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Maurizio Cambarau da meccanico a responsabile tecnico del team

venerdì 13 dicembre 2019
di Roberto Pace
Maurizio Cambarau da meccanico a responsabile tecnico del team

Una certezza? Maurizio Cambarau si è già conquistato, di diritto, un posto tra le eccellenze orvietane. Il dubbio? Che non sia ancora all’apice di una carriera importante, avviata a trasformarsi in prestigiosa. Per adesso ha messo in bacheca tre partecipazioni, con podio, alla Parigi-Dakar, una decina di motomondiali arricchiti da innumerevoli successi. Nel ruolo attuale è responsabile del team, sovrintendendo al lavoro della squadra che manda in pista due moto. Un’ascesa progressiva, favorita dai suoi modi, dell’ essere e del fare e dalle indubbie competenze nel mondo del motociclismo sportivo. La sua avventura è iniziata da quasi venti anni.

Un giorno, armato di tanta passione e altrettanto coraggio prese la valigia, direzione Noale, per un primo contatto con l’Aprilia. Fino allora, aveva diviso il tempo libero tra la pesca e le uscite in moto, prima da cross, in seguito da pista. Due discipline che sono o sembrerebbero all’opposto, ma che, a suo dire, servono a completare la persona:” Ancora oggi, a qualsiasi latitudine mi trovi, scappo per andare a fare una pescata. E’ rilassante e ricarica le batterie”. Ha il diploma di Tecnico delle Industrie Elettriche ed Elettroniche, conseguito all’IPSIA di Orvieto, dove, se richiesto, torna volentieri per incontrare i ragazzi.

Accadrà anche in questi giorni, con i suoi racconti che sono una lezione di vita, ai quali gli studenti prestano sempre la massima attenzione. “Il problema è il solito. Quando hai la loro età, è difficile valutare ciò che la scuola ti propone. Te ne accorgi in seguito e recuperare non è semplice. Io, per esempio, non avevo troppa sintonia con l’Italiano. Mi sono accorto, tempo dopo, rileggendo le mail da inviare, dove sintassi e grammatica erano, almeno, penose. Approfittando delle lunghe trasferte, ho ripreso a studiare, ma è stata dura. Altro scoglio la lingua straniera, l’inglese in particolare.

Noi italiani riusciamo a salvarci con i gesti, loro sono più rigidi, con cinque parole spiegano tutto. Capisci quanto fosse difficile per me ascoltare le sensazioni dei piloti dopo i giri di prova. Anche in questo caso l’aereo è servito”. Il fatto è, che da ragazzo, insieme con altri come lui, si parlava tanto di carburatori, modifiche e di tutto ciò che potesse servire a far andare la moto più veloce.

Lo studio finiva per passare in secondo piano, pur riconoscendo – e sorride - che il sapere sulla legge di Ohm mi è stato utile”. Il gruppo di amici, della stessa scuola di pensiero, finiti gli studi, decise di creare un team, il “Gatto Nero”. C’erano, tra gli altri, Giorgio, Luca, Valentino, l’entusiasmo trasudava, ma i risultati non si rivelarono direttamente proporzionali. Fu in quel momento che Maurizio prese la decisione di passare dall’altra parte del muretto. Correre era troppo impegnativo, specie per le poche risorse della scuderia.

Lo interrompiamo un attimo, pensando a Giulio e Tommy, i due giovanissimi orvietani, piloti delle due ruote, alle prese, in questo periodo, con i cordoni della borsa: “ Dico, a tutti e due, di continuare a inseguire il proprio sogno. Magari condensando i programmi su un numero di gare ridotto, ma preparate bene, che diano loro modo di farsi notare, allo scopo di facilitare l’approccio con eventuali sponsor”. A casa Aprilia, in quel di Noale, l’orvietano trovò l’accoglienza desiderata. Fu mandato a Varese, in un gruppo che lavorava al progetto Off-road (fuori strada), specialità alla quale la casa aveva deciso di tornare. Enduro, Motard, Cross furono le prime esperienze corsaiole, culminate con il suo inserimento nella squadra al seguito della Parigi-Dakar.

L’Aprilia RXV 450, guidata dal cileno Chaleco Lopez, alla prima uscita, finì terza, dopo aver condotto, fino alla tappa finale, la gara più massacrante del mondo. “Un’esperienza unica che mi rimarrà per sempre nella memoria – ricorda Maurizio. Noi del seguito, percorremmo 10000 Km in dieci giorni, eravamo sempre in macchina, dormendo, al massimo, tre ore per notte, costantemente preoccupati di aver svolto bene il nostro lavoro. Alla premiazione, toccavo il cielo con un dito, avendo coronato il sogno cullato da bambino, quando acquistavo gli uniposca con impressa la moto della Dakar ”.

