politica

Marcia per l'Europa, nel 60esimo anniversario dei Trattati di Roma

mercoledì 22 marzo 2017
di Francesco M. Della Ciana, segretario del Movimento Federalista Europeo di Orvieto
Marcia per l'Europa, nel 60esimo anniversario dei Trattati di Roma

I trattati di Roma per l'Europa Unita

All’indomani della conclusione del secondo conflitto mondiale, si avvertì l’esigenza di un nuovo ordine mondiale. Bisognava evitare nuove guerre, combattere i nazionalismi, portare pace, sviluppo e condivisione di intenti. Le piaghe dolorose di antichi antagonismi franco-germanici dovevano esser sepolti e dimenticati. Nel 1948, nacque l’Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea; l’anno successivo il Consiglio d’Europa, che adottò, il 4 novembre 1950, la Convenzione Europea sui Diritti Umani. In breve tempo, l’iter unificatore giunse alla costituzione della Ceca, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, il 18 aprile 1951, che istituì anche una prima Corte di Giustizia; del giugno 1955, la Conferenza di Messina. In questa sede, i ministri degli Esteri di sei Paesi discussero di liberalizzazione dei mercati, di trasporti, di politiche comuni, di energia nucleare. Il belga Spaak fu incaricato, quale coordinatore di una formazione di esperti, di concretizzare le ispirazioni messinesi tanto che, nel 1956, si formò un Comitato preparatorio per costituire un mercato comune in Europa. Vennero alla luce le basi della futura Unione.

Il 25 marzo 1957, nella città eterna, ecco i Trattati di Roma, con l’istituzione della Cee, la Comunità economica europea, e l’Euratom, la Comunità europea dell'energia atomica. I Paesi sottoscrittori, il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, si mostrarono tutti uniti per muovere i primi, importanti passi verso l’unificazione europea. La mission era chiara e si tradusse nella creazione di un mercato comune, nell’abolizione delle imposte statali doganali, nell’elaborazione di una politica agricola comunitaria, nella formazione di un Fondo sociale europeo. Come si vede, vennero privilegiati gli aspetti economici e commerciali. Per quanto riguarda quelli politici, fondamentali e significative le novità. Nacquero la Commissione, futura Commissione Europea, il Consiglio dei ministri, che diverrà Consiglio Europeo, la riunione parlamentare, l’attuale Parlamento Europeo. Un’equilibrata trilogia istituzionale, che prevedeva controllate collaborazioni, in vista di nuovi traguardi comunitari. Anche una Corte di giustizia delle Comunità fu il risultato di tanto fervore costruttivo.

I firmatari dei Trattati furono: Antonio Segni e Gaetano Martino per l’Italia, Christian Pineau e Maurice Faure per la Francia, Konrad Adenauer e Walter Hallstein per la Germania, Paul-Henri Spaak e Snoy et d'Oppuers per il Belgio, Joseph Luns e J. Linthorst Homan per i Paesi Bassi, Joseph Bech e Lambert Schaus per il Lussemburgo, nomi che hanno segnato il tempo, garanzia di alti ideali e vision illuminata.

La soluzione: gli Stati Uniti d'Europa

Le situazioni storiche del nostro tempo non permettono di intravedere futuri sicuri. Che cosa sarà di questo mondo? Catastrofi inenarrabili o riprese sorprendenti? Stiamo andando verso oscurantismi medioevali o rinascimentali periodi di splendore? Le strade intraprese dal secondo dopoguerra non sono poi tanto cambiate. L’homo economicus imperversa. L’econocentrismo decadente non ammette intrusioni umanizzanti e la politica sembra asservita ai gigantismi burocratici che seviziano società e nazioni. I sovrani dell’economia mondiale, gli astri nati e nascenti, Cina e Brasile, India e Corea del Sud, dettano legge, mentre nella vecchia e cara Europa che cosa sta succedendo? Prevalgono l’incertezza e il disorientamento, i timori per l’immigrazione mal gestita e Pil, spread dimenticati ed espressioni esterofile d’ogni sorta, che tempestano le cronache della tradizionale e innovativa informazione. La disoccupazione, l’ineducazione, una certa trascuratezza lassista, benesseri fasulli e sempre più evidenti divari sociali imperano senza requie. Tanti blaterano, pochi lavorano. Molti guadagnano, troppi languono inascoltati… In queste acque melmose, si rafforzano le pseudo-teorie ostili ad ogni sentore di europeismo, che dispensano ricette facili, che sanno tanto di passati ai più adesso sembra quasi sconosciuti. L’immobilismo e i silenzi dei giovani, che tanto hanno ricevuto dall’appartenenza all’Unione Europea, sembrano incomprensibili.

