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Per l'Orvietano la buona scuola riparte da qui

giovedì 2 ottobre 2014
Per l'Orvietano la buona scuola riparte da qui

Si è tenuto mercoledì 29 ottobre in Comune l'annunciato incontro promosso dall'amministrazione comunale per far emergere proposte utili a livello locale e nazionale per dare forma a "La Buona Scuola", partendo dall'ascolto degli studenti, dall’orientamento formativo in tutti gli indirizzi di studio e dall'esigenza di dare valore alla rete di esperienze di eccellenza esistenti. Scopo dell'incontro, contribuire alla definizione delle norme per l’ammodernamento e l’innovazione della scuola, locale e nazionale, lanciata dal Governo. Si è trattato del primo step prima del 15 novembre, data in cui è possibile far pervenire al portale web del Ministero e dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Umbria - “La Buona Scuola” le proposte per co-costruire una scuola nuova. Di seguito, ampi stralci dei contributi dei vari protagonisti del sistema scolastico dell’Orvietano, a cura dell'ufficio stampa del Comune.

“Il Ministero dell’Istruzione - ha ricordato in apertura la V. Sindaco e Assessore all’Istruzione Pubblica, Cristina Croce - ha promosso e animato un dibattito pubblico con il supporto degli uffici regionali sul futuro della scuola italiana. Una novità assoluta che ha ad oggetto il documento ‘la buona scuola’ e che attraverso il sito del Ministero da la possibilità a chiunque di dare un contributo concreto in termini di idee e proposte. Alla base della discussione ci sono il documento nazionale e quello regionale che anche noi abbiamo approfondito. A mio parere il documento presenta luci e ombre, forse più ombre che luci. Nei giorni scorsi, inoltre, si è svolto presso il liceo Majorana il seminario organizzato da ADi Umbria che ha messo in evidenza alcuni punti di forza.

Di positivo c’è che, dopo molti anni, a livello istituzionale si prende atto che una scuola burocratica non ha più senso e, per la prima volta, si torna a parlare di un nuovo stato giuridico dei docenti rimasto inchiodato agli anni ‘70. Per la prima volta si parla di uno standard dell’insegnante che attiene competenze reali, che si mette nei panni degli studenti, che è competente nella multiculturalità. Standard che sono un punto di forza importante prospettando la possibilità di carriera basate sul merito e sulla valutazione oggettiva. Le ombre che più ci preoccupano e su cui si attendono proposte riguardano le incongruenze con la ventilata infornata di assunzioni di docenti precari senza menzionare la qualità. Altri temi trattati sono: la sicurezza delle scuole, la forte spinta alla banda larga e all’innovazione tecnologica digitale che dovrebbe consentire loro di porsi in maniera non superficiale.

Il documento di base, dunque, appare un primo timido approccio al sistema scuola/lavoro che invece è fondamentale e necessita di un approccio adeguato per una trasformazione radicale. Nei documenti disponibili non si fa cenno, inoltre, alla decentralizzazione del sistema, né all’autonomia delle Regioni, come pure sugli aspetti relazionali non viene individuata la figura dello psicologo a supporto degli studenti e delle famiglie, come invece avviene nei paesi più avanzati. Da questo incontro quindi auspichiamo che emergano proposte utili a fare sentire la nostra voce di territorio, proposte da iscrivere in un documento definitivo al termine dei successivi incontri che effettueremo nei prossimi giorni”.

“Il documento sulla buona scuola – ha spiegato Elvira Busà dirigente dell’Istituto Superiore Scientifico e Tecnico E. Majorana - è significativo per aver ridato voce ai territori, ma contiene dei punti di debolezza rispetto al ruolo che la scuola ha quotidianamente. Riconoscere il ruolo strategico della scuola è già un passo avanti, ma è solo un punto di partenza. Noi dobbiamo puntare ad avere una scuola eccellente, quindi non dobbiamo accontentarci bensì rivendicare un ruolo e una modalità di relazione nuova. La nostra realtà può dire qualcosa: abbiamo lavorato molto per i progetti integrati, stiamo lavorando per i progetti d’area nell’ambito delle aree interne. Non ci interessano dichiarazioni di principio, ma politiche che cambino davvero le cose. Vogliamo una scuola che sia luogo dove si fa cultura, dove si produce e si elabora un nuovo pensiero. Le risorse disponibili sono sempre più esigue e sappiamo che non è possibile sprecare più un centesimo. Rispetto alle altre problematiche rivendichiamo la qualificazione del nostro personale docente presente nelle scuole dove attualmente c’è una grande responsabilità individuale. Questo significa risorse umane ed economiche. Serve soprattutto un contesto sociale e culturale aperto alla interlocuzione con il mondo del lavoro. Servono inoltre gli strumenti dell’interlocuzione”.

