Le ispirazioni del Giardino di Villa Cahen incantano il pubblico dell'ISAO

Un gioiello del Liberty, protetto da crinali boscosi. Nata intorno al 1880, la Villa della Selva lega il suo nome al ricco finanziere di Anversa Édouard Cahen. E la sua fortuna, al verde che la circonda, documentato anche nel volume "Les Jardins des Duchêne en Europe". "Le ispirazioni del Giardino Cahen ad Allerona: dal Rinascimento al Giapponismo" sono state oggetto dell'annunciata conferenza - l'ultima dell'anno accademico 2016/2017 - dell'Istituto Storico Artistico Orvietano, tenutasi venerdì 26 maggio nell'Auditorium di Palazzo Coelli, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.
"Grazie alla famiglia Cahen – ha ricordato l'architetto Alberto Satolli, presidente dell'ISAO – a cavallo del '900, Orvieto e il suo territorio furono al centro delle allora più recenti tendenze europee in tema di architettura del paesaggio. A progettare il giardino di Villa Cahen, ad Allerona, furono Henri Duchêne e suo figlio Achille, veri e propri maestri del passaggio della progettazione dal classico giardino all’italiana e all’inglese a tendenze più naturalistiche mediate dalle nuove scoperte e comprensioni dei giardini orientali, specialmente giapponesi.
Alla Selva di Meana, i Duchêne proposero un prototipo assoluto di giardino di ispirazione nipponica, non isolato, ma inserito in una serie di 'esperimenti' che vanno dal tradizionale e geometrico giardino cinquecentesco al naturalismo che si inserisce nel paesaggio delle selve attorno alla gola del Paglia con una scorrevolezza di immagini il cui metodo è difficilmente rintracciabile in tempi recenti". Nel merito, è entrato Marco Maovaz del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici dell'Università degli Studi di Perugia.
"Quando sono stato contattato per sapere se potesse esserci un collegamento tra i miei studi sul giardino e Ippolito Scalza – ha esordito – mi è venuto in mente il giardino dell'Orvietano a cui sono più legato. Villa Cahen e la 'fortuna critica' di Scalza condividono stretti legami con un importante fenomeno culturale come lo storicismo, ovvero la tendenza a studiare gli stili passati, e a riproporli, che si è sviluppata tra la fine del '700 e tutto l'800 collegandosi con l'erudizione settecentesca e con la successiva consuetudine romantica dell'esaltazione delle glorie locali.
Le vicende della villa sono legate al 'ramo italiano' dei Cahen, costituito da Édouard e dai figli Teofilo Rodolgo ed Ugo, e si svolsero durante quello che viene considerato uno dei periodi storici più felici di sempre: la Belle Époque. Le pennellate di Renoir introducono ai rapporti tra i Cahen e il mondo culturale dell'epoca. A lui, infatti, dobbiamo i ritratti dei Cahen 'parigini': Albert (fratello di Louis, apprezzato musicista, allievo e amico del 'concittadino' belga Cézar Frank e della pianista Wilhelmine Clauss), Irene, Alice ed Elisabeth (figlie di Louis).
Anche il ramo romano aveva le sue frequentazioni culturali. Ne 'Il Piacere', Gabriele D'Annunzio descrisse una Cahen d'Anvers come massimo esempio di eleganza mondana. La tenuta di 6000 ettari, che Édouard acquistò nel 1883 tra Allerona e Acquapendente fu quasi un 'ritorno alla terra'. Si affezionò a tal punto alla sua nuova proprietà che decise di costruirsi un mausoleo neogotico all'interno del Bosco del Sasseto. In seguito alla sua morte, la tenuta fu divisa tra gli eredi: Teofilo Rodolfo che prese il versante laziale con il Castello di Torre Alfina – già di proprietà dei Monaldeschi Della Cervara e per divisione ereditaria passato agli Sforza – ed Ugo che prese il versante umbro per costruirvi la villa attuale.
I Duchêne furono gli araldi dello stile francese, ma non rinunciarono a confrontarsi con altri stili, come vedremo ad Allerona. Oltre che in Francia, lavorarono anche in Italia, Svizzera e Olanda, Spagna, Germania, Russia e Inghilterra. Tra i 'marchi di fabbrica' dei progettisti ritroviamo le terrazze panoramiche con bordi o balaustre sagomate in pietra e un motivo decorativo delle siepi che fu riprodotto nella maggior parte dei giardini realizzati, Allerona compresa.
Il sodalizio tra i Cahen e il giovane Duchêne fu quanto mai proficuo. A cavallo tra XIX e XX secolo, i Cahen commissionarono tre giardini. Il più famoso, il Castello di Champs sur Marne, l'antica residenza della marchesa di Pompadour, acquistata dai Cahen alla fine dell'800, che pochi anni dopo incaricarono il progettista di ricostruire il parco in stile francese. Il castelletto, uno dei più belli di Francia, è attualmente residenza presidenziale. Il secondo gruppo di giardini fu commissionato dal ramo italiano dei Cahen.
Per il Castello di Torre Alfina, Achille progettò dei semplici giardini formali attorno al castello ma sopratutto sistemò, con incredibile sensibilità, il vicino Bosco del Sasseto, che partiva dal castello e arrivava al Paglia sottostante. Per collegare il versante umbro a quello laziale, i Cahen costruirono un ponte sul Paglia, un fiume che Scalza conosceva bene avendolo misurato per contribuire allo studio dell'inondazione di Roma nel 1598. I ponti Cahen non hanno avuto molta fortuna: demolito quello sul Tevere, demolito quello 'storico' sul Paglia e spazzato via da un'inondazione quello realizzato ex novo nel 2012.
