sociale

Considerazioni di Giorgio Santelli sul Convegno di Orvieto: "Un primo esempio nazionale di come può essere l'autogoverno delle rete: non la politica, ma i diretti interessati"

venerdì 12 febbraio 2010
di G. Santelli, esecutivo nazionale Articolo 21, Presidente assemblea dei sindaci Orvietano

Pubblichiamo alcune considerazionii di Giorgio Santelli, che ha potuto essere presente solo all'ultima parte del nostro convegno "L'informazione sul web. Quali regole per un nuovo luogo", per impegni istituzionali presso la Provincia di Terni, dove è Consigliere. Grazie, Giorgio, per il tuo prezioso contributo, che condividiamo, e per questo pubblico e lusinghiero riconoscimento che tra diverse testate è raro, e che invece può solo accrescere la nostra libertà d'informazione e il suo valore democratico.

"Volevo portarvi i saluti della Provincia ma purtroppo ieri mattina eravamo riuniti in due commissioni di lavoro. Me ne rammarico, anche se - tra una pausa e l'altra - ho avuto la possibilità di seguire il dibattito via streaming. Bene. Parto proprio da qui, per fare una considerazione sul tema. Se il decreto Romani fosse già applicato oggi voi, per questo streaming, avreste dovuto chiedere una specifica autorizzazione. In una situazione di grande concentrazione editoriale in Italia, non ho mai avuto dubbi sul fatto che prima o poi, un territorio di libertà come internet potesse essere soggetto a condizionamenti. E così nasce il decreto Romani (Decreto Legislativo n. 169) che prevede misure restrittive per la rete che segnerebbero la fine della libertà di espressione sul web. Misure stringenti che vietano a tutti i blogger, alle web tv e ai siti web di pubblicare filmati con immagini in movimento che raccontano, di fatto, la vita degli italiani, i fatti di cronaca, inchieste sonore e non.

Una misura che noi non accettiamo e per la quale, in caso di approvazione del decreto, ci impegniamo a contestare con la nostra obiezione di coscienza civile. Intanto bisognerà vedere il testo finale se terrà conto delle osservazioni formulate dalle commissioni parlamentari. La questione di fondo resta comunque quella che con un decreto del governo si è intervenuti in una materia ampiamente rilevante dal punto di vista costituzionale. La libertà di comunicazione e la libertà di espressione del pensiero sono temi che possono essere affrontati adeguatamente solo con le garanzie di una discussione legislativa. Invece con un decreto che avrebbe dovuto recepire solo contenuti della direttiva comunitaria sulla televisione si è ampiamente modificata la legge che regola il settore radiotelevisivo e si sono introdotte norme sulla regolamentazione del Web che in altri paesi non esistono.

Su questa questione è rimasta un'ambiguità di fondo. Permane infatti il principio che solo se le immagini sono incidentali rispetto al contenuto questo è escluso dalle regole dei media tv. Tuttavia l'indagine sul caso concreto sarà ampiamente discrezionale e lascerà spazio a dubbi interpretativi. La conseguente necessità di una comunicazione di inizio di attività per chi vuole distribuire un contenuto su internet in cui le immagini non sono "incidentali" sarà poi una regola amministrativa complicata da attuare e dalla quale discenderanno forti sanzioni per chi non la rispetterà.

Nella direttiva europea sul commercio elettronico, già recepita da alcuni anni nell'ordinamento italiano, è previsto che l'intermediatore, il service provider, non sia responsabile del contenuto. Come ho già detto il problema sarà definire ciò che è incidentale o meno ai fini della assoggettabilità alla nuova disciplina televisiva e sarà anche quello della estensione, anch'essa prevista nel decreto, delle regole sul diritto d'autore anche a questi soggetti.

Per quanto riguarda alcuni contenuti presenti sulla rete, va definito che essa, di per sé non è né buona né cattiva ma è un mezzo, e come tale può essere usata in modo giusto o sbagliato. Gli strumenti per evitare la violenza, la pedofilia non sono le forme di chiusura o di controllo preventivo di internet. In questi anni ad esempio la polizia postale ha svolto un importante ruolo di vigilanza e di repressione utilizzando gli strumenti che l'ordinamento giuridico già prevede senza bisogno di avere norme che consentano censure di carattere indiscriminato.

Anni fa, in tempi non sospetti, Stefano Rodotà parlava della necessità di una vera e propria "Costituzione" per il web. Il Web è nato e si è sviluppato secondo forme di piena libertà e di fiducia reciproca tra i vari attori del suo funzionamento. In sede internazionale si stanno studiando strumenti di autodisciplina globale e vedremo se sarà possibile arrivare a forme condivise. Fuori dall'autoregolazione secondo il mio punto di vista non vi può essere nulla, a meno di non mettere in gioco il destino stesso della rete.

