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Francesco Manoni, la famiglia, gli amici, il paese, la fidanzata e la politica ma fino a domenica pensa solo all'Orvietana

giovedì 2 maggio 2024
di Roberto Pace

Al suo arrivo, rispondendo a precisa domanda, si dichiarò centrocampista esterno con esperienze da mezz’ala. Ricordò, però, come in alcune esperienze alla Lazio, settore giovanile, il tecnico d’allora, Simone Inzaghi, lo avesse tenuto quale Jolly, da utilizzare in più zone del campo. Nel corso dell’attuale stagione ha attraversato una buona fetta dell’alfabeto dei ruoli, compresa la panchina e il rischio di dover lasciare in anticipo la compagnia a causa di qualche cartellino di troppo. Ha incassato tutto senza battere ciglio, convinto e speranzoso dell’arrivo del suo momento. Mai uno scontro, piuttosto un confronto, comunque civile, si trattasse di cambi di ruolo, minutaggi abbastanza corti, sedute in panca o qualche rimprovero.

Anzi, Francesco Manoni è tra i meglio integrati nel sistema Orvietana, pronto a sorridere e a legare molto bene con i compagni e gli addetti ai lavori. L’andare per il campo lo fa ritrovare, adesso, terzino, posizione cui nemmeno Farris aveva pensato. Come suo costume non ha fatto storie. E, con il nuovo numero, sta facendo molto bene. Corre, recupera, contrasta, mettendo in bella mostra quegli attributi che servono nelle situazioni di emergenza.

Ad oggi assegni valore positivo al percorso fino a ora compiuto?
"L’amore per il calcio è fatto di tante componenti. Una di queste si chiama sofferenza e chi, come me, ama questo sport nel profondo deve essere preparato per ogni evenienza. Saper soffrire incrementa il bagaglio di esperienze e serve quale insegnamento per il futuro. Importante è l’agire con onestà intellettuale in tutti i momenti di confronto che possono capitare con un compagno, l’allenatore, Direttore sportivo e altri. Raffronti nei quali bisogna sempre porsi nel modo giusto se vuoi trovare la soluzione soddisfacente. All’Orvietana, fin dall’inizio, abbiamo sempre lavorato al conseguimento di due obiettivi primari, salvezza e unione fra noi. Sono le uniche cose vere che contano e dobbiamo proseguire su tale linea fino all’ultimo secondo di ogni partita".

Ritiene ancora giusta la scelta fatta a suo tempo di vestire la maglia biancorossa?
"Alla prima telefonata risposi subito affermativamente e non mi sbagliavo. Siamo circondati da persone che manifestano e trasmettono un grande affetto per i colori. La città e gli orvietani sanno dare l’affetto che meriti. Maggiore se dai loro ciò che si aspettano e altrettanto una leggera disaffezione se questo non avviene com’è giusto che sia e senza mai trascendere. Io ci sto da Dio, continuo a credere nella salvezza e spero di rimanere".



Rimanere in Serie D passa per quel dare qualche cosina in più nell’ultima fatica. Quanto fatto, pur di discreto pregio come a Grosseto potrebbe non essere sufficiente...
"Tu m’insegni che qualunque cosa è perfettibile. Per noi, quasi tutti, il calcio è una professione e penso sia normale cercare di fare al meglio il nostro dovere. Credo che, fino a oggi, ognuno abbia dato quello che aveva. Alle volte non è stato sufficiente e ne siamo consapevoli. Vero, altrettanto, che strada facendo siamo cresciuti e questo ci da forza per crederci. Siamo un gruppo ben amalgamato, e sono certo di non parlare a vanvera, pronto a dar fondo a ogni risorsa per battere il Livorno. E attendo altrettanta regolarità dagli altri campi".

È nato e vive a Bassano Romano, dove ricopre la carica di consigliere comunale. Un modo, ci dice, per manifestare l’affetto che lo lega al paese e alla sua gente. Come quello che lo unisce alla famiglia, il padre, la madre e i tanti cugini che considera fratelli e insieme ai quali condivide buona parte della vita quotidiana. Mostra un rispetto profondo per i suoi genitori, apprezza quanto fatto dagli stessi per trasmettergli i valori della famiglia, così come è consapevole dei numerosi sacrifici fatti in passato per assecondare la sua passione per il pallone.

A casa predominano i colori nero e azzurra. Mette il papà nella categoria "tifosi", mentre, per lui, sceglie quella dei "simpatizzanti", lasciando un piccolo spiraglio di affetto per la Lazio. Società, laddove è cresciuto calcisticamente, dopo lo svezzamento nelle squadrette del paese e un passaggio nelle giovanili della Viterbese. In biancoazzurro lo ha portato Cesar, già gloria brasiliana di Lazio e Inter.

In quegli anni, Francesco fa, anche, parte di formazioni giovanili gestite da Simone Inzaghi. Da lui definito "persona speciale, ancorché umile", nonché artefice della prima convocazione, quale aggregato alla prima squadra nel ritiro di Norcia. Con l’ex tecnico, a distanza di anni, continua a sentirsi, com’è accaduto qualche giorno fa, dopo la vittoria dell’Inter nel campionato. Il suo percorso calcistico prosegue con tappe a Viterbo, Monterosi per tre stagioni, Nocera Inferiore "dove c’è gente meravigliosa", Ladispoli e Cassino.

"Se avessi avuto la forza di staccarmi un po’ prima dal paese, dalla famiglia, dagli amici, è probabile che il mio percorso poteva essere diverso" ammette. Lo fa senza punte di rammarico "perché, in quei momenti, a guidarmi erano cuore e testa. Perciò non ho rimpianti". Ne esce un bilancio positivo dei suoi primi ventisette anni “mi sono tolto diverse soddisfazioni” e conta su piacevoli sorprese per i prossimi. Laureando in Giurisprudenza, con l’altra metà che sta nel suo cuore, anch’essa di Bassano: "Sono fidanzato con la ragazza che era stata, fin da piccola la mia amica più grande. C’abbiamo messo un po’ a rendercene conto. Mi ritengo fortunato che ciò sia accaduto".