Giovanni Scifoni a "I Borghi del Dialogo". "Senza offendere nessuno. Chi non si schiera è perduto"

Ventuno capitoli e altrettante esperienze di conflitti quotidiani. In 193 pagine il protagonista di "Senza offendere nessuno. Chi si ferma è perduto", pubblicato a fine maggio da Mondadori, incontra attori buddisti, cattolici leghisti, atei militanti, attivisti Lgbtq+, alla ricerca della soluzione impossibile per...caricare la lavastoviglie altrui. C'è ironia, ma anche sottile capacità di leggere le contraddizioni della società contemporanea nel libro che domenica 1° agosto ha portato a Baschi, in Piazza del Comune, ospite della rassegna "I Borghi del Dialogo", il suo autore, Giovanni Scifoni.
Primo libro per l'attore, autore e regista romano che ha recitato in numerosi film e fiction televisive, tra cui "Doc. Nelle tue mani", "Squadra Antimafia", "Mio Figlio" e "La Meglio Gioventù". Prima del lockdown era in scena con il suo monologo "Santo Piacere", vincitore de "I Teatri del Sacro" e attualmente è alle prese con la scrittura di un film. Con la webserie "La Mia Jungla" commissionatagli da RaiPlay, intanto, ha vinto il Prix Italia 2020, mentre sui social i suoi video continuano a macinare like e condivisioni.
Dialogando con il sindaco di Baschi, Damiano Bernardini, e con il regista amico, Francesco Cordio, un po' "influencer dei santi" – così nel 2019, ad Orvieto, si era presentato al Festival Internazionale d'Arte e Fede – un po' "ornitorinco", perché sfugge ad ogni genere di classificazione e, di fronte alla necessità di schierarsi, alla fine, prende posizioni non classificabili, ha offerto spunti di riflessione non banali delegandole alla voce interiore del lettore. Un po' come faceva ai tempi dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, quando lo colpiva ÄŒechov.
"La cosa più drammatica, in realtà, è aver fatto rischiare l’infarto al professore di recitazione. E, a seguire, la serenata vestito da angelo alla mia attuale moglie insieme alla quale, oggi, abbiamo tre figli. Spesso io stesso non mi trovo d'accordo con la squadra. Quella della parrocchia o del partito. Sono figlio di catto-comunisti che non volevano facessi l'attore, ma il vignettista. Mi hanno dato in eredità l'amore per le Sacre Scritture e invitavano a cena preti di tutto il mondo. Ma il mondo è composito ed è bello perché è vario e variegato. Non uniforme.
Sono i giornalisti che chiedono di schierarsi, su tutto. Il dibattito pubblico ha bisogno di ring di pugilato. E l'intellettuale o mena o fa ridere. La prevedibilità del presente porta a sapere già come si esprimerà, cosa dirà sull'argomento. In passato non era tutto così scontato. Questo è un libro positivo, ma non un saggio che dice come vivere. Auspica una sorpresa ed invita ad andare oltre i preconcetti. Anche i più giovani che vivono questa dicotomia fortissima di dover avere una squadra ideologica d'appartenenza. Quella calcistica più onesta di quella politica.
Il problema è confondere l’avversario per nemico. 'Senza offendere nessuno' inizia e finisce con la semplicità di mio fratello Gabriele, a cui tutti vogliono bene. È genuino e simpatico come Pippo. E io sono Topolino. Non è un caso se dedico un intero capitolo all'invidia, uno dei peccati più forti e potenti. La lussuria fa figo, l'ira è splendente, l'invidia, invece, è più da sfigati, ci fa essere umani, limitati. Nessuno vuole essere amico di un invidioso. Se uno è più bravo di me, io rosico. Come fanno gli attori ad essere fedeli anche se non sono belli come Argentero?
Le opportunità di adulterio sul set oggi sono pari a quelli di una sala medica. Tutto, e quindi nulla, è un'isola felice. Ma la solidarietà, questo sì, è il miracolo più grande perché è un moltiplicatore. Siamo prede di desideri circolari e il mondo cambia così rapidamente che non so davvero cosa augurare ai miei figli. Spero che abbiano la curiosità di scoprire il proprio talento. A me, mio padre regalò 'Lotta di classe', meno divertente del Monopoli, dove ognuno voleva fare il capitalista. Ma questa è un'altra storia...".

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