sociale

Resteremo qui

martedì 13 maggio 2025
di G.S.

Monteleone d'Orvieto-Gaza. Ultimo giorno dell'iniziativa di Articolo 21 Assopace Palestina, Anpi, Rose Rosse d’Europa, Rete No Bavaglio, Cgil, Stop War Trasimeno e Collettivo Femminista "C’è ancora domani". Cinquanta persone in un pomeriggio di sabato hanno ascoltato la testimonianza diretta di Alhassan Selmi da Gaza, hanno dibattuto, e raccolto fondi per la famiglia di Selmi.

"Un diario per Gaza" che cerca di rompere il silenzio dei media mainstream sul genocidio più ignorato e più documentato della nostra storia. Con parole e immagini Marcella Brancaforte e Alhassan Selmi, giornalista palestinese, continuano a tenere un diario quotidiano fatto di immagini e parole, cercando di raccontare l’inferno dell’occupazione con i pastelli colorati di Marcella con quello che Alhassan Selmi definisce “il linguaggio dell’anima”, per rompere insieme il muro del silenzio in una cronaca quotidiana ininterrotta e non smettere di parlare di Gaza. Da questo incontro è nato poi il libro "Hassan e il genocidio, Allora parliamone, con voce ferma e cuore acceso. Perché il genocidio si può fermare. Mano nella mano.                                                                            

Alhassan Selmi è un giornalista, fotografo e videomaker palestinese. Nato a Gaza, si è specializzato in montaggio e videoediting. Tra i suoi lavori e progetti, per l’Italia figurano le riprese aeree per “Erasmus in Gaza” e “Tra le macerie di Gaza”. A oggi continua a collaborare come giornalista sul campo per diverse emittenti straniere.

Marcella Brancaforte ha collaborato e collabora con periodici e case editrici, concentrandosi sull’illustrazione di libri per ragazzi e sulla promozione del libro. Al momento Alhassan e Marcella collaborano al Progetto BeMyVoice, un diario illustrato per Gaza.

Ore 19 collegamento con Gaza e Alhassan Selmi. “A Gaza, la guerra ha svuotato non solo le dispense, ma anche le infanzie. Le madri, per calmare i figli affamati, mettono sul fuoco pentole vuote. Fingono di cucinare. Gesti antichi trasformati in teatro di sopravvivenza, in una recita che non consola ma almeno per un attimo, placa. È un trucco tragico e tenerissimo: le madri mescolano il nulla, come se bastasse il suono del mestolo contro la lamiera a saziare i piccoli. E i bambini, stremati, si addormentano in questo abbraccio di fumo e silenzio.

Hassan Selmi, testimone di questa ferita quotidiana, ci dice: “Anche io non mangio quasi mai. Ma resisto grazie al sumud”. Una parola palestinese che significa molto più di resilienza. È dignità ostinata, è radice che non si spezza, è energia che scorre da chi resiste a chi ascolta — e viceversa.

“Sumud è l’energia che noi abbiamo per resistere e che proviene da voi, quando parlate di Gaza”, ci dice Hassan. Allora parliamone, con voce ferma e cuore acceso. Perché il genocidio si può fermare. Mano nella mano. “

E’ cominciato con queste parole l’incontro di Monteleone di Orvieto, Ali Rashid, già primo segretario dell’ambasciata palestinese a Roma, e punto di riferimento per le iniziative “Gaza Palestina fuori fuoco” in collegamento con Alhassan Selmi da Gaza ha parlato con Lui, lasciando a Alhassan lo spazio e la voglia di raccontare la tragedia del genocidio che sta avvenendo sui Gazawi, donne, uomini, bambini, da 63 giorni senza cibo, acqua, medicinali, senza nulla, con sistematici bombardamenti sui pochi preside ospedalieri o punti di pronto soccorso di Emergency, Medici senza Frontiere, o Associazioni come Sanitari per Gaza.

E poi prosegue Alhassan, il toccante racconto di chi continua a parlare con famigliari vivi sotto le macerie, scavando con le mani per raggiugerli, gli parliamo per tenerli vigili, e poi sentiamo le loro voci sempre più flebili, fino al silenzio della loro morte. Sopra la mia testa come per tutti quelli che provano a raccontare questa immane tragedia, ronzano i droni che carpiscono le mie e le vostre parole, un drone decide della mia vita o della mia morte, come è stato per i miei fratelli giornalisti, 232 ammazzati per non raccontare questo orrore, questo buco nero del millennio. 

Vi prego raccontate di noi, questa non è una guerra come le altre, qui siamo di fronte all’annientamento di un popolo, cosa deve accadere ancora, 60.000 morti e quanti dispersi sotto le macerie, 16.000 bambini uccisi, cancellate intere generazioni, oltre 8000 mutilati e invalidi permanenti, un territorio completamento distrutto e se Dio vorrà me ne andrò anche io. "shukran,"shukran, grazie, grazie, la vostra testimonianza e la nostra forza, Noi dalla nostra terra non ce ne andremo, Resteremo qui.

Fine del collegamento

Non credo occorra aggiungere nulla a questa testimonianza, devo ringraziare Ali Rashidper la sua presenza, per il costante impegno che ha per il suo popolo, ieri l’ho visto molto provato nel tradurci il racconto di Alhassan, di Ali se un giorno vorrà racconteremo della sua vita di Palestinese e dell’impegno politico per la sua terra, di come in questo ultimo anno sta girando 

Devo ringraziare Marcella Brancaforte l’illustratrice della mostra "Be my Voice. Un diario per Gaza", costruita e illustrata sui racconti di Alhassan Selmi per la straordinaria forza e impegno che ha per il popolo Palestinese, da più di una anno la notte disegna i racconti di Alhassan, disegna, come il giornalista scrive, ma le immagini sono molto più dirette, impattano negli occhi e nelle coscienze. Marcella è una insegnante, una preziosa educatrice, una militante di Assopace Palestina, grazie per il suo grande entusiasmo la sua grande forza, nel suo libro scritto con Raffaele Oriani trovate questo suo impegno, entusiasmo ma anche sofferenza.

Resteremo qui
Noi custodiremo l’ombra del fico e degli olivi […]
Se saremo assetati spremeremo il deserto
E mangeremo polvere se avremo fame
Ma non ci muoveremo!
Qui abbiamo un presente, un passato e un futuro

Tawfik Zayyad 

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