politica

Festa della Liberazione 2018: ri-resistere, ri-resistere, ri-resistere

mercoledì 25 aprile 2018
di Pier Giorgio Oliveti, Presidente Anpi Orvieto
Festa della Liberazione 2018: ri-resistere, ri-resistere, ri-resistere

Se un italiano su tre davvero non sa cosa significhi il 25 Aprile, evidentemente abbiamo tutti sbagliato qualcosa: si deve e si doveva fare di più. Se questo è il risultato dobbiamo subito avviare una ri-resistenza civile e culturale, prima ancora che politica, che sappia affrontare senza retorica, tatticismi o linguaggi sorpassati una pericolosa deriva che anestetizza le coscienze e promuove certo cerchiobottismo italiota sempre in agguato.

La sconsideratezza con cui certuni archiviano o addirittura celebrano un passato nazionale totalitario, violento e nichilista, senza libertà e senza alcuna speranza di giustizia, ci danneggia tutti, figli e nipoti per primi. Istituzioni, agenzie culturali e scolastiche, famiglie, media, organizzazioni civili e cittadini tutti, possono e devono fare di più. Da un sondaggio di Mannheimer uscito nei giorni scorsi si apprende che il 33% degli italiani non sa cosa sia il 25 Aprile se non un giorno festivo sul calendario, (addirittura il 40% nella fascia 25-45 anni).

“Stringersi a coorte” attorno alla Costituzione, ai valori della democrazia (alcuni, certo, non a sufficienza applicati e tradotti in azioni), non è un esercizio passatista senza costrutto, roba “da vecchi”: anzi, è l’unica via per varare davvero una cosiddetta 3° Repubblica, e costruire un futuro di prosperità e alleanza tra italiani e tra europei, in un contesto internazionale sempre più problematico. La Liberazione non può essere un mito sbiadito: nel 2018 non possiamo dimenticare che “solo” cento anni fa, il 4 Novembre 1918, terminò la Grande Guerra che finì vittoriosa, sì, ma col sacrificio di due generazioni, milioni di giovani italiani che hanno creduto in una nazione e in un popolo. Soprattutto, facevano la guerra perché volevano la pace.

Oggi sembriamo assuefatti al tutto che diventa niente, per cui in una congerie instabile da molti punti di vista, non solo economica ma sociale e morale, perfino le guerre Coloniali nel Corno d’Africa, le Leggi Razziali Fasciste del 1938 o la sciagurata entrata in guerra del giugno ’40(non dimentichiamolo, almeno questo: fu una guerra di aggressione dell’Italia contro Francia e Regno Unito…, per di più al fianco di Hitler), passano nel dimenticatoio.

Siamo tutti bravi “ragazzi”, il nemico è là da additare: l’extracomunitario, il “diverso”, l’altro…. Pensare positivo e traguardare il futuro, non lo so si può fare dimenticando o sottovalutando il passato. Dobbiamo certo riconsiderare senza tabù la Resistenza, come suggerisce nel suo volume Olivier Wieviorka, “Storia della Resistenza nell’Europa occidentale 1940-1945”, ma questa visione militare e trans-nazionale della Resistenza europea al “male assoluto” nazifascista che celebriamo oggi, non può farci retrocedere di un millimetro nella denuncia di un movimento demagogico e violento come fu il Fascismo di casa nostra, uscito dalla storia a furor di popolo, e che oggi qualcuno vuol far rientrare nell’indifferenza di troppi.