sport

"Ancellotti mio riferimento". Parola di Antonio Rizzolo che lo ha avuto avversario e allenatore

mercoledì 8 maggio 2024
di Roberto Pace

Per il pomeriggio del commiato ci sono i dolci della signora Luisa (consorte di Zenga), la pizza offerta da Marcellino e la bevuta, omaggio di Fabrizio Paradiso prezioso uomo tuttofare. Rizzolo, dopo aver annunciata la sua presenza in campo per l’immancabile partitella, si rimangia la parola preferendo seguire i suoi ragazzi dalla panchina. Parlando di ragazzi, Alessia e Davide, figli del tecnico, erano spettatori nella gara con il Livorno.

Chissà, forse il papà si sentiva certo di un loro tornare a casa con sorriso.
"Lo speravo, avendo sempre viva la speranza che tutto si sarebbe concluso come poi è finita".

Eserciti la professione da diverso tempo. Dopo tante esperienze in club professionistici, anche di fama, hai accettato la guida dell’Orvietana in un momento della stagione molto delicato per i biancorossi. Quello, appena concluso, è stato il tuo primo incarico in Serie D.
"Con i dilettanti ero stato soltanto a Città di Castello, ai primordi della carriera. In seguito, solo serie B e C, come secondo o allenatore della Primavera. Posso dirti di non aver sofferto l’impatto in un campionato dove giocano tanti under, le rose sono composte da giocatori comunque giovani permettendoti di instaurare un rapporto abbastanza simile a quello avuto in precedenza con i ragazzi della Primavera".

Quasi cinque mesi di gestione quasi sempre votati all’ottimismo. Adesso che tutto si è felicemente concluso ci racconti se e quando avete temuto per tale stato d’animo se sopravanzato dal clima di sfiducia?
"Il mio ottimismo non è mai venuto meno. Confesso, però, di aver vissuto due momenti negativi, anche se, il secondo ha poi dato il la a riscontri positivi. Una prima volta alla terza di ritorno, allorché, prima di ricevere il Seravezza avevamo preso un solo punto in cinque partite. Altro motivo di preoccupazione la pesante sconfitta in casa con il Poggibonsi, una partita nella quale siamo andati veramente male. All’indomani ci siamo riuniti, guardandoci negli occhi. Abbiamo parlato francamente, chiarendo tutti i dubbi. Ritengo essere stata l’occasione per un ricompattamento generale. Dopo la riunione eravamo tutti convinti che c’era soltanto da lavorare di più e meglio (7 punti nelle tre partite successive)".

Ho avuto modo di seguire diversi allenamenti sentendoti ripetere, per tante volte, la parola "bravo", anche in situazioni nelle quali pareva fuori luogo. Fa parte del tuo sistema?
"Se lo ho detto sicuramente lo pensavo. In quei momenti devi scegliere fra due linee: quella dura e inflessibile nella quale non mi riconosco o l’altra, cui sono sempre stato abituato da giocatore e allenatore, morbida nella gestione dei giocatore nel frangente, altrettanto decisa quando vai a spiegare l’errore e pretendi facciano meglio. Bisogna sempre essere attenti a calibrare gli interventi, valutando bene i momenti della stagione nei quali affondare o meno con i richiami. Comunque, ciò che non deve mai mancare è l’incoraggiamento. Nel calcio, come nella vita in casa e fuori, non è corretto infierire contro chi commetta un errore. Non lo vedo un buon sistema educativo. Va spiegato in che cosa abbia sbagliato, invitandolo ad avere la forza e il coraggio di fare bene".

Un po’ meno autorità e maggiore autorevolezza. In questo senso mi è parso tu sia particolarmente efficiente.
"Per gestire un gruppo, e ti dico che non è facile, conta moltissimo la coerenza. Si può anche arrivare all’urlo, purché si rimanga schietti. Spiego le mie decisioni, che possono piacere o no, credendo e siano quelle giuste, sempre e comunque nell’interesse generale. Il mio mestiere porta a fare delle scelte e sono certo che i ragazzi ne abbiano sempre apprezzata la coerenza. Dico anche, che sotto questo aspetto la squadra abbia apprezzato il proprio allenatore".

Nelle tue carriere, da giocatore e tecnico, ci sono stati o hai personaggi di riferimento?
"Carlo Ancellotti, senza ombra di dubbio. Ci siamo incrociati sul campo, prima di essere il mio allenatore per una stagione. Per me un allenatore deve essere come lui, sia nella gestione, come nel modo di relazionarsi con i giocatori. Sa come porsi, non usa mai parole sbagliate. A queste preferisce sempre quelle di conforto. Poteva dirmi <hai sbagliato>, spiegandoti subito dopo l’errore e la maniera per non ripeterlo. Le frasi da lui dette erano prive di rancore e tu capivi come fossero dette soltanto a fin di bene".

Tu, insieme al fedele Enrico (Zenga), avete stabilito un piccolo record (pronto a correggere se sbaglio). Essere gli unici due allenatori, orvietani doc, ad aver salvato l’Orvietana nel campionato di Serie D.
"Eh, sì. Enrico rivendica spesso questo particolare. Ne sono felice, ma non per 'amor di patria'. Chiaro come, tutti e due ci sentissimo carichi di tale responsabilità. Guidare la squadra della propria città mi riportava ai tempi in cui, da bambino, andavo al vecchio Via Roma a seguire le partite m’è apparso come un sogno realizzato. Avevamo piena coscienza delle aspettative che potevano essere deluse, sapevamo dell’iniziale scetticismo con il quale eravamo stati accolti 'allenatore che ha fatto solo settore giovanile, l’altro con zero esperienze nella categoria'. Oggi sono e siamo felici per aver sfatato l’altra massima 'Nemo propheta in patria', oltre che, per aver potuto dimostrare come, con il lavoro nessun traguardo sia precluso".

Un allenatore cinquantacinquenne, festeggiati da pochi giorni, sogna ancora di arrivare su panchine più prestigiose?
"Lasciamo perdere quelle prestigiose. Se, invece, parliamo di occupazioni migliorative sul piano professionale ti risponderei di sì. Ma questo c’entra poco con la categoria. Nel mio caso la chiamata a Orvieto ha significato il coronamento di un desiderio che avevo da molto tempo. Confesso che, anni fa c’era già stato un contatto. Non vi fu un seguito e ne rimasi deluso. Dunque, per me, quello di adesso è un grande traguardo. Il mio desiderio è quello di lavorare in situazioni dove riesco a star bene con gli altri e con me stesso, a lavorare tranquillo in un clima di fiducia nei miei riguardi. Capisco benissimo che tutto ciò dipende dai risultati per i quali metterei sempre il massimo dell’impegno".

Facciamo una bella cosa. Ti sottopongo la lista dei giocatori e dello staff attuale e mi metti una crocetta sui tuoi desiderata, naturalmente partendo dal tuo nome:
"Al primo colloquio con il Presidente Biagioli ricordo di non aver fatto richieste particolari. Per stringere il discorso, dissi della mia disponibilità ad essere messo alla prova rinviando i ragionamenti su condizioni, riconoscimenti, rinnovo ecc. a salvezza raggiunta. Fare i nomi dei giocatori non mi piace, ti dico, però, di avere la quasi certezza che, questa rosa ha potenziale e valori per disputare un campionato certamente meno sofferto di quello che si è appena concluso. Non penso a lottare per le prime poltrone, ma alla conquista dei punti mancanti per concludere la stagione con una salvezza tranquilla com’era nei progetti della Società".