cultura

IL VECCHIO ALBERO

mercoledì 16 giugno 2010
di Morgana Animobono

Sono arrivata al Duomo, dopo lunghe ricerche con la mia amica per trovare qualche gruppo turistico, o almeno un luogo dove è probabile incontrare qualcuno di insolito. Vedo una giapponese, mi colpisce perchè ha i capelli stralisci e anche perchè indossa delle zeppe multicolor, sulle quali non riesce a stare, perciò cammina come un pinguino sul ghiaccio che sta per essere sbranato da qualche creatura polare; la ragazza scompare poco dopo, nella Cattedrale.
Devo trovarmi un altro soggetto.
Poco dopo, la mia amica scorge una tizia, con i capelli bianchi e lanosi, che mi ricordano una folta palla da discoteca anni Sessanta.
Si mette a seguirla, e io dietro a lei, nella speranza di trovarmi qualcun'altro che non fugga.
Ma non vedo nessuno, se non un tipo dai calzoncini arancione fluo.

Poco dopo, noto un signore.
Questo sì che è interessante. Inizialmente, rido guardandolo. Si mette al tavolo della signora coi capelli lanosi, assieme alle sue compari, una grassa dai capelli grigio topo e un'altra dai capelli rossi. Si aggiunge anche un tipo semipelato. Le signore, che sono le uniche che riesco ad udire, hanno un accento del nord.
Mi avvicino; l'uomo, non mi fa più tanto ridere: ha il volto scavato con la pala e il forcone dagli anni ormai seppelliti sotto una moltitudine di rughe, che gli si annodano attorno alle mani e al viso. Gli occhi, sembrano piccoli buchi neri nelle crepe rosa. La bocca è fine, tremolante e di uno strano colorito rosso-blu.
Mette un po' di inquietudine a guardarlo. Indossa una specie di giacca elegante grigia, e i pantaloni del medesimo colore, con intonati degli spessi calzini bianchi, che probabilmente coprono i deboli piedi consunti. Le scarpe sono mocassini neri, nuovi. Questo mi fa pensare che è un tipo che non indossa spesso quel genere di vestiti. Probabilmente, voleva farsi bello, per questa gita in una città d'arte, che magari aveva gia visitato anni prima, con sua moglie e i suoi figli. Ora, sua moglie forse è morta, e i figli grandi, avranno a loro volta altri figli, di cui lui stesso dovrà occuparsi, nipoti che deve andare a prendere a scuola nei giorni in cui la madre ha il turno lungo e stacca tardi.

La sua aria, diffidente e tremendamente fragile, mi fa pensare a uno che nella vita ha dato tanto, si è divertito, e che ora non ha assolutamente intenzione di esporsi più al mondo.
Le signore e l'omino semi-pelato parlano ancora, mentre lui si limita ad osservarli.
Il dettaglio che mi ha attirato inizialmente è un cappello, di quelli con le orecchie, blu. L'amico fa un commento "Che, ti sei messo il cappello da pilota oggi?"
poi, riesco anche a sentire il suo nome: "Sergio".
Il fratello di mia nonna si chiama Sergio, ma non è assolutamente come lui, anzi: un po' orso, ma uno che si diverte ancora alla sua età.
Invece questo si limita a boccheggiare di tanto in tanto. Si porta la mano alla bocca e, ogni tanto, tira su un pezzo del coprifronte del cappello.
Ogni volta che la tipa dai capelli a palla fa un commento su qualcosa che non le va, lui si gira verso di lei, e la fissa; non sono affatto rare le volte che compie questo movimento, per poi tornare a fissare l'indescrivibile nulla.