“Finalmente si parla di scuola e è positivo che si respiri un certo entusiasmo nel misurarsi con questa significativa opportunità” ha detto Cristina Maravalle dirigente dell’Istituto onnicomprensivo di Fabro. “Il documento sulla buona scuola – ha proseguito - suscita certamente molte riflessioni. La mia impressione è che non emerge però quale è la precisa ‘mission’ della scuola che si vuole realizzare. Propositi lodevoli ma non si parte dalla situazione concreta della scuola. Occorre partire dall’analisi delle criticità attuali della scuola e dire che si vuole una scuola di qualità che, nonostante tutto, per certi aspetti c’è già. Se la scuola è pubblica, allora occorre parlare anche dei contratti dei lavoratori della scuola, della valutazione dei docenti, dell’autonomia che si regge se c’è la fiducia nei dirigenti e nel personale. L’alternanza scuola-lavoro inoltre è troppo burocratizzata. Da questi incontri deve emergere una idea di scuola coerente”.

“L’occasione di confronto che ci viene data dal documento sulla buona scuola è importante e di ampio raggio su un tema che riguarda: istruzione, formazione e cultura. Significa giocare la carta fondamentale per far riemergere il Paese” – ha esordito Franco Raimondo Barbabella Presidente dell’Associazione Docenti e Dirigenti dell’Umbria. “Siamo orgogliosi del nostro Paese e di dare il nostro contributo, ma poi occorre lavorare sui territori e bisogna essere realisti e propositivi, tenendo conto che nella scuola italiana, e umbra, non c’è solo appiattimento ma anche esperienze di innovazione importanti, purtroppo però il sistema scoraggia quelli che sanno lavorare. Apprezziamo lo sforzo del governo che ha introdotto novità rilevanti. Ma non si può parlare di carriera se non si rimuove il concetto si appiattimento. Purtroppo tutto ciò che di buono viene fatto viene lasciato andare, fino a che muore e tutto torna ad appiattirsi. Di propositivo cosa emerge?

Tra le questioni strutturali non si parla di ammodernamento delle strutture scolastiche che non accattivanti per il lavoro e che non favoriscono gli ambienti polifunzionali, portando ad insegnare in maniera vecchia e non adeguata. Le scuola vanno dotate di banda larga, altrimenti dove si va? C’è poi la modernizzazione degli insegnanti che sono lo strumento per dare una buona scuola. In altri paesi si premiano i giovani, in Italia la modernizzazione degli insegnanti non si può fare con una sanatoria perchè contrasta con la qualità. L’autonomia deve essere completa, quindi i dirigenti si devono assumere le loro responsabilità e se non funzionano è lecito rimuoverli. Ma questo il documento non lo dice”.

“Bisogna poi lavorare sull’università – ha proseguito - rispetto all’aggiornamento va verificato l’esito. Agli studenti va detto cosa devono studiare. Attualmente si tratta il percorso di studi in maniera quantitativa ma non in termini di competenze. I percorsi di studio devono essere abbreviati fino a 18 anni. Basta poi con l’aumento delle materie e delle ore. Gli studenti devono chiedere le materie opzionali. L’orario deve essere onnicomprensivo e in equipe, non solo frontale. L’assistenza psicologica non è affatto secondaria. In definitiva, da questa occasione dobbiamo trarre l’insegnamento che. se di scuola ci dobbiamo occupare. dobbiamo farlo sempre non episodicamente. A livello locale, la razionalizzazione degli istituti scolastici fatta con il criterio geografico non va bene, va ripensata perchè nel mondo si sta andando verso gli istituti omogenei. Quindi organizziamo le cose in modo razionale senza sprecare risorse. Sul liceo artistico va verificato se gli istituti attuali siano in grado di ospitarlo senza spendere soldi in affitti. C’è infine la questione della banda larga su cui i Comuni devono investire, in Umbria è significativa l’esperienza di Città di Castello”.

