cultura

Giuseppina Anselmi Faina. Mostra, libro e una storia riscoperta che arriva dall'Ottocento

mercoledì 10 febbraio 2016
di Davide Pompei
Giuseppina Anselmi Faina. Mostra, libro e una storia riscoperta che arriva dall'Ottocento

Ricostruisce una storia nella Storia e restituisce dignità alla sua protagonista. Cucendo frammenti e colmando lacune. Sospiri, pennelli e vicissitudini verso l'emancipazione sembrano uscire da un romanzo d'appendice - il periodo, sostanzialmente, coincide con quello di Alessandro Manzoni - ma appartengono tutti a Giuseppina Anselmi Faina. Cognome doppio, per la pittrice vissuta tra il 1818 e il 1872 tra Nord e Centro Italia. E duplice anche la cornice del risarcimento morale e affettivo che l'Orvietano finalmente le tributa.

Ha dedicato gli ultimi sei anni all'approfondimento di quella storia, Luca Montecchi, autore del volume "Giuseppina Anselmi Faina. Una pittrice dell'Ottocento tra Piemonte e Umbria" presentato, come annunciato, venerdì 5 febbraio nel Palazzo Comunale di San Venanzo e sabato 6 febbraio al Museo "Claudio Faina" di Orvieto, dove fino a domenica 5 giugno sarà visitabile anche l'omonima mostra di pitture allestita al Piano Nobile del palazzo di Piazza Duomo che porta il nome del marito.

"Un lavoro di ricostruzione storica certosina – ha sottolineato il presidente della Fondazione Claudio Faina, Antonio Concina, in occasione della presentazione – condotto da un giovane determinato e innamorato della figura di questa donna, molto avanti per il suo tempo, che al territorio ha dato molto. Luca Montecchi ha scovato particolari, inserendoli in quello che assomiglia quasi a un catalogo di 43 opere, offrendo a Orvieto e San Venanzo l'occasione di collaborare".

"L'intento dell'allestimento – ha spiegato Giuseppe Maria Della Fina, direttore scientifico del Museo Claudio Faina – è quello di fare dell'intensa vita di questa donna un'esposizione. Una biografia visiva, insomma, dove a parlare sono le opere che cercano di seguire le tappe della sua vita tra Torino, Firenze, Roma, Orvieto, i suoi documenti e persino una ciocca di capelli legati con un filo insieme a quelli della madre e inviati al figlio Eugenio, fuggito di casa per andare con Garibaldi a combattere nella Terza Guerra d'Indipendenza".

Ha parlato con orgoglio del concittadino, il sindaco di San Venanzo Marsilio Marinelli. "Fin da liceale – ha ricordato – Luca aveva una passione irrecuperabile per la ricerca storica e artistica. Ci ha coinvolti in questo studio e non potevamo che accettare con entusiasmo. San Venanzo è la famiglia Faina, la sede del Palazzo Comunale è proprio a Villa Faina. Ed è qui che, ultimato l'allestimento, nei mesi estivi ci piacerebbe ospitare la mostra".

I saluti dell'amministrazione comunale di Orvieto sono arrivati dal presidente del consiglio comunale Angelo Pettinacci. "Questo territorio diviso, forse, dalle curve – ha detto – ha bisogno di fare sistema, anche intorno alla riscoperta di una donna così importante non solo per il secolo in cui ha vissuto. Se la mostra è stata allestita in questo luogo così prestigioso, di fronte al Duomo, una copia del libro andrà sicuramente nella Sala delle Quattro Virtù del Comune".

Presenti, tra gli altri, il parroco di San Venanzo don Ruggero Iorio, la direttrice dell'Archivio di Stato di Orvieto Marilena Rossi e il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto Vincenzo Fumi. "Mi è piaciuto e mi ha anche un po' meravigliato – ha ammesso Claudia Spatola, discendente diretta – che a parlare di una donna, siano tutti uomini. Giuseppina era la mia trisavola, madre del mio bisnonno. Vengo da una casa Faina e in questi giorni ho fatto una sorta di pellegrinaggio tra le proprietà. Ringrazio Luca che, con tenacia e determinazione, mi ha aiutata a ricercare e scoprire, consentendomi di conoscere meglio questa antenata".

"Se oggi Giuseppina Anselmi Faina – ha quindi,concluso Luca Montecchi, autore delle 288 pagine, realizzate con il contributo di Regione, Comune di San Venanzo, Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e Fondazione per il Museo Claudio Faina – ci potesse vedere, credo sarebbe orgogliosa. Di questa donna pittrice dall'indubbio fascino si sapeva del matrimonio non troppo felice con il Conte Faina, della malattia e della morte a Firenze. Nel mezzo, le guerre risorgimentali, il desiderio di libertà e i riconoscimenti postumi. È stata una ricerca complessa che mi ha portato anche a Torino, in Valle d'Aosta e poi Vienna, Tolosa, a contatto con discendenti diretti, famiglie collaterali, collezioni pubbliche, accademie, soprintendenze.

Non sono uno storico dell'arte. La mia formazione è essenzialmente storica, mossa dal gusto per la scoperta di vite del passato. Ho trascorso numerose ore nell'Archivio di Villa Spante. Di fronte al ritrovamento di alcune memorie – bozzetti e un abbozzo di biografia scritta dal figlio Eugenio – rimaste nel fondo di un cassetto della tenuta, non mi sono sottratto al dovere morale di approfondire. La ricerca è per definizione aperta, altre notizie potrebbero aggiungersi alla biografia, e altri quadri al catalogo. L'intento resta quello di risarcire la memoria di una donna, pittrice ingiustamente dimenticata".