cultura

Giulio Scarpati all'Unitre. Con Valeria Solarino al Mancinelli per "Una giornata particolare"

giovedì 18 febbraio 2016
di Davide Pompei
Giulio Scarpati all'Unitre. Con Valeria Solarino al Mancinelli per "Una giornata particolare"

I baffi che si è lasciato crescere aiutano a dare virilità al personaggio che interpreta, costretto dalla Storia a camuffare la sua natura. Il sorriso, invece, è il suo e brilla anche senza il camice bianco di Lele Martini, a cui resta grato – pur con parsimonia – perché l'ha reso popolare al grande pubblico. Quello della serie tv di Raiuno "Un medico in famiglia", che in autunno traguarderà la decima edizione. Ma Giulio Scarpati è stato anche "Il giudice ragazzino" e il maestro Perboni di "Cuore" e, a teatro, si è cimentato con opere di Goldoni e Patroni Griffi.

A Orvieto mancava dal 2005 quando al Mancinelli aveva portato "Una storia d’amore: Cechov – Cechova". Qui è tornato, ormai da qualche giorno, per la prima nazionale di "Una giornata particolare" insieme a Valeria Solarino – prima volta sulla Rupe per l'attrice nata artisticamente a Torino nella Scuola del Teatro Stabile – nei ruoli che nel 1977, nel film-capolavoro di Ettore Scola, furono di Marcello Mastroianni e Sophia Loren.

Con loro sul palco, Toni Fornari, Guglielmo Poggi, Anna Ferraioli, Elisabetta Mirra, Paolo Minnielli. Lo spettacolo prodotto dalla Compagnia "Gli Ipocriti", diretto da Nora Venturini e ben confezionato con scene di Luigi Ferrigno e luci di Raffaele Perin, come annunciato, sarà al Teatro Mancinelli sabato 20 febbraio alle 18 e domenica 21 febbraio alle 17. In una pausa dalle prove, martedì 16 febbraio l'attore trova tempo e disponibilità per raccontarsi all'Unitre di Orvieto, a colloquio con il presidente Riccardo Cambri. Così come, a novembre, aveva già fatto Leo Gullotta, confermando la Sala Incontri "Maria Teresa Santoro" di Palazzo Simoncelli accogliente e informale salotto.

"Sono molto contento di essere qui – rivela – mi piacciono le iniziative dove si continua ad approfondire, sovvertendo questa idea data dalla società moderna secondo cui la terza sia un'età da nascondere. Eppure nella cultura contadina, gli anziani costituivano la saggezza, l'autorità. La ricchezza sta nella capacità di far dialogare fra loro generazioni che altrimenti vivono in maniera isolata. Penso al rapporto tra nonni e nipoti, al trasferimento emotivo di esperienze che ne nasce, senza essere ghettizzati all'interno della fascia d'eta d'appartenenza".

"Sul palco – prosegue, entrando nel merito dello spettacolo – mi piaceva raccontare l'incontro di solitudini. Quelle di due personaggi, a modo loro emarginati e distanti che riescono a trasferirsi reciprocamente qualcosa in un rapporto che, progressivamente, cresce. Omosessuale licenziato dalla radio e in procinto di essere spedito al confine, Gabriele. Casalinga con sei figli e un marito violento, Antonietta. In un'ora e mezza, senza intervallo, si concentra un testo intenso, nato per il teatro. Si avvicina al film di Scola, ma il teatro ha dalla sua l'unità di tempo e spazio che consente di trasmettere in presa diretta al pubblico l'emozione. Le grandi vicende della storia fanno da cornice a quelle più piccole. Nel silenzio di un palazzo svuotato, sullo sfondo sonoro di canti militareschi, emergono i sentimenti, le debolezze umane, la condizione della donna nel 1938".

"I pregiudizi – aggiunge – ci impediscono di guardare gli altri negli occhi. Le discriminazioni nascono dalle etichette. Ci rassicura incasellare le persone dentro schemi e categorie. C'è una pressione eccessiva nel raccontare il privato. L'interesse verso la televisione fa sì che non si pensi più al teatro come una necessità dell'animo o un'occasione per la collettività, quindi popolare, di affrontare un tema. Oggi si riflette poco. Dal canto mio, alterno teatro, cinema e televisione come bisogno di artista di fare altro. Se tutto è troppo dettagliato, mi annoio. Gli schemi ripetuti non fanno bene alla partecipazione cerebrale.

Mi dispiace che Scola non possa vedere lo spettacolo. I maestri, però, parlano anche quando non ci sono più. Almeno così ci piace pensare. Lui, raccontava l'umanità. Apparteneva a quella generazione di ottantenni, da Garinei a Monicelli passando per Trovajoli, sinceri al limite del brutale che ha fatto grande il cinema, con entusiasmo e passione ma anche autoironia". "A Orvieto – conclude, rispondendo alle domande – si lavora benissimo, è il secondo allestimento che faccio qui. Le persone sono deliziose e disponibili. In teatro, la collaborazione è fondamentale. Quanto al pubblico, si capisce che ha visto tanto teatro. Lo inganni meno, ma se sai prenderlo ti dà molto".


Per ulteriori informazioni:
www.teatromancinelli.com
0763.340493 – biglietteria@teatromancinelli.it

Biglietti da 10 a 30 euro + prevendita. La recita di sabato 20 febbraio sarà seguita, alle 19.30, dal "Buffet al Foyer" a cura della Confederazione Italiana Agricoltori. Ingresso: 12 euro. Prenotazioni obbligatorie.