sociale

Genitori e figli: adolescenze plurime e adolescenze protratte. Saranno anche le parole a salvare i giovani

domenica 25 novembre 2007
di Ornella Cioni
L’associazione "Libera, nomi e numeri contro le mafie" sta svolgendo a Firenze, dal mese di settembre, una formazione per gli insegnanti dal titolo significativo: “Abitare i margini, consumi, periferie, pregiudizi, solitudini”. A novembre si è svolto il secondo incontro e sabato 17 i docenti hanno potuto ascoltare uno stimolante intervento, sul tema del consumo di nuove droghe, da parte del prof. Renato Bricolo, psichiatra e psicoterapeuta esperto delle tossicodipendenze. Ciò che ha reso la relazione particolarmente interessante è stato l’ampio quadro sociale disegnato dal docente per contestualizzare il fenomeno della diffusione di nuove droghe, così come si è andato delineando dopo gli anni ’80 in poi, con la diffusione dell’ecstasy e del nuovo stile di vita lanciato da Ibiza. Tutto ciò ha portato una sovversione temporale in cui la notte è diventata il momento più affascinante della vita e il corpo viene esibito come non era successo mai prima. Si è prodotto un cambiamento nel quale è sempre più difficile per i ragazzi evolvere verso il “ miraggio del sé”, sapendo se contenere i propri limiti o romperli per trovare se stessi. Si sono diffusi nuovi stili di vita. I giovani vivono con uno stile di vita dal lunedì al venerdì ( o al sabato se sono studenti), dal venerdì alla domenica con un altro. Spesso il segno più visibile della trasformazione è nell’abbigliamento, dove c’è un vero discrimine per età e dove per i giovani è il corpo che vince su qualunque canone estetico. Quasi tutti sono studenti o lavoratori, pochissimi disoccupati e abitualmente non bevono durante i pasti e durante la prima parte della settimana. C’è anche per i ragazzi una grande omologazione comportamentale e la centralità del bisogno del gruppo dei pari nel quale confondersi e nel quale trovare temporaneo sostegno anche rispetto alla solitudine. In questa divisione del tempo in stili diversi di vita avviene una sorta di scissione o diversificazione dell’io, per cui questi giovani cominciano a realizzare una pluralità di appartenenze, vivendo differenze di approccio alla vita a volte configgenti tra loro, ma di cui essi sembrano non accorgersi o vi passano attraverso senza apparente contraddizione. L’io viene vissuto, agito come una pluralità di diversi centri di organizzazione psichica e quindi si cade sempre più in un senso di relatività. Il conflitto psichico, centrale nella psicanalisi, passa in secondo piano e prevalgono le pulsioni, che quindi si tende semplicemente a organizzare. La gestione di un io plurale e delle diverse pulsioni non è facile per i ragazzi, specialmente nella nostra società già destrutturata: c’è il pericolo di perdere il senso di una continuità di ciò che si fa e si è. Bisogna però tener conto del fatto che in questo contesto sono posizionati gli adolescenti, ma anche gli adulti e gli insegnanti e tale trasformazione mentale sta avvenendo in parte anche in loro. Se si parla allora di adolescenza protratta per i ragazzi (l’U.E. pone a 29 anni il passaggio alla vita adulta, ma lo IARD lo pone ormai a 34 anni), si parla ormai anche di adolescenze plurime, tra i 40 e i 50 anni e di crisi esistenziali di persone di 60 anni, non distanti da quelle dei figli. Insomma l’adolescenza dei ragazzi insiste ormai su una situazione critica dei genitori, che non sempre sono in grado di sostenerli. Il processo identificatorio dei ragazzi avviene a fatica e con riferimenti plurimi, con plurime identità. Naturalmente gli insegnanti non sono esenti da questi processi di crisi, ma da parte loro, in questa fase di disgregazione, di fronte a tante fughe esistenziali, è importante recuperare, da adulti, la categoria dell’esserci, dell’esserci con i propri studenti, più che quella di avere risultati, perché spesso, afferma il prof. Bricolo, in un mondo in cui i genitori lavorano entrambi, gli insegnanti sono gli unici adulti significativi con cui gli adolescenti sono in relazione. La frammentazione in una pluralità dell’essere vorrebbe tendere a evitare il conflitto con se stessi in modo che i vari centri non entrino in collisione, ma nell’essere umano c’è anche un tendere a un senso di continuità, di unitarietà, il bisogno di creare un campo in cui inserire e mettere in relazione le proprie pulsioni. Iscrivere le proprie pulsioni all’interno di un contesto non è facile e il percorso di individuazione di sé è complesso e prevede diversi passaggi. Talvolta gli adolescenti imboccano la strada del consumo di sostanze eccitanti. Si tratta di nuove droghe, opposte agli oppiacei come l’eroina, diffusa maggiormente fino agli anni ’80, droghe eccitanti, che facciano sentire come si vorrebbe essere, che diano un senso modificato di sé. Eccitanti dunque, ma anche poliassunzioni, che consentano di trovare l’extra-ordinario attraverso stati di modificazione cerebrale. Intervenire non appare facile, perché i giovani sembrano non avvertire questi comportamenti come patologici e non sembrano avere una percezione del rischio. D’altra parte non aiutano le spinte provenienti da una società in cui la stabilità è assente, c’è un teorizzare la precarietà come qualcosa di normale e il rischio, l’entrare e l’uscire dalle situazioni sono considerati come qualcosa di positivo. Se il concetto di rischio non è più un disvalore, non può più essere un aggancio per intervenire. Siamo in una situazione di grande trasformazione. Se si diventa adulti a trentaquattro anni, bisogna concedersi trentaquattro anni per diventare adulti, forse questo è il tempo lungo necessario per organizzare il sé. Ma intanto che fare? E’ stata creata dal governo una Consulta di esperti sulle tossicodipendenze, ma ai docenti spetta come sempre la prevenzione primaria, spetta loro comunque trovare una difficile mediazione linguistica per far percepire ai ragazzi “il danno”. Importante è che riescano a mantenere quella relazione con l’altro che permetta loro la comprensione, l’accettazione, senza perdere un nucleo forte di sé, in modo che gli adolescenti possano trovare se stessi attraverso di loro. Importante è che gli insegnanti lavorino in modo serio attraverso i curricola per dare ai ragazzi solide competenze, ma devono anche avere la percezione che ciò che programmano è sì ciò che dovrebbe essere, ma non basta. Nel quotidiano è necessario anche percepire l’alunno in difficoltà e trovare i modi e le parole per accompagnarlo nel proprio percorso di individuazione. Infine il prof. Bricolo rammenta ai docenti una vecchia ricetta: tenere ricco il linguaggio, proprio come numero di parole, perché i ragazzi sappiano dire le proprie emozioni, che è il primo passaggio per poterle governare.