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"Donne che ce l'hanno fatta". All'evento Fidapa le testimonianze di Emanuela, Marcella e Giulia

lunedì 25 marzo 2024
di Federica Sartori

Il titolo dell'evento "Donne che ce l'hanno fatta - Quando una difficoltà diventa opportunità", organizzato dalla Sezione Fidapa Bpw Italy di Orvieto e ospitato sabato 23 marzo al Museo Emilio Greco grazie alla generosa disponibilità dell'Opera del Duomo, non poteva rappresentare meglio la storia delle tre relatrici. Tre donne, tre storie, tre età, tre percorsi completamente diversi, ma con un unico filo conduttore: da un’iniziale difficoltà si sono aperti scenari che probabilmente non sarebbero stati pensati e soprattutto realizzati.

Apre Emanuela Miniati, imprenditrice perugina, Premio Umbria in Rosa 2023 per il Sociale, che racconta come di fronte alla nascita di un figlio con sindrome di down abbia dovuto interrompere la propria professione in ambito pubblicitario che la portava spesso fuori città. Ha virato verso un’occupazione nel mondo del marketing che, insieme all'aiuto dei genitori, le ha permesso di continuare a lavorare e al contempo seguire la crescita del figlio. Quando il suo Filippo è diventato un adolescente, ha cercato per lui la migliore opportunità di studio in prospettiva di un'occupazione lavorativa. La scelta, risultata vincente perché ha centrato in pieno le peculiarità del ragazzo, è stata quella di un corso da mastro cartaio. Facendo tesoro della propria esperienza nel mondo della pubblicità e poi del marketing presso aziende di alto livello, Emanuela Miniati ha avuto l’intuizione di creare un laboratorio per la lavorazione di carta pregiata alla quale vengono uniti petali di fiori, inserendo nell’attività alcuni giovani con la stessa preparazione e passione di Filippo. È nata così Carta in Fiore a Ellera di Corciano, una cooperativa sociale di tipo B che dopo venticinque anni vanta numerosi clienti di prestigio che apprezzano le potenzialità del piccolo gruppo a oggi costituito da diciotto diversamente, ma in realtà molto abili ragazzi, e venti donne che hanno sofferto di problematiche psicologiche o economiche o familiari.

La seconda protagonista del pomeriggio è Marcella Patrizi, imprenditrice, Premio Internazionale di Prodotti di Qualità 2010, nativa di Castel Viscardo fatta partire per Torino appena dodicenne a vivere con la sorella maggiore. I genitori volevano darle maggiori opportunità seppur si trattava di un cambiamento non di poco conto per una bambina. Da un borgo di campagna verso una grande città, dallo studio in una scuola pubblica alla vita in collegio. L’occasione ‘della vita’, tanto causale quanto inaspettata, le si presenta appena diciottenne quando a una cena in cui sono presenti alcuni amici della sorella, qualcuno ipotizza per lei una probabile carriera da modella. Dopo la richiesta di informazioni presso una scuola specializzata, negli anni ’50 è Torino la capitale italiana della moda, l’idea sembra dover naufragare per l’alto costo del corso annuale. La sorella le regala la metà dei soldi necessari. La scuola crede in lei e le accorda l’iscrizione, certa che la giovane Patrizi a fine corso potrà versare il rimanente della quota perché inizierà subito a lavorare. Dopo quattro giorni dalla fine del corso firma il suo primo contratto e da lì inizia la carriera di indossatrice. Poi il matrimonio con un uomo, un ‘visionario’ imprenditore, che la sostiene nella professione. Quando resta incinta lascia le passerelle e si dedica alla famiglia, ma quando la figlia inizia la scuola, la vulcanica Marcella vuole tornare in attività. In virtù dello spiccato spirito imprenditoriale che lo contraddistingue, il marito investe nell’idea di aprire una sartoria di alto livello che vestirà con grande successo le donne delle famiglie più note della città della Mole. La terza importante svolta è legata a un momento triste della vita della Patrizi, quando l’amata sorella-seconda madre oramai tornata da anni a Castel Viscardo, viene a mancare. La figlia ormai grande, l’essere divorziata dal marito, la spingono a far ritorno in Umbria. Il padre ha lasciato ettari e ettari di oliveto. Marcella Patrizi non poteva diventare una pensionata tra le colline natie e arriva un’altra intuizione, nasce una nuova opportunità. Decide di produrre l’olio in proprio, crea una brochure, riempie tre bottigliette con il pregiato prodotto e vola a uno degli eventi food più importanti degli Stati Uniti. La “goccia umbra”, tra coraggio e determinazione, diventa un olio che conquista una fetta di mercato enorme. Tempo dopo l’idea di unire due prodotti umbri di eccellente gusto e fama internazionale come l’olio e il tartufo… fa nascere l’olio al tartufo. Guardare una semplice caciottina e pensare al tartufo… fa nascere l’idea del formaggio al tartufo. Imprenditrice e addirittura inventrice di prodotti che stanno facendo la storia del cibo italiano famoso in tutto il mondo. Marcella Patrizia ha superato gli ottant’anni, ma è ancora un vulcano di idee, di volontà, di determinazione. E un esempio per tante donne perché ha cancellato la parola impossibile dal vocabolario.

