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"A Gonfie Vele" per superare il limite della malattia con l'idea di equipaggio

giovedì 6 giugno 2019
di Davide Pompei
"A Gonfie Vele" per superare il limite della malattia con l'idea di equipaggio

Imparare a navigare, a governare una barca significa simbolicamente riprendere il timone della propria esistenza e la gestione della propria vita segnata dalla malattia. Come nella navigazione è necessario sfruttare gli elementi favorevoli e imparare a gestire quelli avversi, il vento e le correnti, così nella malattia bisogna sfruttare e potenziare le proprie risorse e potenzialità, imparando a governare i propri limiti.

Si avvale delle metafore nautiche ma è un'esperienza terapeutica solida, stimolata alla pratica dello sport velico che dalla spumeggiante costa nord-orientale della Sardegna, nell'Arcipelago della Maddalena bagna anche l'Umbria, regione che per definizione non possiede mare ma che trova nel Lago Trasimeno acque sicure in cui spiegare "A Gonfie Vele". Da due anni, il progetto nato nel 2012 e cresciuto grazie all'impegno della dottoressa Barbara Bernabei e del dottor Claudio Marinangeli è approdato qui grazie alla collaborazione del Club Velico Trasimeno.

Obiettivi, dare la possibilità anche a chi non può raggiungere Caprera di usufruire del progetto terapeutico, consentire alle persone che hanno vissuto una prima esperienza in Sardegna di continuare un percorso sportivo-terapeutico in Umbria ed estendere il progetto ai familiari dei pazienti oncologici. Ad oggi, sono 115 i pazienti che hanno vissuto l’esperienza al Centro Velico Caprera, 25 quelli al Lago Trasimeno.

Qui, nella giornata di sabato 8 giugno è prevista una nuova uscita con un nuovo gruppo di partecipanti, così come illustrato mercoledì 5 giugno alla Sala Fiume di Palazzo Donini durante la presentazione del progetto ideato dall’Associazione Umbra per la Lotta Contro il Cancro Onlus alla presenza del sindaco di Passignano sul Trasimeno Sandro Pasquali, del presidente del Club Velico Trasimeno Giovanni Rosi e del presidente di AUCC Giuseppe Caforio.

"Il contatto con la natura e con l’acqua, elemento primordiale di nascita e di rinascita – ha spiegato Simonetta Regni, psichiatra e coordinatrice del progetto – ricopre un ruolo fondamentale. Il contesto ambientale favorisce il contatto con se stessi e l’inserimento in un ciclo naturale che consente di vivere la malattia in modo meno traumatico e drammatico, in quanto ci si riappropria della naturalità degli eventi. Con la malattia si perdono i riferimenti di vita precedenti ed emergono conflitti dormienti. La persona si trova in un periodo d’incertezza e va alla ricerca di nuove modalità di esistenza.

'A Gonfie Vele' intende rispondere a queste esigenze fornendo uno spazio fisico e mentale di rielaborazione di vissuti e di scoperta di nuove potenzialità, sviluppando in particolare la capacità di adattamento ad eventi esterni indipendenti dalla propria volontà, la capacità di gestire la frustrazione, la capacità di condivisione. In barca a vela si è equipaggio, non si è passivi e non esistono differenze. Il limite fisico che la malattia ci impone viene superato accettando il concetto di equipaggio.

Farne parte, significa condividere, affidarsi e avere fiducia nell'altro. Ognuno deve fare la propria parte perché solo grazie alla combinazione e al coordinamento delle singole azioni si ottiene un risultato. Allo stesso modo il percorso di cura deve essere affrontato affidandosi anche all’altro e cogliendo nell’altro il coraggio, la forza e la speranza. La malattia funge da spartiacque tra un prima e un dopo. Imparare a muoversi su un elemento nuovo come l’acqua significa comprendere che vivere in un altro modo che è possibile".

Per ulteriori informazioni:
www.aucc.org

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