Ci siamo, sabato 25 ottobre ci sarà il Disability Pride. In questi giorni di immediata vigilia, dominati dall’inevitabile frenesia delle cose da fare ma per non esserne travolti, ci sembra utile sottolineare alcuni aspetti, principi base e approcci metodologici, che innervano ciò che, per merito di tanti, è diventato il primo Disability Pride in Umbria. Anzitutto la considerazione ampia dell’universo di significati che costituisce la condizione di disabilità.
La persona con disabilità è il prisma ottico che scompone, colorandole, le diverse dimensioni dei processi di salute/malattia. Questi sono collegati: alla profondità di intrecci tra le sfere psicologiche, somatiche e sociali della vita umana; ai determinanti storicamente concreti delle condizioni di salute o malattia; al ruolo che le barriere, mentali e architettoniche, hanno nella compromissione delle possibilità di inclusione sociale e di autodeterminazione esistenziale di ognuno; all’effettivo accesso ed esercizio dei diritti umani, civili, sociali e della solidarietà.
La persona con disabilità è, ancora, il prisma ottico che scompone, colorandole, le diverse forme del pregiudizio abilista: la sua presunta naturalità; la costruzione di capitali sociali ed élite di potere non tra “identità”, ma tra “identici”, che risultano esclusivi e escludenti; la percezione e l’atteggiamento discriminatorio e svalutativo verso l’altro non abilisticamente connotato; la diffusione nel senso comune e dunque l’accettazione sociale di atteggiamenti e comportamenti pietistici, paternalistici, caritatevoli; l’ignoranza di ogni agentività della persona con disabilità nella costruzione di spazi pubblici simbolici e concreti.
La persona con disabilità è, infine, il prisma ottico che scompone, colorandole, le diverse dimensioni della costruzione concettuale di disabilità che sono sempre storicamente concrete e dunque in gran parte socialmente determinate. E che, in particolari situazioni più o meno prolungate; in formevariabili, cioè più o meno intense; per varie cause eterogenee e difficilmente prevedibili riguardano ogni Homo Sapiens Sapiens.
Per questo, fin dal primo momento, il percorso verso il Disability Pride ha ricondotto la parola handicap a indicare gli ostacoli materiali che impediscono la realizzazione di un quotidiano programma di vita indipendente da parte delle persone con disabilità e gli ostacoli simbolici che, prima ancora, compromettono la possibilità di immaginare un progetto esistenzialmente autonomo e di determinarselo. Impegno dunque rigoroso contro questi handicap: le barriere architettoniche e le barriere culturali.
Un bell’esercizio sarà immaginare il Parco del Paglia e lavorare per renderlo universalmente accessibile. E impegno a costruire una cultura capace di sviluppare la ricchezza che si può raggiungere valorizzando “corpi diversi e menti divergenti” attraverso la loro tutela collettiva e la sensibilizzazione della comunità. Impegno scanzonato e caciarone anche e liberatorio da ogni stigma e preconcetto che prende forma in un corteo a forma di festa.
Qualcuno a La Skarrozzata ha detto mettiamo davanti i più lenti. Se sono loro a fare il passo, a dettare le soste o a intraprendere le deviazioni, queste vanno bene per tutti. Mettere davanti i più lenti è “l’uovo di Colombo”, la “rivoluzione copernicana”: una soluzione semplice per ricreare equilibri e per ridefinire centri di gravitazione. Una citazione per riassumere efficacemente, dare articolazione plausibile e chiudere autorevolmente:
«La nostra civiltà ha bisogno di “disarmare” e di “digiunare” – altrimenti rompe ogni equilibrio ed impedisce ogni possibile giustizia e sviluppo durevole. Il pretenzioso motto olimpico del “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte) che contiene la quintessenza della nostra cultura della competizione, dovrà urgentemente convertirsi in un più modesto, ma più vitale “lentius, profundius, dulcius” (più lento, più profondo, più dolce)».
Era il 1995 e Alex Langer con queste parole detta un’epigrafe efficace dell’ecosofia. Non nasce con lui l’ecosofia; è contemporaneamente spirituale e laica critica della società attuale operata in nome dell’ecologia profonda sui registri del rapporto degli umani con la natura e l’ambiente, delle relazioni di dominio tra classi sociali e stati o etnie, del lavoro per una coscienza e una mente libere. All’osso indica un cambiamento di mentalità e di azione, una transizione, da un atteggiamento di sfruttamento a uno di cura e responsabilità per il pianeta e i suoi abitanti.
Mettiamo davanti i più lenti. Cominciamo...
Comitato Orvietano per la Salute Pubblica