cultura

Un texano nativo americano a Orvieto. Micah P. Hinson ipnotizza il Triplo Sound Festival

martedì 14 ottobre 2025
di Pierfrancesco Sampaolo

Può un essere umano con una chitarra e una voce, e senza bisogno di alcuna religione, ricordarci che c’è una connessione con qualcosa di più alto, qualcosa di molto vicino alla verità in ognuno di noi? Micah P. Hinson, cantautore texano, nativo americano, del Mississipi, scozzese e chissà quanto altro ancora, domenica 12 ottobre alla Sala dei Quattrocento del Palazzo del Capitano del Popolo di Orvieto lo ha espresso benissimo in un "Sound Talk" a dir poco emozionante, tenuto da un'attenta intervistatrice, per la seconda edizione del Triplo Sound Festival, incentrato sul tema delle "barriere".

Giunto all'undicesimo album in studio, che uscirà la notte di Halloween, Hinson è un artista con molte sfaccettature, a partire dalle sue origini in cui si incrociano storie di molti popoli, di oppressione, di bigottismo, di segregazione e di immigrazione. Ci sarebbe da dire, una storia molto americana e, se la si contestualizza nell’America di oggi, attanagliata da multipli deliri nazionalpopulisti, ancora più umana. Le sue canzoni, come da lui raccontato, sono piccole autobiografie, sono il mondo visto da un punto di vista che poi solo “punto” non è perché, come fanno i cantautori che sanno fare i cantautori, quella storia individuale diventa collettiva, diventa una preghiera che non hai bisogno di imparare a memoria.



La sua storia di “indipendenza” è genuina e solo gli ultimi due dischi arrivano con una produzione discografica, peraltro con la Ponderosa di Milano.
Quella sera, mentre Hinson cantava, le persone erano in un silenzio molto preciso, un qualcosa che ha a che fare con il liquido amniotico, che ti avvolge dal naso alle orecchie, che ti fa sentire al sicuro anche se là fuori c’è il mondo, anche se nella canzone c’è il mondo che crolla. La sua voce scura passava da dietro il microfono anni ’50 e da sotto il cappello texano con le penne “indiane”, un po’ come quando stai seduto ad ascoltare una favola prima di andare a letto.

L’atmosfera raggiungeva un’intimità tale da creare un certo tipo di imbarazzo, quell’imbarazzo di alcuni silenzi che, a un certo punto, senti la necessità di rompere dicendo qualcosa, qualcosa di quasi sempre inutile. Forse questo succede perché, in fin dei conti, non siamo preparati o abituati a tutto questo, molto più spesso trattiamo la musica come intrattenimento, senza profondità o ampiezza, come l’ennesima cosa da “consumare” e sulla quale è lecito anche avere un giudizio perché nel “mercato” il cliente ha sempre ragione. Beh, queste sono barriere che, a parere di chi scrive, i cantautori come Hinson sanno rompere con coraggio e semplicità, sia perché è di loro stessi che si parla sia perché è dei peccati di tutti che si tratta. Magari sarebbe il caso di fare più caso a questo tipo di profondità, a questo tipo di ampiezza, senza confondere la leggerezza con la vacuità, il divertimento con l’apatia, la vita con la sopravvivenza.

"Triplo Sound Festival: un'energia nuova per Orvieto Centro, tra musica, comunità e inclusione"

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