ferro arrugginito. Questo braccio è incastonato in un grande pezzo di legno mangiato dai tarli. Si narra che questo braccio appartenesse a un genio, che chiedeva aiuto per uscire dal tronco in cui era rimasto imprigionato “Aiuto, aiuto…”, supplicava il genio. Proprio da quelle parti passava un ragazzino, che, sentendo la sua voce, si avvicinò per capire meglio chi fosse e che cosa volesse. Il genio lo supplicava di aiutarlo a uscire dal tronco, ma il ragazzino non lo voleva aiutare, temendo che lo trascinasse dentro al posto suo. E così, senza l’aiuto del ragazzino, il genio si pietrificò. Oggi, se quest’oggetto venisse attaccato al muro, si potrebbe usare come attaccapanni, anche se sarebbe un po’ inquietante, potrebbe sempre rubarti la giacca, quella giacca malefica. All’inizio quest’opera non mi sembrava un granché, ma poi guardandola con più attenzione, mi sono accorto con quale impegno è stata fatta.

ULISSE TOSI, Classe 1D Scuola Media “Luca Signorelli”, Orvieto

 

 

 

IL PROGETTO, LE PUNTATE PRECEDENTI

1. PULPOPUGNO

2. FEUERPALAST MIT 21 SAULEN

3. PICCHIO PINOCCCHIO

4. MANTRA