Perugina, trapiantata a Roma. Un passato al Tg3, un presente a Rai Vaticano. Quattro figli, in sette anni. Due maschi, due femmine. Età, dagli 8 ai 15. Diciassette, quelli di matrimonio. Un periodo difficile e una raccolta di lettere alle amiche che è diventato un libro da 100.000 copie vendute, tradotto in diverse lingue, rieditato e con relativo sequel, ma soprattutto un punto di svolta. Provocatorio il titolo, mutuato in realtà da un precetto di San Paolo, "Sposati e sii sottomessa", che le ha attirato anche infondate critiche femministe e querele iberiche.
Al centro di tutto, la voglia di comunicare un'esperienza. Di testimoniare, con ironia e profondità. Traducendo in un linguaggio divertente, i messaggi di una Chiesa chiamata ogni giorno a ripensarsi. Muove da qui anche l'incontro pubblico "Date loro voi stessi da mangiare" promosso dalla Diocesi di Orvieto-Todi che sabato 25 aprile porta Costanza Miriano al Teatro San Francesco di Bolsena per la Festa Diocesana dei Bambini della Prima Comunione e delle Famiglie, aperta dalla lettura della preghiera della famiglia di Papa Francesco.
"Un momento di riflessione – mette subito in chiaro il vescovo Benedetto Tuzia – per comunicare. I genitori sono grandi esperti di comunicazione, abituati come sono a farsi pane, senza ridondanze". "Quando ho scritto questo libro – osserva l'autrice – volevo rendere ragione, per prima a me stessa, della fatica quotidiana che c'è alla base del matrimonio. Anche ora, mi trovo in questa posizione in cui dico agli altri come si fa ma è per tutti una missione. Come Chiesa, penso che a volte non comunichiamo bene. Parliamo sempre bene della famiglia, ma dovremmo parlare anche delle difficoltà che ogni sposato, ogni coppia, incontra nel rapporto con l'altro. E con Dio.
La mia prima scoperta che ho appreso lungo questo cammino è che uomini e donne sono diversissimi. Senza stereotipi, provengono da universi paralleli e parlano linguaggi completamente differenti. Le parole degli uomini sono aderenti alla realtà. Quelle delle donne sono espressioni tonali, cariche di implicazioni, sensazioni e retro-pensieri. È tutto femminile il desiderio di relazione, maschile il suo bisogno. Con le mie amiche, lo chiamo 'la voragine' a indicare la capacità di fare spazio alle relazioni.
Questa capacità è figurata dall'accoglienza del grembo ma anche dalle cavità del cuore. L'uomo è tendenzialmente meno emotivo, più aderente alla realtà. La sua comunicazione meno empatica, il suo punto di osservazione più oggettivo. Rispetto ai figli, un padre è più capace di dire no. Per questo imparare a funzionare insieme è anche una fatica. Ci richiede di camminare insieme. Tra amiche, parliamo per esprimere noi stesse. Amiamo lamentarci, un po' a turno, anche con un pianto di stanchezza, per esigenza di gratificazione.
Ho scoperto a mie spese che un uomo che sente una lamentela, cerca una soluzione a un problema. Ogni coppia ha le sue dinamiche interne. Ma ho capito che non posso imbastire lamentele globali, appesantendo eccessivamente chi mi è accanto. In questo senso, nel matrimonio si impara il linguaggio dell'altro. Lo psicoterapeuta americano Gary Chapman ha teorizzato che i linguaggi dell'amore siano cinque: le parole, i cosiddetti gesti di servizio, i momenti di esclusiva, il linguaggio fisico del contatto e quello dei regali.
Non so se siano effettivamente questi. Ma so che spesso privilegiamo uno a discapito dell'altro. Agli inizi scrivevo bellissime lettere d'amore ma magari non preparavo la cena. L'amore di mio marito, invece, è di quelli che si esprime con gesti di servizio, azioni concrete da tradurre come attenzioni percepite. Nutriti come siamo dall'idea dell'amore romantico, tutto violini ed emozioni, che prevale in occidente ci scordiamo di vedere la realtà. Oppure rimaniamo troppo ancorati ad essa. È lo scivolo insaponato su cui slittiamo tutti.
La famiglia è una scelta, un lavoro, un rapporto su cui non smettere mai di investire. Io la chiamo 'la sindrome dei vestiti da casa'. So che, con i miei, posso dare il peggio. Ma è importante non darsi sempre il peggio. Trovare dei momenti da dedicarsi. Un tempo di qualità, in esclusiva. Il talento educativo vive sempre sul filo. Corre il rischio, anche qui tutto femminile, di essere manipolatorio.
Un uomo sposa una donna, sperando che non cambi. La donna fa l'esatto contrario, richiamando ogni giorno il suo compagno al bene e alla bellezza, invitandolo ad alzare lo sguardo dall'abbrutimento terreno. Il rischio maschile è quello dell'egoismo. Di tenere una parte per se, una via di fuga, non necessariamente un'amante, ma uno spazio lontano dalla vita del matrimonio. Ho capito che un uomo che vede una donna pronta ad essere accogliente è uno specchio che gli rimanda una figura bella, che non vuole diversa".
Di qui, l'importanza di riscoprire la forza dell'alleanza. Anche attraverso la storia di un montanaro. "Uno sguardo positivo su tutto, e non la continua ripicca – ammette – non è automatico. Cominciare un cammino di accoglienza reciproca è già un piccolo miracolo. Nessuno può rispondere a tutte le attese del nostro cuore, la lievitata capacità di amare si scontra con il desiderio di essere illimitatamente amati.
Vorremmo ci fosse accanto qualcuno che capisse e rispondesse ai desideri. Solo Lui risponde alle attese illimitate, a quel desiderio mai soddisfatto di richiamo alla pienezza che nessun marito e nessuna moglie può completamente assolvere. E quindi induce a guardare ad un altro Sposo. Da questo punto di vista, credo che il matrimonio cristiano ha maggiore speranza di rispondere a tutte le nostre attese".