Al tavolo, una cameriera gli consegna una Schweppes: a lui, all'amico e a quella con i capelli rossi, mi pare. Invece a quella con la chioma folta e alla signora dai capelli grigio topo porta un thè freddo.
Il mio uomo si porta il bicchiere con dentro l'acqua tonica alla bocca, piano piano. Così riesco a vedere la mano decrepita. Fa anche un certo senso: la pelle bianca di chi ha paura ad esporsi troppo al sole, e le vene. Blu e rosse, lunghe vene che partono dalle dita ossute e vanno a finire su, per il braccio. Tanti serpentelli colorati, fra la sabbia. Le dita gracili, mi ricordano quelle di uno scheletro a grandezza naturale che avevo visto in un negozio.
Presa una sorsata, non troppo perchè altrimenti potrebbe ricominciare quell'interminabile tosse, dovuta al freddo, che lo ha accompagnato tutto l'inverno, senza mai mollarlo, annuisce. Comincio a pensare che sia muto, perchè dopo circa venti minuti di conversazione non ha spiccicato un monosillabo.
Magari, oggi ha mal di gola, e così se ne sta zitto, nella speranza che il formicolio passi. Oppure, è semplicemente annoiato dalle chiacchiere da donna che conducono le amiche al tavolo.

Finalmente, l'uomo mi lancia un'occhiata fugace: credo si sia accorto di me. Comincio subito a fare un commento ad alta voce, di come sia difficile disegnare il Duomo, per smontare le sue convinzioni. L'uomo sente, ma continua a fissarmi, testardo, con quei suoi due occhi. Mi fa pensare tanto ad un vecchio albero, nodoso com'è. Poi, si gira a guardare la cameriera, che torna da loro a chiedere il conto. L'amico estrae un borsello e comincia a tirare fuori monetine da cinquanta e venti centesimi. Ne estrae uno alla volta, finchè la cammeriera, soddisfatta se ne va. Lui non si muove ancora. Sento dire dalla tipa coi capelli da alano che tra un po' se ne andranno. Si alzano tutti, tranne lui, che rimane pacificamente seduto. Forse vuole rimanere un altro po', ma io mi agito e decido subito di cambiare angolazione. Non voglio che il vecchio si alzi, al solo pensiero ho paura che con tutto il vento che c'è voli via. Arriva un altro uomo, e tutti si risiedono: lui si toglie il cappello. Ha dei capelli bianchi, vellutati e uniformi per tutto il cranio.
Una donna si decide a rivolgergli la parola, ma sono troppo lontana, non riesco ad udire la sua risposta!
"Lei beva tranquillo e dopo noi gli diamo il braccio! Capito?" ma l'uomo scuote la testa. Non vuole l'aiuto di una donnicciola.

E finalmente si degna di dare una risposta, io lo vedo muove le labbra, arranco verso di lui, curiosa e sicura che questa potrebbe essere la volta buona.
Poi un suono: "Dong! Dong!" e la sua voce viene coperta dalle campane.
Finito il suono, sento dire dalla tipa "Settemila euro? Ma scherzemo!?" quando la signora pronuncia "scherzemo" io e la mia amica ci guardiamo ridacchiando.
Il soggetto, parla, con voce tenue. Mi avvicino e smette. Poi, lo sento dire finalmente "no". Una voce di tono bassa, tremulante e chiara.
Finalmente finisce la Schweppes, inforca il cappello e solitario, senza l'aiuto di colei che gli aveva offerto un braccio, si alza, per dimostrare che nonostante abbia fatto tutto quello che avrebbe voluto fare nella vita, e finalmente giunto ad un suo traguardo personale nella decisione di non rischiare più cose come quelle, può ancora farle: insomma, mica è stupido! E per confermare, comincia a camminare, veloce. Questa non me la aspettavo proprio. Cammina un po' sbilenco verso destra, a dir la verità, ma molto veloce. Mano a mano, il vento lo investe. Fa qualche passo, gesticola un'ultima volta, poi molla una pacca alla signora, come per dire addio a me, che per tutto questo tempo sono stata a guardarlo. Io comincio a ridacchiare, mentre si allontana, recuperando un'energia quasi solare. Non lo rivedrò più, ma probabilmente mi ricorderò di lui, quando diranno "turista italiano". E' stato molto bravo, alla fine ero anche tentata di passargli accanto e sorridergli, ma se c'è una cosa che ho capito dal suo sguardo è che ogni individuo ha la propria strada, solitaria forse, ma va fatta e sopratutto, ogni persona deve arrivare incolume e saggia alla fine.
Finalmente se ne va nel turbinoso vento.


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