Di seguito l'omelia di monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, per la memoria dell'istituzione del Corpus Domini:
L’Eucaristia, istituita nell’Ultima Cena, è il punto di arrivo di un percorso lungo il quale Gesù l’ha prefigurata mediante alcuni segni, come quello della moltiplicazione dei pani. La versione lucana (cf. Lc 9,11b-17) si apre con questa nota: “Il giorno cominciava a declinare” (Lc9,12). Si tratta di un’istantanea che fissa il momento in cui i discepoli ordinano a Gesù di congedare la folla, ma Egli la fa sedere a terra, non solo per sfamarla, ma anche per offrire ai Dodici il primo annuncio della “frazione del Pane”. Il Signore prende cinque pani e due pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione, li spezza e li dà ai discepoli “perché li distribuissero alla folla” (Lc 9,16). Senz’altro è ormai scesa la sera quando vengono portate via dodici ceste, piene di pezzi di pane avanzati; forse le avranno prese i discepoli, una ciascuno, chiamati a trasmettere quanto hanno ricevuto e cioè che la gratitudine è la sorgente della gratuità, la quale è l’alveo della generosità.
La gratitudine non è un sentimento o un’emozione passeggera, ma un atteggiamento fondamentale proprio di chi sa riconoscere il suo essere creatura, la sua dipendenza da Dio e dagli altri. “In ogni cosa rendete grazie” (1Ts 5,18): la gratitudine è capacità di meravigliarsi di tutto, di vedere i dettagli, di scorgere l’immensità nel frammento, come, ad esempio, la presenza reale di Cristo nelle specie del pane e del vino. Nel Memoriale eucaristico, in cui è custodita la riserva infinita della gratitudine, tutto è grazia: gratuitamente siamo stati salvati.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Questo comando, che Gesù dà ai Dodici, anche Paolo lo osserva alla lettera riferendosi all’istituzione dell’Eucaristia: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1Cor 11,23). Gesù, “venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv13,1), “prima di consegnarsi volontariamente alla passione” lascia ai discepoli il “testamento del suo amore” nel “mirabile documento” dell’Eucaristia, “sacramento di unità”, da celebrare “finché Egli venga” (1Cor 11,26).
L’Eucaristia, “Pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51), è “il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli”. È il pane che alimenta la nostra anima, così come gli angeli si nutrono della presenza divina. È il pane che sostiene il nostro cammino di “pellegrini di speranza” verso la patria celeste. È il pane che ci rende partecipi della vita di Cristo, da riconoscere nella carne di coloro con i quali Egli ha voluto identificarsi. “Ascoltiamo il grido della carne in ogni fratello – raccomanda Papa Leone XIV –, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio (…) è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge”.
Fratelli e sorelle carissimi, la regola della condivisione è quella eucaristica della frazione: è incisa nella nostra carne mortale, le cui cellule, dividendosi, si moltiplicano, come i cinque pani e i due pesci che hanno saziato tanta gente, “circa cinquemila uomini” (Lc 6,14).