sociale

Il colore, fuori e dentro. In carcere l'arte si fa pittura murale con Salvatore Ravo

sabato 19 marzo 2016
di Davide Pompei
Il colore, fuori e dentro. In carcere l'arte si fa pittura murale con Salvatore Ravo

Il suo colore preferito è il giallo. Quello del sole, che ogni mattina cerca. Nel cielo e nelle persone, che guarda senza pregiudizi, né gerarchie sociali. "La luce – dice – è vita. E noi siamo fatti di acqua, da non far ristagnare ma lasciare fluire, mettere in circolo". Lui l'ha fatto insieme ai detenuti della Casa di Reclusione di Orvieto trasformata con decreto in Istituto a Custodia Attenuata. Una decina, rispetto al centinaio che lì segue percorsi di rieducazione. Insieme a loro, l'estate scorsa, Salvatore Ravo ha ricoperto di azzurro le pareti interne del muro di cinta della struttura di Via Roma. Duecento metri, dove ora nuotano delfini inseguendo il faro della libertà.

Artista senza confini – ha vissuto in Spagna, Inghilterra, Scozia, India, Francia, Cuba, esponendo quadri in musei e collezioni private, tenendo seminari sul colore, laboratori con adulti e bambini (uno, attualmente in corso nelle scuole di Orvieto), performance work in progress con musicisti, collaborazioni con numerosi festival e poi le copertine per i dischi di Paolo Fresu – ha dato ossigeno a chi trascorre tempi dilatati in uno spazio costipato. Fogli bianchi, matite e ali a chi ha silenzi da far parlare, debolezza e rabbia verso una vita da trasformare in energia per il cambiamento.

Ognuno è lì per un motivo. Conoscerlo, a lui non interessa se pregiudica il lavoro che andrà a fare con loro. Hanno età, etnia e storie differenti. Ma tutti condividono una condizione presente e un percorso formativo di educazione al colore e all'ascolto. Di sé stessi, prima di tutto. Il colore, fuori e dentro. E poi la musica, quella del sassofonista Francesco Pecorari coinvolto nel progetto promosso dall'associazione culturale Aìtia – nata nel 1999 ed impegnata su più fronti, non ultimo quello del volontariato sociale – accolto con sensibilità e collaborazione dall'amministrazione penitenziaria. Dirigenza, direzione e personale.

"I primi ad essere scettici o un po' diffidenti – confida il maestro – erano proprio i detenuti. Poi, man mano, ho sentito crescere il loro entusiasmo. Ad aprile presenteremo il numero 7 della rivista letteraria MastroPulce, altro progetto dall'associazione, che contiene un racconto e un'illustrazione realizzati da due di loro". È con questo spirito che nell'ambito del Laboratorio di Pittura ha preso forma la grande opera pittorica andata ad ingentilire il cosiddetto "Spazio Verde", destinato a diventare un luogo accogliente per l'incontro di detenuti e familiari. Nell'idea che il reinserimento sociale di un individuo non possa prescindere dall'apporto/supporto della famiglia.

In prospettiva, c'è la realizzazione delle quattro stagioni con una cronologia sovvertita. Si è partiti, infatti, dall'Estate e, in circa due mesi, su una superficie di almeno altri 250 metri in più è fiorita la Primavera. Un paesaggio, pitturato in un corridoio interno, dove continua a dominare l'acqua perché "aiuta il fluire di sé, quella leggerezza che consente una visione diversa del mondo". "Il colore come la musica – spiega Ravo – si serve di una scorciatoia per suscitare emozioni, interagisce con l'ambiente e contribuisce a un miglioramento psicofisico. Fonte d'ispirazione, gli elementi della natura. Tempo, spazio e coscienza per arrivare al sé. Quello che veste di luce la parete nuda è il risultato di un percorso introspettivo che porta fuori quello che è dentro. E da dentro offre gli strumenti per vivere il fuori.

È nell'assunzione della consapevolezza che, pur nella detenzione, si agevola una condizione di benessere e si promuovono i rapporti affettivi. Tracciare un segno porta a sentire oltre ogni limite. E anche il carcere, allora, può farsi luogo di ricerca, di scoperta di un mondo dentro e di spazi infiniti da ri-costruire attraverso immagini e pensieri. La libertà dell'immaginazione è sognare qualcosa che nessuno può portare via. Per pochi secondi, le sbarre non ci sono e nemmeno i vecchi modelli, quelli che appartengono ai pregiudizi. Ho sempre creduto che in ogni essere umano esiste un tesoro e questo percorso di crescita l'ho fatto anche io, insieme a loro".