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Microarchitetture del quotidiano. Contributo di Anna Di Salvo dell’associazione 'Città felice' di Catania: il senso dell'abitare e la qualità della vita gestiti dai/dalle cittadini/e
lunedì 25 febbraio 2008
di Anna Di Salvo
A Catania la messa in vendita di palazzi storici appartenenti a tutta la comunità cittadina, mutamenti forzati di stili di vita di intere zone trasformate in “aree risorsa” (zone dalle quali ricavare lucro e profitto), smantellamenti di palazzi storici e sventramenti del sottosuolo sono all’ordine del giorno. Coloro che governano la città troppo spesso credono di essere entrati in possesso dei beni comuni, di potere speculare su questi, venderli, abbatterli e stravolgerli senza ascoltare il desiderio e la voce delle e degli abitanti che sono i veri depositari della memoria e del patrimonio cittadino e si propongono spesso come gli unici che vogliono e sanno prendersi cura della città preservandola dalla barbarie e dagli interventi dissennati. Con “Città Felice”, dopo 15 anni di lavoro politico in città continuiamo a proporci con la nostra esperienza e interveniamo con elaborazioni, analisi e azioni in merito agli sprechi, sventramenti, demolizioni e speculazioni che minano alla base il senso dell’abitare e interferiscono sui sentimenti e sulla qualità della vita delle e dei cittadini.
La città è stata letta e segnata da noi attraverso il pensiero e le pratiche politiche della differenza sessuale anche con interventi e pratiche creative, elaborazioni artistiche, installazioni, performance, operazioni concettuali e mostre che nel corso degli anni hanno modificato il solito modo di guardare alla città e al suo governo. La bellezza delle relazioni e delle forme che abbiamo individuato intorno, hanno sollecitato la nostra fantasia e stimolato paesaggi e passaggi interiori come quello di sentire che si stavano venendo a creare dentro ognuna di noi sensazioni di equilibrio e serenità che ci aiutavano a esprimerci con gesti e pensieri positivi. Si è cercato d’individuare il bello dei luoghi in cui viviamo, dei contesti dove interveniamo e delle relazioni che creiamo, perché facendo tesoro di tutto questo, percependo cioè le cose non solo in maniera negativa, abbiamo incamerato energia e armonia per poter convivere con le cose brutte che ci circondano senza soccombere.
A questo punto si è rivelato necessario per il nostro lavoro trovare le mediazioni giuste e instaurare rapporti di comunicazione, relazione e scambio con donne e uomini impegnate/i politicamente in altre realtà cittadine quali associazioni, comitati spontanei, sindacati, piccoli partiti e abitanti che amano come noi la città e guardano in maniera sensata al suo divenire. Altro apporto importante è giunto a Città Felice dalle pratiche e dalle riflessioni portate avanti per anni insieme alle donne e agli uomini della rete delle Città Vicine che ci hanno consentito di conoscere e sviluppare esperienze e saperi nuovi in merito alla politica, alla città e all’arte. Questi scambi e relazioni tra varie città d’ Italia hanno dato vita a una nuova dimensione del pubblico che abbiamo ridefinito “pubblico-domestico” cioè lo spazio di tutte e tutti segnato dall’esperienza e dalla cura femminile. Il desiderio d’ intrecciare l’espressione politica al linguaggio artistico per significare e fare riferimento a questioni riguardanti la città, ha fatto acquisire a me e alle altre della Città Felice la consapevolezza che la politica può divenire fertile, divertente e facilmente comprensibile grazie alla capacità di cogliere, elaborare e rendere fruibile in maniera rapida e sensata il nesso che può esistere tra arte, politica e città.
Le manifestazioni artistiche e le opere che mettiamo in essere sono pensate e proposte all’interno di passeggiate collettive o elaborate in una piazza, in un quartiere o in una zona della città dove siamo riuscite a entrate in relazione con gli abitanti. La realizzazione delle opere è aperta agli apporti delle e degli abitanti e ha lo scopo di sollecitare il pensiero, i sentimenti e l’agire di chi collabora alla loro costruzione e di chi le fruisce. Queste modalità artistico-espressive che abbiamo chiamato “ Arte di città” si sono rivelate spesso efficaci perché ci hanno consentito di raggiungere in parte gli obiettivi che ci eravamo prefissate e hanno favorito il verificarsi di imprevisti favorevoli che sono stati di giovamento per scongiurare il rischio che alcune operazioni pensate ai danni della città andassero in porto, oltre che a dare corpo visivo al nostro modo di pensare e di desiderare.
Voglio descrivere ora con parole e immagini alcune tra le opere più significative realizzate a Catania da Città Felice nel corso di questi anni, la natura del contesto che ha dato loro vita, le motivazioni per le quali sono state create, il senso e la ricaduta che ne sono derivati in termini di attenzione e cura nei riguardi della città.