Fu costruita ex novo da Ugo Cahen, figlio di Édouard, prima del 1906 anche la villa. La particolarità è quella di essere organizzata come un giardino tematico, dove Ugo Cahen volle ricreare attraverso i giardini, delle suggestioni geografiche, storiche e botaniche. Non era la prima volta che Duchêne affrontava una questione del genere per le famiglie d'oro: un anno prima, nel 1905, era stato chiamato dai Rothschild Ephrussi per progettare un parco simile a Cap Ferrat, in una delle ville simbolo della Costa Azzurra. Sempre Duchêne venne interpellato dal banchiere Albert Kahn per portare a termine il suo giardino suddiviso in zone con ispirazioni storiche, geografiche e botaniche.
La zona che circonda la villa di Allerona fu sistemata con un giardino all'italiana che conserva ancora la planimetria originaria, decorato originariamente con diverse statue che provenienti da Villa Altoviti e, ancora prima, da Villa Adriana a Tivoli, sono state acquistate dal Metropolitan Museum of Art di New York. Questo parterre attorno alla villa testimonia di nuovo la sensibilità di Duchêne, che nei giardini francesi ripropose le sistemazioni del Grand Siècle, ma in questa villa citò i più antichi giardini formali dei tempi di Scalza. Di grande impatto, nel parco, è tuttora la vista spettacolare che abbraccia l'antica tenuta di Édouard fino a Torre Alfina. Andando verso ovest, Duchêne costruì una piccola zona all'inglese che è seguita dal giardino giapponese. Ad oggi quello di Villa Cahen risulta essere il primo giardino giapponese 'moderno' realizzato in Italia.
C'è, in realtà, un precedente: quello del giardino giapponese di Villa Melzi, sul Lago di Como, ma quello di Cahen è il primo giardino italiano nato sulla scia del giapponismo, ovvero quella corrente del gusto che si sviluppò in seguito ai primi contatti diretti con il Giappone avvenuti dopo il 1853. All'interno della villa, erano conservate porcellane cinesi e lacche giapponesi insieme a bronzi tibetani, nepalesi e birmani, spettacolari smalti cinesi di provenienza imperiale. Molto venne poi venduto all'asta nel '34 e negli anni '60 venne diffuso un catalogo. Per quanto riguarda gli esterni, Ugo e Duchêne realizzarono una sistemazione in stile collinare, denominata 'Tsukiyama', adatta ai grandi parchi e caratterizzata da sentieri tortuosi e diverse visuali. Fu questo lo stile adottato in molti altri giardini realizzati in quegli anni, come quello di Tully, in Irlanda, e Cowden, in Scozia, nel 1907.
Arriviamo così all'ultima zona 'esotica' del complesso: quella delle serre tropicali. Prima della vendita del complesso negli anni '20 del '900 le serre erano ben quattro, due di legno e due di ferro. Ne rimane una, un bell'esempio della cosiddetta 'architettura degli ingegneri' che portò all'edificazione di monumentali complessi nel corso dell'800. Le piante tropicali erano una delle grandi passioni della Belle Époque, dall'Africa centrale, dal Sudamerica e dall'Asia arrivarono in quegli anni moltissime nuove specie.
Il rilassamento dei costumi tipico della Belle Époque francese trovò del resto terreno fertile nei giardini: statue di eccitanti ninfette si diffusero in tutta Europa, e diventò irresistibile per molti artistocratici e nuovi ricchi collezionare un fiore che richiamava la sessualità femminile. Lo scrittore e storico John Ruskin condannò le orchidee definendole come 'apparizioni lascive'. I due Cahen 'italiani', Ugo e Teofilo, si salvarono e morirono senza discendenti nel dopoguerra. La villa, venduta da Ugo negli anni '20, si salvò anch'essa e col suo parco sta a testimoniarci l'utopia di un mondo più tollerante che, sognato dai Cahen più di un secolo fa, speriamo si realizzi prima o poi".
A margine della presentazione, è intervenuta la vicesindaco di Allerona Maura Gilibini che ha sottolineato come la villa e il suo giardino, insieme, costituiscano un "luogo incantato, e ambivalente, una presenza per l'intera comunità carica di splendore che vorremo poter rendere fruibile e far conoscere". "Il Comune – ha detto – non ne è mai stato gestore e ha tutto l'interesse a valorizzarlo, superando difficoltà. Negli anni, ci sono state vicende alterne nei rapporti con i proprietari pubblici. Ultimamente, però, un maggiore dinamismo ha permesso di effettuare visite. Non ultima, quella del 2015 in occasione delle Giornate FAI di Primavera. Il rilancio turistico del nostro territorio passa anche per il recente ingresso nel club de 'I Borghi più belli d'Italia'".
Marco Sciarra, infine, in rappresentanza dell'Associazione "Comitato Cittadino dei Quartieri" ha offerto un'anteprima della quinta edizione di "Orvieto in Fiore" presentando i bozzetti delle infiorate dei quartieri che saranno realizzate nella mattinata di sabato 3 giugno in diverse piazze e chiese cittadine.

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