sociale

Terzo murale nel Carcere di Via Roma. Salvatore Ravo accende l'Autunno

sabato 14 gennaio 2017
di Davide Pompei
Terzo murale nel Carcere di Via Roma. Salvatore Ravo accende l'Autunno

Fuori, l'Inverno più gelido che spezza i rami e non dà tregua ai pensieri. Dentro, l'Autunno più mite e accogliente. Senza quell'aurea di struggente malinconia che una certa arrendevole retorica gli ha conferito. Ma con la luce morbida di un paesaggio quieto. Monti, a suggerire la linea dell'orizzonte. Mulinelli di foglie libere di volteggiare, leggere come poesie. E, ancora una volta, la rassicurante presenza di acqua. In un eterno fluire, in un ciclico tornare. Scorre anche il tempo, secondo la cronologia sovvertita delle moderne stagioni. L'Inverno, murale, arriverà solo nella Primavera del calendario. In via di completamento, intanto, anche il terzo tassello di un percorso in quattro tappe, avviato ormai a febbraio 2015 dal pittore Salvatore Ravo insieme ai detenuti della Casa di Reclusione di Orvieto, trasformata con decreto in Istituto a Custodia Attenuata.

Nuovo gruppo rispetto a quello che ha fermato su parete la luce dell'Estate e il profumo della Primavera. Quindici, in tutto, gli allievi che arrivano – non senza timore – a tracciare un segno di fronte alla nuda vastità di 300 metri quadri. Tanti, ne conta l'ambiente a volta situato nel Reparto dove hanno luogo anche le loro celle. Età media, 40 anni. Provenienza, non solo italiana. Durata complessiva di lavorazione, circa venti giorni. Il nuovo murale che porta il colore dietro le sbarre di Via Roma e l'Autunno addosso e tutto intorno a chi osserva arriva, però, come momento finale di un percorso non finito di rieducazione che muove dai rudimenti teorici dell'arte visiva e passa per qualcosa di non visibile come l'interiorità. Un percorso formativo di educazione al colore e all'ascolto.

"Non solo un laboratorio di pittura – suggerisce il maestro – finalizzato alla realizzazione di una grande opera pittorica, ma un'immersione totale nell'arte. Quella vera. Che è, prima di tutto, sentire, vedere. Essere, vivere. Il colore incide sulle persone così come la musica apre certi canali sensoriali". È per questo che, anche stavolta, ad incoraggiare in alcuni momenti le pennellate sono state le note del sax di Francesco Pecorari coinvolto nel progetto promosso dall'associazione culturale Aìtia – nata nel 1999 ed impegnata su più fronti, non ultimo quello del volontariato sociale – accolto con sensibilità e spirito di collaborazione dall'Amministrazione Penitenziaria.

"Dirigenza, Direzione e Personale a cui va il mio personale ringraziamento. L'obiettivo è portare il sole dentro. Dentro il carcere. E dentro, dentro. Aprire una finestra di speranza sul mondo, anche in un luogo così, anche verso un mondo così. Nella convinzione che è possibile intraprendere nuovi percorsi. E che con l'arte si può catturare un attimo, cristallizzarlo. Fermare quello stato di elevazione sensoriale, di profonda e totale immersione-evasione benefica, che produce l'atto stesso di fare, prima ancora che fruire, l'arte". Solo se suoni e voci diverse si armonizzano e si lasciano guidare dal direttore d'orchestra, la polifonia si fa concerto. E le quattro stagioni, musica. Come in Vivaldi.