cultura

Accessibilità: un nuovo “incomprensibile” bollino di qualità o un concetto molto semplice?

mercoledì 16 novembre 2005
di Fabrizio Caccavello
Il web sta cambiando. Molti se ne sono accorti, molti se ne accorgeranno a breve, altri non se ne renderanno conto ma saranno essi stessi i protagonisti di un web che cambia.

Non conosco un luogo più democratico del web. C’è posto per tutti. C’è una pluralità di presenze come in nessun altro mezzo di informazione. C’è tutto e il contrario di tutto. Il web è una di quelle circostanze che l’umanità non avrebbe mai pensato di trovarsi fra i piedi e che invece si è data consistenza quasi da sola, senza preavviso.
Non è stata una scoperta improvvisa. E’ stato un lento materializzarsi di eventi, di possibilità, di opportunità. E appare ora, da qualche tempo, persino in una legge governativa, il concetto, sempre più incalzante, di accessibilità.
Ma cosa è, in sostanza?

No, per fortuna non siamo di fronte all’ennesima incomprensibile diavoleria che il web ha introdotto nei nostri computer.
Chi come me ha vissuto gli albori della rete, si ricorderà con quale stupore tutti noi abbiamo fatto spazio a cose che mai avremmo potuto immaginare, imparando ad utilizzare parole e servizi fino a pochi anni fa sconosciuti: rete, spazio web, sito internet, virus, dialer, connessione, forum, portale, blog.
Oggi queste parole sono molto comuni fra gli utenti della rete e credo che nessun lettore internet abbia difficoltà a intuirne il significato.
La rete, poi, ha avuto un’esplosione per certi versi inattesa e per altri meno evidente del previsto. Per esempio non si sono aperti più che tanto i miracolosi mercati dello shopping online, come qualcuno forse prevedeva, ma d’altro canto si sono moltiplicati gli utenti connessi e sono aumentati esponenzialmente i servizi offerti da aziende e enti pubblici.

Questa espansione dinamica è però spesso avvenuta in maniera incontrollata, producendo una mole incredibile di documenti e di informazioni presenti in rete senza regole, senza limiti.
Al giorno d’oggi un operatore con un minimo di conoscenza informatica di base è in grado di produrre documenti da pubblicare in internet, e con l’aiuto di qualche programma può addirittura realizzare un intero sito internet. Ed è proprio questa, in certo senso, la forza della rete: il grande pluralismo che ha potuto mettere in campo, un grande mondo anarchico dove ognuno è libero (secondo alcuni anche troppo) di fare e di pubblicare ciò che vuole.

In definitiva, stiamo tutti partecipando alla costruzione di una enorme città virtuale. C’è chi costruisce case, chi palazzi, chi strade, chi ponti, chi baracche. C’è chi dipinge per strada, chi fa monumenti, chi cerca di dettare delle regole e chi cerca di non rispettarle.
E anche nella nostra grande web-metropoli abbiamo costruito tanto e, forse, troppo in fretta, dimenticando qua e là dei pezzi importanti. Nella corsa, nell’inesperienza, nella sbadataggine, nell’improvvisazione, abbiamo costruito palazzi senza ascensori, porte troppo strette in cui è difficile passare, vie piene di buche e di scalini, case senza uscite di sicurezza o senza finestre, con centinaia di corridoi devianti dai quali è difficile uscire.

Abbiamo costruito tutto pensando a un solo tipo di abitante: un maschio medio di età compresa fra i 15 e i 45 anni, non troppo esigente, atletico, con vista e udito perfetti e senza un malanno: né un raffreddore, né un doloretto, né un’unghia incarnita.
E ci siamo dimenticati invece che la popolazione che vive nella nostra web-metropoli non è affatto così. Ci siamo dimenticati che esistono i bambini, gli anziani, gli ipovedenti, i daltonici, i dislessici, i diversamente abili di ogni genere, i non vedenti e chissà quante altre forme di adattamento alla vita che neanche immaginiamo.
Né abbiamo considerato che anche i normo dotati non vanno in giro tutti allo stesso modo. Non sempre si ha a portata di mano un mouse, una tastiera perfettamente funzionante, un monitor in perfetto stato, un PC di una precisa marca con un preciso browser installato, sempre quello. O che non tutte le persone amano navigare nella nostra bella metropoli con lo stesso mezzo di esplorazione. C’è chi esplora con il computer, chi col telefonino, chi con un palmare, con un lettore vocale o un lettore braille.

Insomma, nel luogo più democratico che esista sulla terra abbiamo dimenticato l’esistenza di forme di adattamento diverse. E ora ce ne siamo resi conto e si corre ai ripari.
Dopo anni di completa anarchia, nel rispetto dell’utente e delle differenze, proprio come in altri campi si è deciso di introdurre e di rispettare delle regole. C’è chi già lo fa e lo farà per etica professionale, chi per decreto legge. L’importante è che si faccia qualcosa e che quello che la legge impone divenga, man mano, non “obbligo” ma consapevolezza e, perché no, orgoglio e vanto di seguire un itinerario sempre aperto di rispetto dell'altro e di qualità.

Rendere accessibile un prodotto web significa, in conclusione, progettare tenendo conto di tutte le incredibili dimenticanze dovute alla nostra precedente disattenzione o inesperienza e sapere che è un processo continuo, come continuo è il cammino del sapere in relazione ai processi umani e sociali.
L’accessibilità non è quindi un punto di arrivo, tutt’altro: è un punto di inizio, un modo diverso di concepire il web a misura di utente, o per meglio dire a misura del numero maggiore possibile di utenti.
Questo non significa che nel web del futuro ci sarà spazio solo per i professionisti, per quelli in grado di mettere in rete “mostri” di perfezione stilistica e di solidità strutturali. Non è così, c’è e ci sarà sempre spazio per chi voglia costruirsi la propria palafitta amatoriale a proprio uso e consumo.

Ma tutti quelli che vorranno utilizzare professionalmente la rete non potranno non tener conto di quanto abbiamo detto finora. Le nuove tecnologie hanno permesso a un’infinità di persone con abilità non ottimali di avere una vita più semplice e più umana da vivere, sarebbe davvero incredibile se anche il web non si adeguasse a questo.

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