cultura

"Le Porte Regali" aprono alla riscoperta di Pavel Florenskij

giovedì 8 febbraio 2018
di Edoardo Pieretti
"Le Porte Regali" aprono alla riscoperta di Pavel Florenskij

"Le Porte Regali", l'annunciato progetto di Studio d'Arte Fede e Storia realizzato da Kamina Teatro, recupera e mette in scena la figura di Pavel Florenskij, grande matematico, mistico e filosofo, considerato da molti "Il Leonardo da Vinci russo". Una figura, quasi sconosciuta a molti altri, almeno in questo angolo d'Europa, fino a quando, nel 1991, non furono aperti gli archivi del KGB e da allora iniziarano a circolare molte informazioni sul suo conto. Per trasformare lo studio iniziale in una vera e propria drammaturgia sono occorsi più di due mesi di labor limæ, di riduzione e di sintesi di un pensiero molto vasto, per cercare di rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature.

Quello che lo spettacolo si prefigge è, innanzitutto, mettere l’accento sull’importanza che ebbe il culto dell’icona ortodossa nel pensiero di Florenskij che la individuava come il ponte sacro che collega il trascendentale al nostro mondo: esente da prospettiva ed incompatibile con la pittura rinascimentale e post rinascimentale, l’icona presuppone una metafisica delle immagini e della luce. Ed è a questa metafisica che Florenskij introduce nel suo saggio "Le Porte Regali”, dal quale lo spettacolo prende il nome.

Ben interpretato, in ordine di apparizione, da Andrea Brugnera, Raffaele Ottolenghi, Giordano Agrusta, Patrizia Hartman, Ludovico Rohl, Fabrizio Diomedi, Emilio Berrocal, Amane-Ada Brugnera sulla riduzione drammaturgica di Samuele Chiovoloni e la regia affidata a Francesco “Bolo” Rossini, lo spettacolo cerca di trascrivere in chiave moderna questa narrazione così visceralmente legata al sacro e al trascendentale. Ci troviamo così ad ascoltare la storia politica e religiosa di un uomo tormentato dal Regime che lo ha sempre visto con sospetto fino a farlo giustiziare nel 1937 come contro-rivoluzionario dopo essere stato deportato in Siberia, incrociata tuttavia con la vicenda umana del personaggio, soprattutto sottolineando l’incontro con la moglie, la donna che amerà sino alla morte.

L'insolita location di Palazzo Filippeschi Simoncelli è stata scelta proprio per consentire allo spettatore di entrare nella cella monacale del protagonista, trascinandolo nel cuore della narrazione, nell’ambiente semplice, arredato solamente con un letto a castello e con un'icona russa, lavorata costantemente da un artigiano che probabilmente impersona Rublev, il più grande pittore di icone russe. Il pavimento è invaso di carta, ricoperto di pagine di libri strappate. Ci si trova ad osservare intimamente la messa in scena, quasi come la si sbirciasse da una porta socchiusa.

Appare, inoltre, Trotzkij con un elmetto di plastica e un'accetta, nell’atto di uccidere Florenskij, alludendo anche al contesto contraddittorio della Rivoluzione Russa, dove anche chi ne ha preso parte ne diventa addirittura nemico. Lo spettacolo ha un sostrato mistico che lo accompagna, come se in qualche modo ci fosse un aspetto spirituale della storia spirituale d’Europa. C’è un forte rispetto della tradizione, poiché l’area di San Giovenale è stata molto spesso utilizzata come luogo adibito per la rappresentazioni pubbliche di Arte e Fede, nel periodo fra il XIII ed il XV secolo, richiamando alle forme di sacra devozione del Laudario Orvietano, nei suoi cicli di narrazioni.

La chiave di volta - in grado di aprire menti e porte - è proprio il tentativo di riportare aspetti della tradizione nell’attualità, creando nuovi episodi e personaggi.

Per ulteriori informazioni:

Associazione Culturale "Kamina"
Via Maitani, 3 - Orvieto (TR)
0763.340162 - 329.1911512
kaminateatro@gmail.com
www.kamina.it

Foto: Vincenzo Stracca

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