sociale
Scuola con lutto al braccio: l'anti-riforma che ci riguarda da vicino
sabato 13 settembre 2008
di laura
Didattica a zero, migliaia di posti di lavoro a rischio. Così si aprirà lunedì 15 settembre 2008 la scuola in Umbria e, sotto l'incubo della riforma Gelmini, non sarà certo una giornata di festa. E forse – almeno c'è da sperarlo – docenti e personale Ata, che non sono mai stati categorie di punta nella protesta sociale e sindacale, si decideranno a dar vita a un autunno caldo.
“Un brutale ridimensionamento, migliaia e migliaia di posti di lavoro persi nella nostra regione, un servizio fondamentale che va verso il disastro: la scuola pubblica umbra che conoscevamo, già non esiste più”. Questa, in una conferenza stampa dei giorni scorsi, la descrizione della Flc-Cgil e della Cgil dell'Umbria. Le cifre presentate sono da brivido: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, a una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi). Per l'Umbria questo vorrà dire approssimativamente 2mila docenti e 400 Ata in meno. “E' come se chiudessero all'improvviso la Perugina e la Merloni - hanno esemplificato i sindacalisti - solo che la cosa non fa notizia”. Ma per me la fa, credetemi, perché per 29 anni sono stata, con grande passione, una donna di scuola, e vedere azzerate in pochi giorni le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission educativa e di didattica, mi fa un luttuoso effetto.
Sì, il primo giorno di scuola con il lutto al braccio, così come propone provocatoriamente la CGIL, e non perché si debba essere sindacalisti sfegatati, ma solo e semplicemente perché cittadini/e di buonsenso che non vogliono tornare venti e più anni indietro.
Ai tagli sopra riportati vanno sommati, sempre secondo i dati della CGIL, quelli che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari. Per l'Umbria si tratta di circa 200 insegnanti in meno per ogni anno scolastico, che moltiplicati per i 5 anni di corso sono altri 1.000 posti che si dissolvono nel nulla. Una “carneficina” che, come sottolinea la segretaria regionale Patrizia Venturini, “non ha alcuna giustificazione di carattere didattico o pedagogico. L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia fa l'esatto contrario – afferma - il maestro unico è un passo indietro di 20 anni, coperto con slogan da libro Cuore che tentano di mascherare il vero scopo del provvedimento: incassare nel giro di pochi anni 8 miliardi di euro”. Soldi che costeranno non solo centinaia di migliaia di posti di lavoro (20 volte quelli persi in Alitalia), ma che saranno pagati con un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico.
La diretta conseguenza sarà anche la chiusura di decine e decine di plessi scolastici. Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri, non ci saranno più. E a scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana, valutata dagli organismi internazionali come una delle migliori al mondo: il tempo pieno. Perché, segnala ancora il sindacato, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma, o che addirittura aumenterà, mente sapendo di mentire. Se prima avevamo 3 o 4 docenti ogni due classi, infatti, ora ne avremo uno per classe che esaurirà il suo orario settimanale di mattina. E quello che si potrà avere il pomeriggio non sarà altro che un dopo-scuola, una sorta di parcheggio per i bambini, che nulla ha a che vedere con l'offerta didattica costituita dal tempo pieno.
Il sindacato, in questa situazione che rasenta il disastro, annuncia da subito una mobilitazione serrata. Si partirà con i volantinaggi e l'informazione già da lunedì 15 settembre, quando gli alunni umbri torneranno sui banchi, e si proseguirà la settimana successiva con le assemblee del personale su tutto il territorio regionale per preparare le inevitabili iniziative di lotta che dovrebbero scattare nei prossimi mesi. E intanto la Cgil appoggia la proposta venuta dai precari di presentarsi il primo giorno di scuola, docenti e alunni, con il lutto al braccio, per rappresentare con la giusta visibilità gli effetti della riforma Gelmini: la morte della scuola pubblica.
Nella preoccupazione di associazioni e singoli, a porre in particolare l'accento sull'aspetto didattico dell'anti-riforma è il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), lo storico raggruppamento progettuale e di ricerca nato in Italia nel 1951, sulla scia del pensiero pedagogico e sociale di Élise e Célestin Freinet che, intorno all'idea di una scuola attenta alla relazione, alla crescita e all'integrazione sociale, ha visto in Italia, nel momento in cui si doveva ripensare una moderna e avanzata formula d'istruzione, l'impegno pratico e teorico di attenti e validi maestri: quali Giuseppe Tamagnini, Aldo Pettini, Ernesto Codignola, Raffaele Laporta e, più tardi, Bruno Ciari e Mario Lodi. Tutti uniti intorno all'idea di un'alfabetizzazione culturale e sociale basata sulla cooperazione. E ora si torna alle porte chiuse e al maestro unico.
Nato proprio dall'alveo della scuola elementare e in essa particolarmente anche se non unicamente attivo, l'MCE ha diffuso nei giorni scorsi un articolato documento (che pubblichiamo in correlata) per dire no alla scuola del secolo scorso che, impropriamente e sprovvedutamente, vuole riportare indietro il sistema educativo italiano. Valutazione in decimi, maestro unico, riduzione del tempo scuola, impostazione anti-laboratoriale, mancata estensione dell'obbligo scolastico sono al centro di un'amara e lucida riflessione.
Caro, vecchio MCE... mi sono ricordata (e chi mai potrebbe dimenticarli) i miei primi anni d'insegnamento in Toscana, quando al tuo interno – io e pochi altri delle medie, la maggioranza delle elementari – si discuteva fino a notte fonda delle riforme da conquistare e poi, a prezzo di tanto impegno, effettivamente conquistate, con gli occhi fissi per un verso a Mario Lodi e per l'altro a Don Milani: le classi miste, l'abolizione delle differenziali, i decreti delegati, il tempo pieno, i laboratori, il superamento del voto, l'aggiornamento permanente, il diritto allo studio, il contrasto alla dispersione scolastica... Chissà, piano piano ritorneremo all'anno zero?
Adesso sto in un altro, diverso mondo. Ma oggi come ieri la questione mi/ci riguarda: perché quando si colpisce la scuola si colpisce la società intera, si mortifica il suo futuro e la sua possibilità di sviluppo e di crescita. "I care": non in memoria di Veltroni a Torino, mio caro MCE, ma di Don Lorenzo Milani a Barbiana.
Nella foto, Don Lorenzo Milani con alcuni alunni della sua scuola di Barbiana
La scuola del secolo scorso. E’ tramontata o no?

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