cultura

"Le Meraviglie" di Alice Rohrwacher in concorso ad "Est Film Festival"

mercoledì 23 luglio 2014
di Davide Pompei
"Le Meraviglie" di Alice Rohrwacher in concorso ad "Est Film Festival"

Le arnie delle api, la polvere da bere. La gerarchia delle età, il bisogno di accettazione. Gli eredi moderni degli etruschi, nella banalità della scatola televisiva. Un vecchio casale, la natura matrigna di un territorio in profonda mutazione turistica. Un lago, un'isola, una necropoli, una grotta. Mappe emotive tracciate su carta trasparente per imbastire lo spazio entro cui far sciamare i membri di una famiglia atipica. È in mezzo al ronzio di gelosie e ritrosie lunghe un'estate che si ridefiniscono vicinanze e separazioni. È qui che, senza smielature di maniera, accadono "Le Meraviglie". Non cede alle lusinghe di storie facili e di immediata comprensione, Alice Rohrwacher.

"Non faccio analisi, ma sintesi. Il puro si racconta con l'ibrido". Motiva così l'acume di un simile occhio prensile in grado di catturare la poesia di ombre sul soffitto, l'efficacia nella grevità del quotidiano, l'essenza in un airone rimasto solo e in un cammello comparso sull'aia che "ha le proporzioni dell'amore goffo e buffo, grande come una bestia che non si sposta". E costringe lo spettatore a scavare, capire, interpretare anche l'improbabile e l'imbarazzante. "C'è un po' di lavoro da fare da parte del pubblico – ammette – ma non posso fare tutto io".

I 12 minuti d'applausi e il Grand Prix du Jury ricevuto da Sophia Loren alla 67esima edizione del "Festival de Cannes" andato per la prima volta a una giovane regista italiana sono ormai storia nota, proseguita con la consegna del Nastro d'Argento Speciale 2014. Tornata nel lembo d'origine tra Umbria, Lazio e Toscana, a Viterbo in occasione del "Tuscia Film Fest", Alice Rohrwacher ritira il premio "Tuscia Terra di Cinema" dedicato a Luigi Manganiello. La Rocca dei Papi di Montefiascone non è sufficiente a contenere tutti quelli che domenica 20 luglio, nella giornata d'apertura dell'ottava edizione di "Est Film Festival", sono lì per assistere alla proiezione della pellicola, tra i sette lungometraggi attualmente in corsa per l'Arco d'Oro, l'Arco d'Argento o il Premio JazzUp.

"Rispetto all'esordio del 2011 con “Corpo Celeste – chiarisce, lei – non ho avvertito particolari differenze. Ogni volta il lavoro è creare un mondo, costruire ciò che poi si impara a conoscere. In entrambi i casi, c'è stata consapevolezza e al tempo stesso incoscienza. Sono legata a entrambi i film. Qui, forse, sono stata più serena. Dal punto di vista intimo, ho giudicato di meno. “Le Meraviglie” funziona meno in una società dove vale il funzionamento.

Nella scelta del cast, credevamo di dover forzare la realtà. Abbiamo incontrato quasi 1700 bambine, dai 6 ai 14 anni. Erano tutte brave, ma nessuna aveva quella qualità specifica che cercavamo. Nessuna era Gelsomina, fino a quando proprio a Montefiascone, abbiamo incontrato M.Alexandra Lungu (presente, in prima fila). È stato un riconoscimento immediato. Dirigere una star come Monica Bellucci o un bambino esordiente espone a difficoltà differenti. Alcune si devono spogliare, altre vestire per arrivare allo stesso livello di copertura o nudità.

Stesso sforzo è stato fatto sul territorio, facilmente riconoscibile intorno al lago di Bolsena per chi lo vive ma ricostruito. Abbiamo lavorato per creare attraverso le mappe un mondo realistico ma incoerente perché inventato. Bagni San Filippo non è vicino a San Lorenzo Nuovo. Quello del film è un territorio astratto anche se si parla Viterbese, con tutte le varianti del caso. E un tempo indefinito. Non abbiamo lavorato su un'epoca, ma stratificato i livelli mescolando elementi degli anni '90 con altri di almeno vent'anni prima e ancora riferimenti molto attuali, appartenenti alla realtà di oggi. Fugando i tentativi del pubblico di definire un periodo preciso.

La televisione? Era fin troppo semplice parlarne male, rappresentarla come un contenitore cattivo. È un capitolo che ha fermato la nostra testa, cambiato la nostra cultura. Nel film è la tv ispirata ai Visitors delle fiabe fantastiche che immagina un bambino. C'è l'idea che sia cattiva non per la sua storia, ma perché è chiusa dentro una scatola che deve dare un nome alle cose. I poveretti che stanno in tv fanno tenerezza. La corte nera che circonda Milly Catena, la fata bianca, è cattiva perché ha scelto di restare chiusa dentro una grotta anziché godere dell'aria aperta.

Riguardo a Martin, poi, è l'elemento che arriva a turbare l'equilibrio della famiglia ma in modo graduale senza fare nulla di tutto quello che ci si aspetta dalla realtà e dalla sua condizione di soggetto allontanato dal proprio contesto, che la retorica dei film vorrebbe violento e invece ha dalla sua, la capacità di suscitare gelosia nel toccare le cose. E le api.

Secoli di simbolismo e letteratura hanno consegnato un'immagine falsata dell'apicoltura. La conosco bene. Ed è una forma di allevamento assurda e completamente folle, perché si allevano animali liberi. Impari a conoscere le api, ma loro non vogliono conoscere te, non si interessano all'uomo. Lavori sui suggerimenti, ma non puoi dire loro cosa fare. Non puoi dire: “Fate il miele!” o “Duplicatevi!”. Nel mio lavoro, cerco di relazionarmi alle storie in modo simile dando dei suggerimenti, ma preservando la loro autonomia, corteggiando situazioni senza dominarle. Sul set abbiamo girato tutte le scene con le api nella sola giornata di Ferragosto, sotto forma di documentario.

Osservare una famiglia molto viva e dinamica, mista nella sua composizione ma piena di contraddizioni, ci fa pensare cosa siamo arrivati a fare. Il miele che producono è molto buono, ma il loro laboratorio è fuori legge. Il padre è rude e urla perché è nella gabbia della parole. Ha imparato il dialetto, non l'italiano. Il suo disagio nell'esprimersi racconta il suo passato, sintetizzando passaggi che non avrebbero trovato posto nel film. Amo molto usare la lingua in maniera libera. Per questo ho creato una sorta di tribù che usa la lingua non in senso geografico ma anche storico. Per me è normale camminare non in una sola epoca, ma fare i conti con gli strati di pietra, cemento e plastica. I cambiamenti realizzati sul territorio erano quelli che venivano da necessità superate con cui ora c'è bisogno di fare pace.

“Le Meraviglie” è un film triste, ispirato in qualche modo dal libro per bambini “Casa del tempo” di Roberto Innocenti. Dieci tavole raffiguranti la stessa casa, che progressivamente invecchia e si modifica. Chi arriva mette una mattonella, un nuovo infisso. Il tempo passa e la casa è sempre lì, contiene drammi che passano. A Gelsomina volevo dire questo. Che il dramma passa, restano i luoghi che lo hanno contenuto".

Alice Rohrwacher protagonista degli eventi speciali del Festival di Venezia