cultura

Alessandro D'Avenia conquista Orvieto: "Qui capisci la grandezza del nostro Paese"

sabato 6 dicembre 2014
di Davide Pompei
Alessandro D'Avenia conquista Orvieto: "Qui capisci la grandezza del nostro Paese"

Uno scatto al Duomo, appena arrivato, per fermare la vertigine che prova chi di mattina lo osserva. Una passeggiata lenta, tra le botteghe che espongono i suoi libri, per constatare come la vita di provincia esalti la capacità del fare. Dagli artigiani del legno ha in dono Pinocchio. Al Caffè Montanucci, la colazione diventa guida alla lavorazione del cioccolato. Tappa obbligata, la Libreria dei Sette, prossima al traguardo delle venti primavere, che dopo Luis Sepúlveda e Carlo Petrini lo ha voluto a Orvieto per la 19esima edizione della rassegna "Il Libro Parlante".

A dispetto del nome, nella Sala dei 400 del Palazzo del Capitano del Popolo si assiepa ovunque gente arrivata da Perugia, Ancona, Viterbo, Roma e gente di casa come Susanna Tamaro, che guadagna il posto in prima fila. Professori, genitori ma sopratutto studenti, di medie e superiori, 460 quelli prenotati. Angelo in trono tra i cherubini lignei di Michelangeli, è a loro che Alessandro D'Avenia si rivolge, parlando per oltre due ore. "L'inizio è difficile – ammette – come entrare in classe la mattina. Ma essere in una sala così piena di ragazzi per un libro fa di noi la notizia di questo Paese".

La teatralità di un autore al suo terzo libro degrada in naturalezza quando l'emozione lo sopraffà. E la presentazione di "Ciò che inferno non è", edito da Mondadori, che giovedì 4 dicembre lo vede lontano dal mare della sua Palermo per l'unica tappa in Umbria si rivela presto inno alla gioia, lezione di vita masticata e messa in condivisione con malizia consapevole, ma senza presunzione. "Non parlo del libro" mette in chiaro, convinto che i libri siano scritti per essere letti. Terzo di sei figli, passati per il suo stesso liceo, se ha scelto di sedere dall'altra parte della cattedra, lo deve all'incontro con quel professore che, con un libro di poesie di Hölderlin, lo ha avvicinato al bello. E lui, lo restituisce a Orvieto che, incantata e corale, lo accoglie.

"Siete in un'età – affonda poi – in cui la carne viene segnata con una chiarezza straordinaria. Vivete un tempo in cui poter capire cosa siete. Da cocchi di casa che raccontano tutto spontaneamente ai vostri 'niente' che fanno impazzire chi vi è accanto. In voi, si sono svegliati i sensi. Con l'amore, la pioggia ha smesso di bagnare per diventare elemento della scenografia e far cogliere l'unicità di un momento che completa il mondo. Pubblicare un libro, in confronto, è una passeggiata. Ma ogni mattina, io sono editore di una classe di venti inediti. Ho la fortuna di pubblicare la vita di quelle persone. Me lo ha fatto capire il mio insegnante.

Quella categoria che gode nel far oscillare l'indice di Michelangelo anziché nella Cappella Sistina, sul registro solo per vedere schiene che si contraggono e colli che si incassano, a difendersi dalla cattedra, mentre lo zaino si riempie di oggetti da cercare che non ci sono mai stati. Il momento dell'appello a scuola è metafora del grande laboratorio della vita. Ci stai a questa giornata piena di sfide, a partire dal riconoscere in te quella persona allo specchio? Ci stai a renderti amato e non amabile, con le foto con cui hai deciso di raccontarti su Facebook?

Gli insegnanti bravi, però, hanno anche la lungimiranza veggente di saper vedere oltre. Hanno la capacità di essere madre scusante che assolve le dita nel naso del figlio come quelle di un nascente ricercatore. E lo sguardo fermo di un padre che sfida per vedere fino a che punto. Il mio prof ha visto in anticipo quello che io non vedevo nello specchio. Hai una passione, diceva, che negli altri non c'è. Mi affascinavano le note scritte da lui, a margine delle poesie. Queste crescono nei libri. Le antologie, invece, sono causa della distruzione della bellezza. Studiamo la letteratura a brandelli, estrapolando brani come pezzi di carne in macelleria. Per questo misuro la grandezza degli autori nella capacità di distruzione di noi insegnanti nel proporli. Basterebbero 12 ore per leggere tutta l'Odissea. Non sarà che la bellezza funziona, se fatta sentire in tutta la sua pienezza, con fiducia?".

