opinioni

Come il grande Kant fece crescere la barba alle sapute, riservando al maschile l'intelligenza

domenica 22 aprile 2007
di laura
Questa mattina, quando ho scritto l'articolo cui questa correlata si riferisce, non avevo a portata di mano i riferimenti precisi. Nel frattempo, attraverso la mia casalinga biblioteca, mi sono documentata. Sentite cosa ne pensava il pur grande, e soprattutto etico Immanuel Kant (1724-1804) - chi non ricorda il suo celebre "il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me"? - sull'intelligenza femminile, argomento che affrontò nelle sue Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime (1764). Secondo Kant il cervello di una donna "normale" è programmato per "un sentire delicato". Deve dunque mettere da parte e lasciare agli uomini "le speculazioni astratte o le nozioni utili, ma aride". E questo perché "un faticoso apprendere e un faticoso lambiccar di cervello, per quanto una donna possa ben riuscirvi, consumano i pregi che sono propri del suo sesso, e se anche la rendono oggetto, per la loro singolarità, di una fredda ammirazione, ne indeboliscono le attrattive per le quali esercita un grande potere sull'altro sesso". Per Kant il femminile è il Bello, il maschile è il Sublime. E il Sublime è la capacità di pensare e di elevarsi al di sopra degli animali e dei minerali. L'eccezione, ossia la donna che osa accedere al Sublime pensando, è subito punita: il grande Immanuel, infatti, le fa subito perdere la bellezza. Non solo, a suo giudizio, il sapere non giova al fascino femminile, ma la sua esibizione uccide la femminilità. Ed afferma: "Una donna con la testa piena zeppa di greco, come madame Dacier, o che sostiene profonde dispute sulla meccanica, come la marchesa di Châtelet, può solo avere in più la barba". Così Kant raccomandava alle donne di non essere o - ancor peggio - di non fare le intelligenti anche se lo fossero state, per poter piacere agli uomini. Per la cronaca, madame Dacier(1654-1720), la donna che aveva in più non l'intelligenza, ma "la barba", tradusse in francese l'Iliade, l'Odissea e altri classici greci e latini; l'altra "barbuta", la marchesa di Châtelet, compagna di Voltaire che, evidentemente, nonostante Kant le perdonò intelligenza e sapere (e comunque, «Un grand homme qui n’avait de défaut que d’être une Femme», scriveva di lei) - vinse nel 1738 il premio dell'Accademia di Scienze per un saggio sulla natura della propagazione del fuoco. Mi chiedo: chissà se anche allora qualche uomo o qualche donna invidiosa avrà detto che lo vinse perché era la compagna di Voltaire? Nell'immagine: M.me de Châtelet, che mi sembra tutt'altro che barbuta o brutta, in un ritratto di Maurice Quentin de La Tour...

Questa notizia è correlata a:

La mia solidarietà politica a Liliana Grasso e ad Emily: quell'assurdo, tuttavia estirpabile maschilismo...