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L'America scopre Gianni Rodari. E Orvieto...rivanga il passato

martedì 15 settembre 2020
di Alessandra Cannistrà, Pirkko Peltonen
L'America scopre Gianni Rodari. E Orvieto...rivanga il passato

Piena solidarietà al gruppo dei firmatari dell’articolo "Costruire insieme rimane ancora un punto di debolezza con cui la nostra città non riesce a fare i conti", già CdA di TeMa che fino all’ultimo con passione e competenza hanno dato il loro impegno all’associazione per il Teatro e per la città, e ne difendono comprensibilmente l’operato.

Piena solidarietà anche riguardo alla difficoltà di costruire insieme, in ogni ambito della vita di comunità: una storia che passa per esperienze anche riuscite ma che non si sono strutturate in un metodo e per tentativi falliti da cui non si è tratto insegnamento. Ma purtroppo non è questo l’unico “punto di debolezza con cui la nostra città non riesce a fare i conti".

Altrettanto grave ed endemico è quello di guardare indietro, rimanendo attaccati a primati superati da nuovi record, di rivangare lo stesso solco ormai sterile. E’ inutile che ci rinfacciamo a vicenda il passato se non siamo stati in grado di renderlo presente e futuro: il primato di buone esperienze condotte 10 anni fa, o ieri, non conta, purtroppo, se non è stato abbastanza fecondo da produrre continuità o se non è stato sufficientemente condiviso e alla portata di tutti da diventare il progetto di tutta una comunità.

Usciamo dallo schema mentale del primato che tanti danni ha causato anche a TeMa e ad altri “progetti Orvieto”, e guardiamo avanti. Un bando per “Servizio di apertura, chiusura, catalogazione libri e disbrigo pratiche amministrative presso il Centro Studi Gianni Rodari di Orvieto”  poteva chiedere solo questo (comprese naturalmente le competenze specialistiche necessarie): in primo luogo perché così aveva deliberato il Direttivo del Centro Studi in carica, in secondo perché solo questo le risorse disponibili consentivano, in terzo perché, grazie alla burocrazia, si era arrivati alla vigilia delle elezioni e sarebbe stata strumentale, per non dire inutile, qualsiasi scelta che l’Amministrazione a venire avrebbe potuto contraddire e cancellare.

Che in questo momento storico si possa “invidiare” qualcosa che avviene oltreoceano è per la verità ben poco credibile, e tutto considerato anche un po’ brutto e triste da dirsi. Certo è, invece, che si può guardare con ammirazione chi scopre o riscopre un grande tesoro culturale ed è capace di costruirci sopra un grande progetto, uno di quelli che possono cambiare o migliorare il futuro di una comunità.

Su un progetto del genere si potrebbe forse convergere tutti e finalmente “costruire insieme”, con umiltà e vera partecipazione. Allora lo stimolo dell’articolo del New York Times può servire a chiederci se e come possiamo riscoprire insieme e rilanciare i progetti davvero essenziali, quei “marchi di qualità” culturali che hanno reso e possono tornare a rendere Orvieto luogo unico, esclusivo e riconoscibile. Progetti, pochi e duraturi, che possono aiutarci a patrimonializzare identità, memoria e tradizione per investirli nel futuro e competere con il futuro.

Riguardo al “lascito” di Gianni Rodari – di cui, ripetiamo, il Comune non è owner, proprietario, ma depositario per valorizzarlo – e a tante altre prerogative di Orvieto, Democrazia vuole, dicono due ex amministratrici, che ora tocchi all’attuale governo cittadino fare scelte e concretizzarle. Certo, dopo più di un anno di totale silenzio ed inerzia, è forte il sospetto che nel Palazzo si siano addormentati e che, con l’Omino dei sogni di Rodari, stiano sognando di volare senza sapere come, dove e perché.  

PS. In aggiornamento: parte a Roma, dal 25 al 27 di settembre, la Tre Giorni dedicata a Gianni Rodari.