Come salvare l'Ospedale di Orvieto

Prendo spunto dall'opinione della signora Settimia Breccia pubblicata venerdi 4 novembre su questo giornale online per aggiungere la mia, considerando che da tre mesi ho la responsabilità "pro-tempore" della Direzione Medica del Presidio Ospedaliero della nostra città. La prima posizione la prendo non rispondendo alle puntuali osservazioni di disservizio (altri ne potrebbero aggiungerne tante, almeno quante quelle che quotidianamente mi vengono esposte da cittadini, medici, infermieri, sindacati, etc), ma recependo l'invito a fare finalmente qualcosa per una struttura tanto importante quanto, forse, sottovalutata nelle potenzialità di salvaguardia della salute dei singoli cittadini e della collettività tutta; quindi indicare, evidenziare e, se necessario, denunciare le mancanze e le criticità di un sistema del quale non possiamo nascondere ritardi ed incongruenze.
Il problema principale da risolvere per garantire livelli essenziali di assistenza (LEA) è quello della carenza delle risorse umane ovvero del personale che opera nelle strutture sanitarie; per i medici non si può dire che non siano stati espletati concorsi ed altri si stanno svolgendo, ma pochi sono i dirigenti medici che vengono a lavorare da noi in quanto gli stessi possono scegliere, essendo pochi e ricercati, dove lavorare e per i giovani che vogliono fare esperienza, i grandi ospedali sono più attrattivi specie se vicino alle loro sedi di residenza; io stesso rivesto il ruolo di direttore sanitario di presidio a causa dell’assenza di partecipanti alla selezione per il posto di direttore di struttura complessa (primario) per il nostro nosocomio.
Esistono graduatorie in essere per infermieri, operatori socio-sanitari ed altre professioni ausiliarie in sanità, ma da qualche mese vige un blocco regionale per cui le assunzioni sono differite (al 2023?). In ospedale e nel territorio, senza un congruo numero di figure specifiche per i diversi ruoli, è difficile fornire buoni livelli di assistenza. Posso, comunque, testimoniare la silente abnegazione di tanti operatori che con grande responsabilità lavorano ben oltre gli orari e le proprie legittime esigenze, accumulando plus orario non recuperabile, ferie arretrate, riposi non goduti, etc.
Ma la carenza di soldi, seppur vera, non può essere accampata come scusa alle inefficienze del sistema: dovremmo garantire una rimodulazione di priorità, non solo per l'ospedale ma anche per il territorio, coprendo le carenze con mobilità all’interno della nostra struttura ma anche tra le strutture dell’azienda, almeno nei periodi più critici ma questo raramente avviene perché per ognuno è sempre più conveniente "zappare in pace il proprio orto".
Una nuova etica professionale ci dovrebbe spingere a considerare i bisogni dei colleghi in difficoltà per sovraccarico lavorativo, ma qui tralascio onde evitare di essere annoverato tra coloro che sognano. Altro problema è quello di individuare non standard assistenziali generici ed universali ma specifici per le necessità dei cittadini e per la nostra zona bisogna considerare che siamo i più anziani, i meno numerosi (i voti non si pesano ma si contano), i più lontani dalle grandi città e quelli che "servono" un territorio che arriva fino alla Tuscia e la bassa Toscana; i nostri reparti, il nostro Pronto Soccorso, la mia Maternità, le nostre statistiche ci dicono molto su quanto ho appena affermato. È motivo di orgoglio poter offrire professionalità ai cittadini lontani, ma di certo più gravoso.
Esiste il problema del rinnovamento delle attrezzature che nel tempo sono diventate obsolete o inefficienti; posso assicurare sia la fatica burocratica per richiedere l’ammodernamento che l’impegno e la perseveranza che sfiora lo "stolkeraggio" per ottenere almeno la sostituzione di tutto quello che va fuori uso per fisiologico invecchiamento. L’esame che la signora Settimia non è riuscita a fare (OCT) è dovuto proprio al ritardo di ammodernamento della specifica dotazione oculistica che da tempo abbiamo richiesto.
Sarà compito della "polis" (il complesso delle attività che si riferiscono alla 'vita pubblica' e agli 'affari pubblici' di una determinata comunità di uomini) stabilire cosa dovrà essere sviluppato per il futuro con adeguati investimenti per il nostro nosocomio in base alle specifiche della popolazione e dei territori. Il nostro Ospedale ha compiuto 22 anni, ero già in servizio quando salimmo sulla collina di Ciconia. L’allora direttore generale mi prefigurò per il futuro difficoltà ed ostacoli che la giovane età, l’entusiasmo, l’inesperienza mi fecero ricacciare nelle zone d’ombra della memoria.
Abbiamo tutti il dovere di far funzionare un bene comune come l'ospedale, abbiamo tutti il diritto di vedere i frutti del nostro dovere.
dottor Patrizio Angelozzi,
direttore f.f. Direzione Medica P.O. Orvieto
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