Anche questo l'ha capito sui banchi, quando a Palermo il sole d'aprile ruggisce e sotto i jeans c'è già il costume per andare al mare. E invece c'è una musicassetta dell'inquieto Beethoven da sentire in classe. "Reclamava attenzione – racconta – e di fronte a lui pensavo che la mia vita non potesse essere fatta di cose piccole. Siamo fatti per stare a testa alta, a guardare l'orizzonte, la grandezza della vita, gli altri e non la notifica di Whatsapp. A 16 anni, la carne diventa permeabile, si lascia ferire e si fa male. Le voci mi scoraggiavano dal fare l'insegnante. Poi ho capito che sono fatto per questo. Lo sono diventato grazie a un insegnate che quando ho presentato il libro a Palermo, mi ha commosso dicendo 'Vorrei essere allievo del mio allievo'. Ecco, ciò che inferno non è nei piccoli gesti. Il senso della vita, in un libro prestato. Se non guardate la realtà, rimarrete irresponsabili. State in un posto talmente bello, respiratela!".

"Se un insegnante di lettere mi ha passato il testimone – prosegue – la testimonianza di 3P, Padre Pino Puglisi mi ha insegnato il come. Quando, al quarto anno di scuola, muore perché gli hanno sparato, quella carne viva sanguina. Noi liceali del classico non conoscevamo il vero volto della città. Questo libro non volevo scriverlo, era già nella mia carne. Ma in un paese in cui la disperazione è un alibi, intendevo spazzarla via. Calvino nell'ultima pagina de 'Le Città Invisibili' invita a saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Questo faceva Puglisi. Nel quartiere di Brancaccio lottava per che ci fosse una scuola media, non una chiesa. Per sottrarre forze lavoro alla mafia. Introdurre discontinuità, con il sacrificio dell'apprendimento.

Scorgeva nei bambini la possibilità di riscatto a quei ragazzi che dal motorino urlavano 'Abbiamo vinto!' alla morte di Falcone. L'inferno è ciò che ostacola il compimento della bellezza. Nessuno ha deciso il ritorno dell'alba, ma c'è e sta a noi scegliere di accelerare o rallentare, accogliere come sacro l'esistente, leggerlo con la stessa fame di un adolescente che cerca la pienezza. Lui è morto, perché era solo. Non sto prospettando un mondo migliore ma confido in più persone che scelgano di stare dal lato della luce. Palermo è come un quadro di Caravaggio. Gente con piedi sporchi e un fascio di luce che attraversa il loro quotidiano. Diffido da chi esercita l'autorevolezza con arroganza.

Don Puglisi, sorrideva al suo assassino. Al tempo stesso, sono le ombre a raccontare l'unicità. Avete mai visto un quadro di sole luci? Sta a voi capire se vale la pena essere così fragili o tutti senza difetti. Senza psicodrammi, mi interessa introdurre il tema del dolore. La lotta che faccio con le parole è portare speranza dentro il nero della vita. Siete una generazione che non sa più che fare dei fallimenti, per questo lo racconto".

Sollecitato, l'autore di "Bianca come il latte, rossa come il sangue" da cui è stato tratto il film con Filippo Scicchitano e "Cose che nessuno sa" compila poi la sua tavola periodica. Le 5 parole che sceglie per racchiudere l'essenza, al momento, sono sangue, luce, notte, pane e grazia. Non spiega perché, ma rispetta chi ha la forza del sorriso. "Sembra una cosa dolciastra - dice - ma è il più grande atto d'eroismo quotidiano, fa parte della misura etica. Per essere felici serve coraggio. Ha coraggio chi ha cuore, un organo cavo che per esistere deve dare e ricevere. Metafora dell'amore. E della vita. La mia ha avuto come riferimenti i genitori, un insegnante di lettere e uno di religione. Trovate i vostri, in grado di sfidare i punti di forza. Lasciatevi complicare la vita dalle persone che meritano di farlo. Non annoiatevi di fronte a YouTube. Meno telematici, più Telemaco. La vita è un capolavoro di luce e di ombre".

Dietro alla parabola del giovane prof dal viso pulito che avrebbe potuto fare di lui un "buon prodotto di marketing", ottimo per un target editoriale vulnerabile e bulimico come quello dei giovanissimi (non)lettori ma fine a se stesso, si nascondono sensibilità e impegno civico rari. Si congeda leggendo pagina 287, scorsa con il dito da chi, libro in mano, non rinuncia alla fila per il rito del firma-copie. Il tempo di un boccone vista Duomo al Giglio d'Oro e l'auto lo riporta nella Capitale. "In posti come Orvieto – twitterà poi il Prof2punto0, come il blog che fa di lui un insegnante non convenzionale – capisci la grandezza del nostro Paese. Grazie a tutti soprattutto a chi era per terra o in piedi". E un altro angolo di Paradiso, si schiude.