“Il documento ADi da un contributo per una scuola eccellente ma occorre entrare nei dettagli del sistema scuola – ha sostenuto Marco Conticelli V. Sindaco di Porano – oggi i 150 mila precari presenti derivano da politiche messe in atto dai vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni e che sono andati avanti sapendo di essere in difetto con le normative europee. Arrivare precari alle soglie delle pensione è un sistema tutto italiano. Si deve capire cosa significa il merito, chi lo determina, come e con quali strumenti. Avere dirigenti che gestiscono 4 o 5 scuole contemporaneamente è un’altra anomalia. La didattica è vecchia. Quindi dobbiamo fare in modo che ci siamo poche materie in grado di costruire un futuro per i ragazzi ed immetterli in maniera positiva nel mondo del lavoro”.

“Cominciamo a dare un contributo costruttivo focalizzando l’attenzione in questo nostro territorio dove c’è una offerta formativa talvolta sparametrata – ha detto Giancarlo Pompei dirigente del Centro Servizio Formativi della Provincia di Terni / sede di Orvieto - dobbiamo ripartire cioè da una analisi del fabbisogno formativo. Da alcuni anni il CSF ha intrapreso la formazione nel settore turistico e della ristorazione che ha interessato 250 giovani producendo, a fine corso, una efficacia formativa del 70% di occupati. Quest’anno, supportati da dati oggetti sul fabbisogno, abbiamo tentato di introdurre la formazione nel settore benessere che ha molti riscontri in altri territori della nostra provincia. Ad Orvieto però l’interesse dei giovani non c’è stato, nonostante lo avessero le aziende.

Allora dobbiamo chiederci: ad Orvieto c’è necessità di formazione professionale iniziale? Quello che noi constatiamo è che non si parla più di orientamento, che deve partire dalla consapevolezza dei giovani. Nel territorio locale emerge l’esigenza di puntare sull’orientamento senza effetti speciali, un orientamento che duri tutto l’anno e non un solo giorno in occasione dell’apertura delle scuole per i potenziali nuovi iscritti. Serve un rapporto corretto tra soggetti formativi e serve la correttezza fra i sistemi, mettendo i ragazzi al centro dell’azione di orientamento. Noi abbiamo proposto il ritorno alle conferenze di organizzazione, per capire l’effettiva esigenza formativa dei giovani finalizzata all’occupazione. Dobbiamo capire che tipo di formazione serve ad Orvieto e al Paese (l’attestato di qualifica dei Centri di Formazione Professionale è riconosciuto a livello europeo. Interroghiamoci dunque sull’offerta formativa ed evitiamo gli ‘effetti speciali’ per accaparrarsi gli iscritti”.

Dell’importanza che i giovani possano trovare nella scuola punti di riferimento vicini alle aporie esigenze ha parlato, dal punto di vista psicologico, la psicopedagista Francesca Spadaccia.

Di “aria di cambiamento, speranza che le buone proposte concretizzino in tempi brevi” hanno parlato, infine, Anna Sacco, Mirko Schiavo e Riccardo Pallottino rappresentanti d’istituto del Liceo tecnico/ scientifico. “Conosciamo le problematiche e spesso avvertiamo le barriere hanno sottolineato - a questo dibattito serve la partecipazione più attiva degli studenti, un confronto sui temi reali nella didattica e nel rapporto scuola-istituzioni. Entrando nello specifico delle tematiche c’è tanta disinformazione sulla banda larga. Attualmente in Italia c’è il monopolio di un’azienda le cui reti sono utilizzate da più gestori, la superficie coperta dalla fibra ottica in Italia e inferiore i tutta l’Europa. Il sistema non facilita la scuola”.