Abbiamo dato l’avvio all’attività artistico-politica nel 1995 con un’operazione che voleva reinterpretare e rileggere in chiave diversa alcuni aspetti della realtà che ci circonda, in particolare di opere d’arte già esistenti nel territorio, allestendo ad esempio una mostra fotografica che intendeva dare significati nuovi alle statue di sante, dee e figure allegoriche femminili scolpite in varie epoche e in vari stili che si protendono verso le vie cittadine dall’alto dei cornicioni delle chiese, dei teatri e dei palazzi. Volevamo si cogliesse come quelle statue al di là del ruolo decorativo che era stato loro imposto, attraverso le posizioni dei loro corpi, i gesti delle mani, l’espressione dei volti, emanassero un senso profondo di pace, avvolgessero la città con un alone di compostezza e costituissero di per sé un’operazione simbolica di primaria importanza in quanto esortavano e orientavano le/i catanesi verso una nuova visione della civiltà.
L’installazione “ Segni di un discorso amorevole” realizzata durante una delle tante iniziative promosse in occasione della paventata distruzione di oltre 40 palazzi liberty e neoclassici per consentire il raddoppio ferroviario della linea Catania-Siracusa (progetto che grazie all’impegno di donne e uomini in relazione con Città Felice fu poi rivisto dall’amministrazione comunale), era costituita da parti murarie di case abbattute composte sul selciato della piazza antistante il castello di Federico II di Svevia recuperate nei cassonetti dove si depositano i materiali di risulta. Quei brandelli di muri mostravano ancora le tracce dei vecchi materiali e delle vecchie tecniche di costruzione adoperate un tempo e i decori scelti da chi aveva abitato case che ora non c’erano più. Con quella operazione volevamo esprimere che anche quando vengono abbattuti, palazzi e case mantengono nelle loro parti la memoria e lo spirito di ciò che li ha attraversati prima di essere demoliti. L’installazione ha acquistato un sapore vitale quando i ragazzini della piazza con le loro biciclette hanno cominciato a fare una movimentata gimcana tra le pietre e i pezzi di muri.
Altra opera pensata per evitare l’abbattimento dei palazzi è stata la performance durante la quale gli edifici destinati alla demolizione sono stati perimetrati con del gesso bianco dalle donne e dagli uomini che ritenevano assurdo quel progetto e che insieme agli abitanti del quartiere hanno improvvisato gesti spontanei e originali come quello di spargere il gesso anche sulle strade, sui marciapiedi e sul selciato delle piazzette che incontravano lungo il percorso che univa un palazzo all’altro. Per lasciare un segno indelebile del loro passaggio ma anche della loro presenza costante, tutte le/i partecipanti hanno impresso orme adesive di piedi e di mani non solo lungo il percorso ma anche sui muri delle case da abbattere e sugli arredi urbani, panchine, lampioni, fontanelle, ecc.
L’installazione “ Acqua come miraggio” voleva esprimere il senso e il valore dell’acqua per la vita del mondo ed è stata realizzata nella piazza del duomo di Catania nel dicembre 2006 durante le manifestazioni che si svolgevano in tutt’Italia per affermare che l’acqua è un bene di tutti e non dev’essere né sprecata né privatizzata. Per dare l’idea dell’acqua che diventava un miraggio abbiamo disposto un grande telo di plastica davanti alla cascata d’acqua che cade come un lenzuolo nel contesto di una fontana barocca della piazza alimentata dal fiume Amenano che nel 1700 venne interrato e che ora scorre sotto la città. Avevamo individuato un’analogia tra la privatizzazione dell’acqua che oggi sta accadendo e quella costrizione avvenuta ai danni del fiume Amenano; la conferma di questo ci è venuta in quanto molte donne e uomini sono venuti a chiederci cosa stava succedendo e perché l’acqua della fontana poteva solo intravedersi attraverso il telo di plastica. Dal punto di vista artistico è accaduto che la luce col passare delle ore si spostava e diveniva sempre più intensa così di conseguenza l’acqua che cadeva dietro lo strato di plastica, ravvivata dalla luce, restituiva bagliori intermittenti. L’installazione che inizialmente appariva come un’opera statica, acquistava così un sapore dinamico grazie alla luce e all’acqua che muovendosi dietro lo strato di plastica diventavano le protagoniste dell’operazione visiva.
Ultima nata “La città del riciclo” restituiva l’idea di una grande città fatta da tante città realizzate con materiali da riciclaggio che richiamavano New York, San Pietroburgo, Helsinki, Istanbul, allestita in via Etnea, la strada più importante di Catania, sul finire del 2007 quando cominciava a farsi sentire il disagio della città di Napoli per degli impedimenti che hanno ostacolato la messa in atto di sani criteri e progetti validi per provvedere allo smaltimento e al riciclaggio dei rifiuti. Anche Catania vive un problema simile per molti aspetti a quello di Napoli e riflettendo insieme a altre/i, ci siamo dette/i tante volte come ben sapremmo fare in modo che ogni tipo di materia possa essere rispettata, a esempio non producendola in eccesso, riciclando quello che c’è, evitando gli sprechi di ogni tipo, facendo tesoro di ogni risorsa ma soprattutto non svilendola come quando la si costringe a diventare medium inconsapevole per compiere atti dannosi e mortiferi nei confronti della gente e dell’ambiente.
Catania 5 febbraio 2008
Anna Di Salvo
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