C'è voluta l'annunciata conferenza "Orto sinergico – L'abbraccio tra uomo e natura" che ha concluso l'agosto castellese per dare un'idea di quanto il tema dell'alimentazione sana stia a cuore a molta gente, in particolare a giovani genitori con figli in crescita.
Nell'anno dell'Expo dedicato all'alimentazione e in prossimità del 1 settembre, prima giornata mondiale dedicata alla custodia del creato, l'antica Terra monaldesca ha voluto centrare l'attenzione sull'esperienza di tre giovani che dalla primavera scorsa stanno sperimentando l'orto sinergico, ossia si stanno dedicando ai lavori della terra e alla produzione di ortaggi per uso famigliare in maniera a dir poco inconsueta.
La prima impressione che un ortolano di lunga data può avere entrando nell'orto sinergico curato da Alfredo, Fabrizio e Marco è quella del disordine. Niente più file e file di pomodori, verze, cipolle, carote... tutte allineate come schiere d'inermi soldati. No, niente di tutto questo. Piante da orto, fiori, aromatiche... il tutto è disposto in modo irregolare e in promiscuità. Così, accanto ad una varietà di pomodoro, può essercene una di zucca, un porro, una zinnia, o un tagete, o una piantina di carota...
Ma niente è disposto a caso perché ogni pianta ha una funzione ben precisa e nell'insieme ciascuna protegge l'altra da parassiti e funghi. E, in tutta questa mescolanza di aromi, colori e freschezza, ogni pianta "fa la mafia" con la propria specificità: pomodorini di varie specie, zucche e zucchini dai fiori vistosi, mais con pannocchie barbute, porri dalle foglie a ventaglio come grandi iris, cipolle rosse con il bordo fuori dal terreno, tenere piantine di camomilla, i petali chini per mostrare il cuoricino giallo ...
Quello che colpisce, oltre alla voluta mescolanza, è essenzialmente la stessa struttura dell'orto che è suddiviso in corridoi ed aiole rialzate ricoperte di fogli di cartone e paglia di grano con l'obiettivo ben preciso di evitare l'evaporazione, mantenere l'umidità del terreno e bloccare la crescita delle infestanti.
A livello locale quella di Castel Viscardo è una delle prime esperienze conosciute ed è decisamente recente. Ma, senza allontanarci troppo, nella vicina Bolsena l'orto sinergico di Massimiliano Petrini, il relatore e il "maestro" dei tre "principianti" di Castel Viscardo, ha ormai più di 11 anni e Max assicura che è in piena produzione, che non richiede troppo impegno, che l'impresa maggiore è quella iniziale, ossia quella che comprende la preparazione del terreno, la disposizione dei bancali e dei corridoi, dell'impianto d'irrigazione a goccia, della copertura con il cartone e la paglia...
Il resto viene da sé.
"Mentre la terra fa crescere le piante - osserva il relatore - le piante creano suolo fertile attraverso i propri essudati radicali, i residui organici che lasciano e la loro attività chimica insieme a funghi, batteri, microrganismi e lombrichi. Di conseguenza non serve più concimare il terreno. Al massimo si può aggiungere un po' di cenere nel piccolo spazio ricavato per seminare le fave".
Altra novità evidente è la diminuzione della fatica del lavoro.
"Negli anni successivi non serve più la zappa!" assicura Max. "E nemmeno servono concimazioni o trattamenti con antiparassitari o fungicidi". Stando così le cose, viene finalmente smentito il vecchio detto "L'orto vuole l'uomo morto". In quanto ai risultati della produzione sul lungo periodo, avremo modo di verificare perché, considerato il grande interesse e la partecipazione del pubblico, vedremo presto la nascita di altri orti sinergici.
In breve:
La coltivazione sinergica, ideata da Masanobu Fukuoka, è un metodo elaborato in Francia dall'agricoltrice spagnola Emilia Hazelip che si fonda su 3 principi:
a) nessuna lavorazione del suolo
b) nessuna opera di diserbo
c) nessun composto chimico.