cultura

"Storie sospese" tra progresso e tutela. Chiantini-Ridolfi: "Serve una rivoluzione sentimentale"

giovedì 17 dicembre 2015
di Davide Pompei
"Storie sospese" tra progresso e tutela. Chiantini-Ridolfi: "Serve una rivoluzione sentimentale"

Il figlio che nasce, il collega che muore. Il primo è già il terzo, ma viene al mondo quando lui non c'è. Il secondo, invece, lo lascia accidentalmente, occupando il posto che avrebbe dovuto essere il suo. Presenze, partenze, assenze e mancanze, e relativi rimorsi, si colgono sul volto, ruvido e silenzioso, che Marco Giallini presta a Thomas. Altrettanto smarrito, quello di Alessandro (Tiberi). Anziano, Bucci (Giorgio Colangeli), il geometra del paese che non si rassegna. Giovane, Giovanna (Maya Sansa), l'insegnante che prosegue la sua lotta. Spregiudicato, per necessità, Ermanno (Antonio Gerardi).

Dopo l'incombente montagna che giganteggia sull'abitato, in un rapporto uomo-natura di reciproco contatto, sono loro i protagonisti di "Storie Sospese", il film-denuncia liberamente ispirato alla vicenda dei residenti del borgo appenninico di Ripoli – a cui il lungometraggio è dedicato – per anni alle prese con gli scavi di una galleria per la Variante di Valico, presentato alla 72esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, in apertura delle Giornate degli Autori.

Come annunciato, venerdì 11 dicembre, nella Giornata Internazionale delle Montagne, la pellicola è stata proiettata anche al Multisala Corso di Orvieto, alla presenza del sindaco Giuseppe Germani, del regista avezzanese Stefano Chiantini e della sceneggiatrice orvietana Chiara Atalanta Ridolfi, ribadendo la volontà di coinvolgere le scuole nella prospettiva di un progetto sulla salvaguardia e prevenzione ambientale, che educhi i giovani alla cultura del territorio intesa come cura e conservazione.

Sospese, sono le storie di chi, come i rocciatori, lavora in aria in perenne equilibrio. Sospese, metaforicamente, lo sono anche le condizioni esistenziali in bilico tra la scelta di salvaguardare il paesaggio e tutelare il territorio dalla vulnerabilità e garantirsi la sicurezza economica prospettata dalle grandi opere. È l'imperizia ad aprire la frana, nella montagna e nelle coscienze di chi ai suoi piedi vive da sempre o lavora da qualche giorno. Di chi anestetizza i canali di percezione con l'alcol, per non sentire o per sentire più forte.

Di chi corre nei boschi, per far scendere quelle lacrime che in pubblico non piovono. Di chi si nasconde, dentro i piloni di un viadotto o nella vita di un paese dove il bagno dell'asilo è occupato dagli operai e la politica si consuma ai tavoli della trattoria, fra crepe invisibili per chi non vuole vederle. Storie vere, anche quando romanzate, nel Paese dei No-Tav e del terremoto, dei dissesti idrogeologici e dei container fra le macerie, delle misure sbagliate e delle gallerie inagibili che deturpano anche il suo cuore verde. Neanche Orvieto è immune.

"Il film – spiega il regista, già al lavoro su un nuovo film per cui ha ottenuto i finanziamenti, e sospeso anche lui tra sguardo documentaristico e narrazione di finzione – lascia aperti molti interrogativi. Non mi piace esplicitare troppo causa ed effetto. Non sono ancora pienamente convinto, poi, che il finale montato sia quello migliore. Nell'altro che avevamo girato, Thomas saliva sul pulmino e tornava al lavoro. È la via più cinica, ma forse anche quella più realistica. Il cinema, però, serve anche a dare una speranza, a lasciare aperte certe vie. Per mostrare agli attori quello che avrebbero dovuto fare, mi sono sempre arrampicato. Chiara è stata fondamentale nel percorso del film".

"Un film – confessa lei, che di progetti all'attivo ne ha almeno altri tre – faticoso ma necessario. È una storia che ci rispecchia. Quello che serve, sopratutto nei piccoli centri di provincia, è un'educazione diversa al paesaggio, una 'rivoluzione sentimentale', la presa di coscienza, anche attraverso gli occhi dei bambini, dell'importanza di salvaguardare il patrimonio ambientale e tutelare un luogo a partire da chi lo vive. Cancellarlo equivale a cancellare la storia".

Temi coerenti con le letture di John F. Kennedy, Francesco Erbani, Salvatore Settis e Renato Bazzoni tenute all'inizio della serata da Andrea Brugnera e Maria Celeste Pierantoni. "Ci interessava approfondire questo legame con il territorio, da parte di una comunità che nel nome del progresso è costretta ad abbandonare il luogo di vita. La sua messa in sicurezza richiede una tutela costante. In Italia, le opere pubbliche hanno un impatto sul territorio spesso disastroso perché restano incompiute o legate a sistemi di corruzione. C'è molta approssimazione su studi idrogeologici preliminari che pure vengono eseguiti dopo.

In Emilia, c'è stata qualche reticenza politica a proiettare il film. C'è stato tanto lavoro, portato avanti con passione e voglia di raccontare. Quella per il cinema è una scrittura che va letta e trasformata per immagini che poi il regista mette insieme. A noi piaceva raccontare l'impegno civico e la responsabilità individuale di cittadini costretti a scegliere da che parte stare, senza giudicare. Chiaro è che una società civile non dovrebbe scendere a ricatti morali, né mettere di fronte a simili bivi".