A quel punto, la carriera del ragazzo ha già fatto un bel balzo in avanti. Non è più “il meccanico” ma “il responsabile del veicolo”, quello che decideva con gli ingegneri come intervenire sul mezzo. E’ il primo incarico di responsabilità certificata. Al ritorno a Noale, nella sede dell’Aprilia Racing, Gigi Dall’igna, oggi direttore generale della Ducati Corse, inserisce Maurizio nel progetto SBK. L’Aprilia ha stabilito di entrare nel mondiale delle derivate di serie. Il team di cui fa parte studia, prepara e sperimenta tutti gli aggiornamenti che verranno poi montati sulla moto ufficiale, di cui Max Biagi è il pilota numero uno. Dall’esperienza arrivano due titoli mondiali, prima della nuova chiamata, stavolta l’ex meccanico entra nel motomondiale. Siamo nel 2012 e la casa indiana, Mahindra, scende in campo nella Moto 3.

Si parte dal disegno su carta, la moto è tutta da costruire. L’idea lo ingolosisce, si trasferisce in Svizzera, dove ha inizio la nuova avventura. In quel momento Mahindra è già in campo, servendosi di forniture esterne che non danno risultati. La moto nuova, per la quale c’è stata la collaborazione di Maurizio, si piazza terza nel mondiale costruttori, dopo podi e successi. L’ex Gatto Nero si sente realizzato, perché in quel mezzo c’è qualcosa di suo, perché a differenza di quanto succede nella moto GP, in questa categoria è più facile interagire con i tecnici e gli ingegneri. Non sei, soltanto, pedina che si muove a comando, ma stai tra le figure che fanno da traino.

L’esperienza dura cinque anni, prima del ritiro deciso dagli indiani, perché il motore di ultima generazione, non era abbastanza competitivo. Ad Assen, su una delle piste più spettacolari del motomondiale, Cambarau è avvicinato da uno dei responsabili della KTM, casa di origini austriache, che sta investendo miliardi nel mondo delle corse. La proposta è allettante e la accetta.

La chiamata fotografa la considerazione del motorsport nei riguardi del nostro, di cui si era già avuto sentore nell’intervista post gran premio, rilasciata da Marco Bezzecchi, dopo la sua prima vittoria in una corsa del moto mondiale, il GP del Brasile. Bezzecchi, riminese, a quei tempi pilota rivelazione, oggi in Moto 2, mise il nome di Maurizio fra quelli delle persone cui dedicare la sua prima volta: “Lo scorso anno ero nella sua squadra, è stato il mio maestro, da lui ho imparato molto. Una persona veramente speciale”.

Viene spontaneo, non essendo, quello di Bezzecchi un pensiero univoco, chiedere se, in tutto questo, c’entri, in qualche modo il suo passato da pilota : “Ma ti occupi soltanto delle moto o anche dei piloti?”. “C’è sia un po’ dell’uno che dell’altro. Ricordo come mio padre, grande sportivo praticante (ha vinto titoli nazionali e internazionali in campionati militari di corsa e altre discipline), dotato di mentalità vincente, mi trasmettesse i messaggi in maniera burbera e troppo diretta per l’età che avevo. I piloti che gestisco rientrano nella fascia compresa tra i quindici e i venti anni, la mia di quei tempi.

Modificando le poche parole di papà in un’informazione più positiva, la comprensione migliora sensibilmente. Come nel caso dello scozzese Mcfee, ragazzo che non credeva nelle proprie possibilità e arrivato, in seguito, a conquistare due podi. Da capo squadra, Maurizio è arrivato al ruolo di “responsabile tecnico del team”, o persona dell’ultima parola, quella cui spettano scelte e decisioni. Le novità non finiscono qui, ma si dovrà attendere il primo gennaio per conoscere il suo nuovo ruolo e la destinazione. Lui, per contratto, non può dire di più, ma, come sempre accaduto, si tratterà di un nuovo avanzamento.

Siamo ai saluti. Prima, però, desidera mandare un nuovo messaggio agli studenti che incontrerà domani: “Guardate ragazzi, che il vostro impegno attuale è un investimento sul futuro. Lo state facendo per voi stessi. Mettete l’impegno dovuto. Il compenso non sarà istantaneo, ma arriverà in futuro”.