Le testimonianze si chiudono con quella di Giulia Micozzi, biologa, nutrizionista e responsabile Fondazione Cotarella, la cui vita è un’altra testimonianza attiva del fatto che da una difficoltà può, anzi deve, nascere un’opportunità. L’adolescente Giulia comincia ad accusare problemi alimentari e si ritrova la vita travolta, e stravolta, dall’anoressia. In alcuni momenti ne è succube, in altri è vincitrice. Un’altalena in cui si è trovata spesso sola perché trent’anni fa dei disturbi legati al cibo non solo se ne parlava poco ma soprattutto non c’era una adeguata conoscenza medica. Il più delle volte sottovalutati, scambiati per capricci, ritenuti momenti che sarebbero passati da soli, così erano considerati anoressia e bulimia. L’intreccio più ampio che comprende età, situazioni familiari e scolastiche, carattere, aspetto psicologico, viene portato alla luce con difficoltà e in molti anni. Difficili le condizioni di chi vive questo disagio che si ripercuote nella vita intera, nelle amicizie, nello studio, nelle relazioni personali. La dottoressa Micozzi è stata anche ricoverata per questa malattia, perché di una vera e propria malattia si tratta; ha affrontato ‘l’incubo’ del guardarsi allo specchio che riflette un’immagine che non si accetta; ha messo forza scavando dentro sé stessa per trovare quella determinazione necessaria per affrontare e sconfiggere quel senso di infinita inadeguatezza che colpisce chi subisce queste problematiche alimentari. Cadute e risalite. Speranze e crolli. E la determinazione di voler guarire, e farlo anche attraverso lo studio approfondito dei disturbi che le stavano impedendo di vivere una vita come tutti gli altri. Al termine sia del percorso personale di guarigione sia di studi, la volontà di aiutare chi affronta le stesse problematiche. Arriva il modo di farlo in modo ‘strutturato’ e allargato grazie alla Fondazione Cotarella, con un centro di ascolto che dal giorno dell’apertura, un anno fa, ha visto arrivare un numero consistente di persone che hanno così abbattuto il primo muro: quello di prendere coscienza di aver bisogno di aiuto. Ed ecco che da una difficoltà, in questo caso una malattia insidiosa, nasce l’opportunità di una professione che possa aiutare chi si trova a vivere ciò che si è drammaticamente provato sulla propria pelle.

Tre testimonianze. Tre vite diverse. Tre donne che ce l’hanno fatta perché hanno saputo cogliere da una difficoltà, e quindi dover affrontare il susseguente inevitabile e indispensabile cambiamento, un’opportunità che è testimonianza positiva di fondamentale valore.