Per questo non si può fare un semplice decreto del governo su questa materia, è troppo delicata perché non vi sia un'analisi trasparente e condivisa tra i vari soggetti interessati. Né è pensabile, come afferma Nicola D'Angelo, una sorta di Autorità di Vigilanza su internet. Gli sceriffi del web mi danno molto a pensare. Il tema, però, è ovviamente un altro. Di fronte ad un decreto che vuole mettere sotto controllo il web, c'è un'esigenza che arriva direttamente dalla politica. Un'esigenza che io definirei di autoconservazione. L'avvento di internet e la sua diffusione sono stati il fenomeno più fastidioso per il sistema politico anche occidentale. Esiste una generale tendenza a metter mano alla rete per controllarla maggiormente. Ciò è più grave nei paesi come il nostro in cui le altre forme di comunicazione sono caratterizzate già da forti aspetti di concentrazione.

Per qualunque sistema non democratico la rete resta il principale nemico, una libertà incomprimibile di cui l'umanità deve ringraziare pochi coraggiosi professori e lo sviluppo tecnologico. In Italia il tema della rete e delle garanzie su Internet è recente e come stiamo vedendo caratterizzato da una tendenza a ridurlo alle regole sulla televisione. All'estero, penso per esempio agli Stati Uniti, si discute da anni invece di come garantirne la libertà.

In Europa qualche mese fa c'è stato un confronto forte tra alcuni paesi come la Francia e l'unione europea proprio in merito all'opportunità di inserire norme per un controllo della rete. Uno dei grandi successi del Parlamento europeo è stato quello di contrastare questo tentativo che invece in altri stati si è ampiamente realizzato.

Altro tema fondamentale poi è quello relativo alle garanzie di accesso tecnico ed economico alle opportunità offerte dal Web. Bisogna rapidamente colmare il digital divide che esclude l'8% della popolazione italiana dall'accesso alla larga banda. E' necessario inoltre consentire un accesso neutrale alla rete ad un'offerta economicamente sostenibile. Si tratta quindi di rivedere rapidamente lo stesso concetto di servizio universale adeguandolo al mutato scenario tecnologico e soprattutto alla circostanza che Internet è sempre di più un diritto fondamentale per il cittadino. D'altra parte in questo senso si è espressa recentemente l'unione europea con il nuovo quadro regolatorio delle comunicazioni elettroniche che esplicitamente indica la neutralità della rete e l'accesso alla rete come diritti costituenti del cittadino europeo.

Questo vostro convegno ha un merito. Ed è forse il primo merito che può essere riconosciuto a livello nazionale. Avere il coraggio di parlare di questi temi, della necessità di comprendere come è la rete e come può essere "governatata" l'informazione sul web senza ipotesi censorie e di controllo o condizionamento. E farlo mettendo intorno a un tavolo non la politica che rischia di arrivare a queste conclusioni, ma i diretti interessati. I giornalisti, gli editori, la magistratura.

Così, in perfetto equilibrio vanno pensate e realizzate ipotesi di governo condiviso dell'informazione on line. Tenendo presente, poi, che le stesse regole che valgono per la professione giornalistica sono applicate anche a questo mondo. I codici deontologici, quelli di autoregolamentazione, il diritto di cronaca. Non è possibile immaginare che l'informazione on line proprio perché è più libera e di facile accesso, possa essere appesantita e condizionata da leggi che ne vorrebbero limitare questa libertà. Sarebbe un duro e forte attacco al pluralismo (di voci e di mercato), già pesantemente penalilizzato nel nostro Paese.

Gran parte del mio intervento è quanto Nicola D'Angelo, Commissario Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha sostenuto sulle pagine di Articolo 21. Alla rete, nel suo complesso, chiediamo anche un impegno. Quello della difesa della Carta Costituzionale. Perché lì, in quella Carta, esiste un articolo, il 21, appunto. Solo ed esclusivamente partendo da quell'articolo pensato dai padri costituenti è possibile ipotizzare qualsiasi ragionamento che si ponga come obiettivo un governo della rete. Certo, in una fase in cui si pensa di stracciare quella carta perdendone gli elementi fondamentali, tutto può diventare possibile.

Giorgio Santelli - esecutivo nazionale Articolo 21
Presidente dell'assemblea dei sindaci dell'Orvietano