Lunedì 12 febbraio la Sala del Consiglio Comune di Orvieto è stata riempita da studenti delle scuole superiori accompagnati da alcuni insegnanti per l'annunciato incontro dal titolo "Vent'anni dall'approvazione della Legge 92 del 30 marzo 2004", per commemorare il Giorno del Ricordo delle Vittime delle Foibe.
Dopo il saluto delle istituzioni nella persona di Alda Coppola, assessore alla Scuola e alla Famiglia in rappresentanza del sindaco Roberta Tardani - "Esorto i ragazzi alla Memoria, al Ricordo, perché il passato fa parte della vita presente e futura. È fondamentale conoscerlo e renderlo vivo" - è stata la volta della presentazione dell'evento da parte della professoressa Marella Pappalardo. "L'attenzione a questo esodo - ha detto - non deve mancare, fin troppo è stato dimenticato e addirittura negato. Sono stati migliaia gli italiani che hanno sofferto proprio perché erano e volevano continuare a essere italiani".
La testimonianza del dottor Antonio Ballarin, presidente emerito di FederEsuli, ha puntato l'attenzione sull'essere nato nel 1959 a Roma da esule, nel microcosmo di un gruppo di palazzi costruiti quali alloggi per gli operai di cantieri mai iniziati. Ha ricordato la vita di un bambino che veniva deriso per parlare poco e male l'italiano, per poi cercare il riscatto proprio nello studio, soprattutto nelle discipline scientifiche, tanto da diventare un fisico di fama mondiale.
Quell'impegno si è tramutato in ottimi risultati scolastici ma è stato anche fonte di apertura e amicizia con gli altri studenti, seppur sempre alta era la vergogna di venir considerati diversi, di abitare in un appartamento piccolissimo, di vedere genitori e nonni addolorati per aver dovuto lasciare la propria terra d'origine ricordando che tutto ciò è avvenuto dopo la fine della guerra, in tempo di pace.

In videoconferenza ha raccontato la triste esperienza della vita nei campi profughi di migliaia di esuli friulani dalmata il Direttore dell'istituto Regionale per la Cultura Istriano-Fiumano-Dalmata (IRCI) Piero Del Bello. Tanti gli infoibati (gettati vivi nelle cavità proprie della regione) ma anche tantissime "le persone che non sono sopravvissute fisicamente e soprattutto psicologicamente a quanto subìto",il ricordo del presidente Del Bello.
Uno strappo talmente forte e violento da fare perdere la ragione (dai centri profughi diverse le persone che sono entrate nei manicomi) e per gli altri la difficile ricostruzione di una vita, una professione, una famiglia. Gli oggetti della quotidianità di trecentocinquantamila persone, dagli strumenti di lavoro alle suppellettili, ai mobili, erano stati stipati in due magazzini presenti al porto di Trieste.
Alla fine degli anni Ottanta fu decisa la demolizione di quei magazzini. Molti esuli erano morti, altri rifugiati all'estero e tanti dopo aver lasciato i campi di accoglienza non erano tornati a riprendere gli oggetti appartenenti alla propria famiglia. Gli esuli, davanti all'eventualità che venissero distrutti quelli che erano il simbolo del sacrificio di migliaia di persone, protestarono vivamente e la prefettura indicò l'IRCI quale proprietaria di quelle masserizie.
Dopo vari trasferimenti, grazie all'impegno dei volontari guidati dal presidente Del Bello, costituiscono il museo oggi denominato "Magazzino 26", sempre al porto di Trieste. Sono centinaia e centinaia di oggetti con i numeri di riconoscimento assegnati a ogni famiglia ma anche tantissime fotografie che sono rimaste senza nome. Testimonianze delle vite strappate e sconvolte da un giorno all'altro, delle vite da esuli ai quali veniva negata una terra, una storia, una dignità.
L'ex sindaco di Orvieto Antonio Concina, esule istriano di prima generazione (è infatti nato a Zara nel 1938) Presidente dell'associazione Dalmati Italiani nel mondo, ha ringraziato le scuole e i ragazzi presenti sollecitandoli a informarsi, a leggere e udire le testimonianze degli esuli, e a farsi a loro volta testimoni del ricordo.
Ha riportato un pensiero del giornalista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco che la settimana scorsa era con lui a un incontro con gli studenti della Nunziatella a Napoli "L'aspetto peggiore delle foibe è stato l'oblio al quale sono state condannate per così tanti anni". La mattina è stata chiusa con le parole del professor Ballarin che ha ribadito come gli esuli istriani-fiumani-dalmata sono italiani che hanno dovuto affrontare una tragedia per amore della propria patria, dell'Italia.
Il 10 febbraio, ma anche tutti gli altri giorni dell'anno grazie ai musei, ai libri, ai brevi documentari denominati "Le perle del ricordo", agli incontri nelle scuole e nelle università che vedono portare il Ricordo da parte dei pochi esuli della prima generazione e i molti di seconda e terza, sono fondamentali per onorare le vite di migliaia di persone cacciate dalla propria casa, dalle proprie famiglie e amicizie e professioni.
Il presidente emerito di FederEsuli ha salutato l'attenta platea con il desiderio venga ampliata la conoscenza, la divulgazione, la testimonianza del Ricordo perché "noi esuli non creiamo cesure, ma cerniere".