sociale

Politiche sociali: presentata la ricerca sull'associazionismo familiare in Umbria

giovedì 23 maggio 2013

È il ‘bisogno' a fungere da collante per la nascita delle associazioni familiari in Umbria, un bisogno non generico, ma concreto e specifico degli associati che inerisce in senso stretto al sistema delle relazioni familiari: è quanto emerso stamani nel corso del seminario di presentazione della ricerca "Associazionismo familiare in Umbria", realizzata per conto della Regione Umbria dal Dipartimento di economia e statistica dell'Università degli Studi di Perugia. All'incontro sono intervenuti la vicepresidente della Regione Umbria con delega al Welfare, Carla Casciari, la dottoressa Cristina Montesi, dell'Università di Perugia che, con il professor Pierluigi Grasselli, ha curato la ricerca con la collaborazione di Simona Menegon dell'Istat e della psicologa Tania Mococci. Hanno portato il loro contributo i rappresentanti del Forum delle associazioni familiari dell'Umbria, dell'Associazione famiglie numerose, del Forum regionale del terzo settore.

"La ricerca - ha spiegato Montesi - ha investigato, tramite questionario, l'associazionismo familiare in Umbria. Delle 75 associazioni individuate e contattate, hanno risposto in 54, quindi il 72 per cento. Delle 54 associazioni intervistate il 90,7 per cento sono associazioni vere e proprie, mentre soltanto il 9,3 per cento sono gruppi informali. Prevale quindi una forma di associazionismo istituzionalizzato a garanzia di una certa stabilità e continuità di operato".

Si tratta più che altro di un associazionismo giovane - nato prevalentemente intorno al 2000 - e in continua crescita, più sviluppato nel Perugino che nel territorio Ternano e nei capoluoghi piuttosto che nelle altre realtà.

L'obiettivo di lavoro è dare risposte concrete ai bisogni delle famiglie associate. E non solo: "Altra caratteristica che prevale - ha detto Montesi - è che l'associazionismo familiare non manifesta carattere corporativo e le attività vengono estese anche ai nuclei esterni. In sintesi, le associazioni familiari nascono più per rispondere a criticità esistenti che per soddisfare i bisogni ordinari legati alla vita quotidiana".

Altra peculiarità è che nelle organizzazioni familiari umbre risulta prevalente la presenza femminile, più in generale gli associati sono di mezza età, prevalentemente colti, che ancora lavorano o che si sono ritirati da poco tempo dal lavoro e identificano l'attività profusa nell'organizzazione come un dono puro, senza aspettative di ritorno. Le attività prevalenti sono nell'ambito della cura della persona, ma anche nell'area dell'assistenza socio-sanitaria e dei servizi educativi.

Questo studio, che è il primo a livello regionale - ha riferito la vicepresidente Casciari - rientra in un percorso più articolato che ha portato alla realizzazione di altri due rapporti di cui uno sul lavoro di cura e l'altro sul dono, che si intrecciano in modo perfetto con quanto emerso dalla nuova ricerca sull'associazionismo familiare, evidenziando che ‘dono', ‘associazionismo' e ‘lavoro di cura' sono legati in maniera circolare e che sono anelli indissolubilmente legati tra di loro".

La vicepresidente ha proseguito precisando che in Umbria questi tre fattori hanno permesso di non far scivolare verso il basso l'inclusione sociale che "tiene" proprio perché può contare su un tessuto sociale coeso: "La conferma arriva anche dal rapporto realizzato dall'Aur sui giovani - ha detto - che ha evidenziato come, per le nuove generazioni, sia determinante poter contare sulle relazioni familiari che, attualmente, sono messe a dura prova dalla crisi economica".
Casciari in proposito ha annunciato che "la Regione Umbria è impegnata nella stesura del nuovo Piano Sociale regionale che si concentrerà sulle nuove emergenze, quindi famiglie, minori e non autosufficienza, inserendo anche la programmazione comunitaria e, contestualmente, si pensa anche di promuovere un piano per le povertà".

La vicepresidente ha quindi ricordato tutte le azioni promosse dalla Regione a sostegno delle famiglie: "Abbiamo adottato specifiche misure per i nuclei in maggiore difficoltà ed a rischio di povertà. Le risorse sono state destinate alla non autosufficienza, agli asili nido, all'istruzione, alle abitazioni in locazione, all'abbattimento delle rette (tassa rifiuti e rette asili nido) e a contributi per l'associazionismo familiare e gli oratori. Per i nuclei familiari più ‘vulnerabili', invece, la Regione si è dotata di un quadro normativo ad hoc e ha messo in campo azioni e interventi con un pacchetto di risorse, 3 milioni di euro in due annualità, da destinare alla famiglia tramite lo strumento del contratto di sostegno. Inoltre, la Regione, con una sua legge, promuove e tutela la famiglia attraverso azioni, interventi e servizi rivolti a diverse finalità che vanno dal sostegno alle giovani coppie e alle nuove famiglie, al supporto per l'educazione e l'istruzione dei figli con particolare attenzione alle famiglie numerose e quelle gravate dai compiti di cura di familiari con disabilità o non autosufficienti, alla valorizzazione dell'associazionismo familiare e all'armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale per conciliare gli impegni familiari con quelli lavorativi.

"Dalla ricerca - ha concluso - possiamo trarre molti spunti per migliorare l'azione regionale, anche se mancano delle linee di indirizzo per l'attuazione di un piano nazionale che non sia un semplice ‘libro dei sogni' che non trova applicazione reale".

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