cultura

Torna l’assenzio, il liquore che stregò una generazione

mercoledì 23 novembre 2005
di Davide Pompei
Prodotto dal marchio “Pastiglie Leone”, lo abbiamo visto anche sui banchi dell’Euro Chocolate di Perugia. Da qualche anno, infatti, l’assenzio ha ripreso a sedurre le sue romantiche vittime néo-bohémiennes o semplicemente coloro che lo gustano convinti che si tratti dell’ultima tendenza trasgressiva.
Il liquore dei poeti maledetti e degli artisti francesi, proibito dal 1915 con l’accusa di aver provocato immensi disastri sociali, è tornato nei bicchieri d’Italia in una versione più leggera. Nel nuovo liquore la percentuale di alcol non supera il 45 per cento contro il 70 della bevanda originaria, sono state eliminate le parti più dannose per la salute dell’organismo, senza compromettere il fascino di un mito senza tempo.
L’aperitivo di colore verde, dal gusto aromatico, i cui vapori salgono velocemente alla testa dando un certo senso di euforia, di lontananza dalla realtà, è un liquore antico, forte, inebriante. Oltre ad essere molto alcolico contiene grandi quantità di anice e tujone, alcaloide responsabile delle allucinazioni e dell’assuefazione.

Esistono diversi modi per berlo (alla francese, flambé, liscio), ma la bevanda viene tuttora preparata con un rituale vagamente iniziatico che ne aumenta il fascino, un’alchimia tra assenzio, zucchero, acqua e fuoco.
Gli effetti dipendono dalla quantità di acqua e, ovviamente, dalla quantità di bicchieri, ma in genere l’assenzio induce uno stato di vaporoso stordimento, una rigida estasi che Alfred Delvau descriveva così: “L’ubriachezza che dà non assomiglia a nessun’altra di quelle conosciute. Non è l’ubriacatura pesante della birra, né quella feroce dell’acquavite e neppure la gioviale ubriachezza del vino... No, l’assenzio vi fa girare la testa al primo bicchiere, vi salda sulle spalle un paio di ali di grande portata e si parte per un paese senza frontiere e senza orizzonti, ma anche senza poesia e senza sole”.
Gustave Flaubert lo definiva come un “veleno ultraviolento, un bicchiere e siete morti. I giornalisti lo bevono mentre scrivono i loro articoli”.

La Francia rimane, come allora, il più grande paese produttore di assenzio, nel nostro paese è vietata la produzione, ma è concessa la distribuzione di tale distillato utilizzato già dai greci e dai romani come pianta medicinale generica, disinfettante e digestiva.
Nell’800 il liquore maledetto diventò, per i suoi potenti effetti mistici, la bevanda preferita da molti artisti che, abbandonati tra le braccia della Fata Verde, scivolavano nell’oblio, annebbiando il raziocinio e facendo correre la fantasia.
Verlaine, Rimbaud, Baudelaire, Wilde ne fecero la loro musa personale; la creatività di Degas, Toulouse-Lautrec, Manet, Allan Poe raggiunse livelli massimi anche grazie ad essa. Moltissime opere d’arte, dalle poesie ai quadri furono dedicate (e nacquero grazie) alla Fata Verde.
La bevanda accompagnava la vita dei bohèmiens e per i giovani era diventata il segno del loro romanticismo, il marchio, un po’ teatrale, della loro estraneità ai valori della borghesia.

Tante vecchie storie sui bevitori di assenzio, molte delle quali assolutamente vere, rendono oggi questo liquore mitico: da Jack lo squartatore a Dracula, dai fiumi di assenzio del Moulin Rouge alle pazzie di Van Gogh e Picasso.
Sarà per la sua storia o per il fascino proibito di droga, ma il revival dell’assenzio sta diventando un fenomeno di costume. È bene tener presente, comunque, che ancora oggi è vietato in molti paesi, come negli USA.
Con l’Unione Europea e la maggiore elasticità delle leggi, diverse ditte hanno ricominciato a produrre l’assenzio, limitando con mezzi moderni la concentrazione del tujone. Ovviamente la ricetta, seppur vicina all’originale ed utilizzata anche come ingrediente per intriganti cocktail, rimane nei limiti della legge.
Al confronto con certi veleni che circolano oggi, la Fata Verde torna a volare in quasi completa innocenza. Chi vuole assumere assenzio è libero di farlo, senza mettersi dopo alla guida, con la consapevolezza che la fata può diventare una strega.

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