cultura

Piccola storia del tè

venerdì 25 febbraio 2005
di Laura Ricci
Esistono molte leggende sul tè che, sebbene sia una pianta originaria dell’India, ne consegnano l’utilizzo e la diffusione piuttosto alla Cina. La più antica narra che, nell’anno 2737 a.C., l’imperatore Chen Nung, dopo aver ordinato alla servitù di bollire l’acqua per le cucine, si sedette sotto un albero per sorvegliare l’operazione. Alcune foglie della pianta, trasportate dal vento, caddero in un recipiente: fu così che l’imperatore bevve, per caso, il primo tè della storia, trovandolo di ottimo gusto e di effetto euforizzante. Sulle qualità stimolanti del tè insiste anche una leggenda più tarda, che narra come il monaco buddista Bodhidharma, assalito dal sonno durante gli esercizi religiosi, si strappasse le palpebre per non addormentarsi: nel punto in cui le gettò spuntò un albero con le foglie sempreverdi e, mangiandone, il monaco scoprì che annullavano la stanchezza.
Eppure sarà bene ricordare, più realisticamente, che nel tè caffeina e tannino sono antagonisti, tanto che è eccitante se le foglie vengono lasciate in infusione due minuti, ma non lo è più se riposano fino a cinque: perché, a quel punto, il tannino neutralizza la caffeina.
Per tornare alla storia del tè, le prime testimonianze attendibili, dello studioso cinese Kuop’o, risalgono al secondo secolo d.C.; ma l’epoca in cui il suo consumo diventa veramente diffuso è quella della dinastia Tang in Cina (618-907), quando il tè viene oltretutto idealizzato, fino a diventare una vera e propria bevanda di culto. La setta buddista degli Zen elaborò, successivamente, un complesso cerimoniale e, a partire dal 1191, lo diffuse anche in Giappone.
In Europa i primi carichi di tè arrivarono ad Amsterdam nel 1610, con i mercantili della Compagnia delle Indie. Contemporaneamente, dato che durante il viaggio in mare il tè perdeva alcune sue qualità peculiari, si sviluppò anche il trasporto via terra, a mezzo di carovane: un viaggio pericoloso, che durava diciotto mesi e portava il tè dall’estremo oriente, attraverso la Siberia, fino alla Russia. Nella seconda metà del secolo, Caterina di Braganza, moglie di Carlo I, introdusse l’uso del tè alla corte inglese ed il successo fu enorme. Oltre ai nobili, poeti, intellettuali, artisti divennero fanatici bevitori di tè e l’uso si estese anche alle altre classi sociali. Nel 1717 Thomas Twining fondò un negozio dove si vendevano tè sfusi, aperto anche alle donne, che ne diventarono anch’esse appassionate e consolidarono la moda, inventata dalla duchessa di Bedford, del “tè delle 5”.
In Russia la grande tradizione del tè comincia nel tardo secolo dodicesimo, con un particolare modo di prepararlo: a più riprese, con due teiere, una più grande per l’acqua calda e una più piccola per l’infuso, più il samovar, per avere sempre acqua calda a disposizione; nelle pagine di Cechov e di Dostojevskij il samovar è una presenza familiare della vita quotidiana.
Oggi, in Europa, Irlanda e Gran Bretagna conducono i consumi, con quasi 4 chili di tè a testa. In Italia il consumo, di 75 grammi a persona, risulta in aumento.

C'è molta sapienza nel rito del tè, non per nulla viene dall'oriente, dove la cerimonia, nella sala rigorosa ed essenziale, si prolungava per circa quattro ore, dopo che gli ospiti, percorrendo simbolicamente un viottolo, si erano lasciati alle spalle il loro mondo quotidiano ed entravano in un mondo altro di pace e di armonia. È la sapienza del presente; libera, per qualche attimo, dall’ansia e dalla corsa verso il futuro. E gli inglesi, più di altri, hanno saputo coglierla. Di fronte a una piccola o grande catastrofe, un/una inglese inevitabilmente ti dice: "Come on, have a cup of tea together"!
Può sembrare superficiale, fa sorridere....E invece significa...."fermiamoci un attimo insieme, i minuti possibili per una tazza di tè; e prendiamo, in questo presente insieme, la forza e l'amore per continuare la nostra affannata vita".

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