I vantaggi dell’Erasmus, della mobilità interna di Shengen paiono piccola cosa di fronte ai fantasmi del passato che tornano ad ergersi come salvatori delle comunità nazionali. In realtà, più che un rifiuto dell’europeismo, si accresce, ed è comprensibile, lo smarrimento ed il disprezzo nei confronti delle politiche in generale, comunitarie nello specifico, conseguenza della mala gestio imperante. Le prescrizioni normative, le intimazioni incomprensibili accrescono la detestabilità della stessa idea di Europa unita. L’incertezza non aiuta, i bassi profili non portano a nulla di edificante. Come si procede? Chi sono gli interlocutori? Quali le nuove vie? Non si alza nessuna voce credibile e lo sconcerto si diffonde? Di quale Europa stiamo parlando? Siamo ormai giunti al momento della verità: si torna indietro, ad una visione medievale, nazionalistica e contrapposta dell’Europa oppure si termina il percorso ideale dei padri fondatori, per una rinascenza fondata sul federalismo?
Forse settant’anni di pace sono troppi per il vecchio Continente? Vogliamo a tutti i costi riappropriarci dei conflitti tra Francia e Gran Bretagna, memorie storiche della Guerra dei Cent’anni, quelli tra

Francia e Germania, dalla Deutsch-Französischer Krieg alla I e alla II Guerra mondiale? Si desidera proprio riproporre vecchie e pericolose oltre che assurde ostilità etniche, razziali o religiose che hanno straziato l’Europa?  Dispiace tanto poter circolare liberamente tra Paesi, non aver più dogane, cambi di valuta, conseguire titoli riconosciuti a livello comunitario, trovare opportunità occupazionali comuni, poter dialogare con una gioventù non più delle singoli nazioni, ma europea?

Spesso molti politici o politicanti si scagliano contro un’Europa burocrate e banchiera, impositiva e oppressiva. Spesso hanno ragione. Non è questa l’Europa che piace ai federalisti. Ma l’Europa siamo noi, non sono altri, non è esterna a noi. Se vogliamo e dobbiamo cambiarla, non dobbiamo gettarla via, ma conoscerla, ricostruirla, migliorarla. Quante volte abbiamo sentito espressioni urlate come: “ Il potere politico è assoggettato a quello economico”, “La finanza detta legge”, “Torniamo alle monete nazionali”, “Questa Europa è un disastro”. E’ pur vero che cieche ed eccessive burocrazie costruiscono gabbie che opprimono, coercizzano e vanificano quel poco di umano che è rimasto in questo mondo. Ma non si debbono confondere gli apparati gestionali con l’idea dell’Europa maturata in lunghi e ostici percorsi politici, e culturali. Le regole si cambiano, i popoli e gli ideali vanno invece sorretti e consolidati. Si confonde l’idea di Europa unita con lo strapotere di alcune Nazioni e freddi regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Il nostro Paese è tra i fondatori dell’Unione Europea. Ha svolto un ruolo da protagonista nel processo di unificazione. E’ certo che se certi malcostumi tipicamente nostrani, fatti di corruzioni, ruberie e comportamenti malavitosi, situazioni debitorie e sprechi incontrollati, politiche fiscali che tartassano i più deboli, aumentando le già cospicue entrate dei nababbi impenitenti, non vengono troncati in maniera decisa, come potremo confrontarci con i virtuosi continentali, con quale faccia, con quali pretese, con quali poteri di contrattazione? Saremo quelli che continueranno a decantare le bellezze artistiche e culturali del nostro Paese, le meraviglie monumentali e paesaggistiche, le potenzialità di sviluppo tante, troppe volte elencate, mai tradotte in concrete realizzazioni? Avremo ancora amministratori della cosa pubblica che enumereranno le tante, troppe questioni irrisolte della Penisola, come se fosse onere di qualcun altro dar riscontro alle manchevolezze ataviche di un popolo in perenne attesa di riscatto?

La Germania è risorta per ben tre volte, dopo la Prima, dopo la Seconda Guerra mondiale, dopo l’unificazione tra la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica, con dignitosa e caparbia risolutezza. Perché il nostro Paese non è riuscito a cambiar rotta, ancora tormentato da “questioni meridionali”, disavanzi e pareggi di bilancio, patti di stabilità e precariato continuo, schermaglie di politichetta ciarliera, in uno scenario di globalizzazione galoppante, che non ammette indecisioni?
L’Europa sinora che cosa ha consentito? Il mercato unico, la libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali, dei servizi, l’unione monetaria e bancaria, la tutela dei diritti umani, la pace, la politica sociale, la tutela dei servizi sanitari, il diritto allo studio, le strategie di crescita occupazionali. Vogliamo disconoscerlo?
Tante le domande, unica la risposta. La soluzione è semplice: gli Stati Uniti d’Europa. Quindi avanti, con determinazione.

L'Appello agli Stati Uniti d'Europa
dal discorso di Winston Churchill all'Università di Zurigo, il 19 settembre 1946

Questo nobile continente, che comprende nel suo insieme le regioni più ricche e più favorite della Terra, gode di un clima temperato ed uniforme ed è culla di tutte le grandi etnie del mondo occidentale. Qui è la fonte della fede cristiana e dell'etica cristiana. Qui è l'origine di gran parte delle culture, delle arti, della filosofia e della scienza, nell'antichità come nei tempi moderni. Se un giorno l'Europa si unisse per condividere questa eredità comune, allora tre o quattrocento milioni di persone godrebbero di felicità, prosperità e gloria in misura illimitata… Dobbiamo creare una specie di Stati Uniti d'Europa. Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta. Il procedimento è semplice… La struttura degli Stati Uniti d'Europa, se costruita bene e con lealtà, sarà tale da rendere meno importante la forza materiale di un singolo Stato. Le Nazioni piccole conteranno come le grandi e verranno considerate per il loro contributo alla causa comune. I vecchi Stati e principati della Germania, riuniti liberamente per reciproca convenienza in un sistema federale, potranno prendere i loro posti individuali in seno agli Stati Uniti d'Europa… In questo momento godiamo di un periodo di tregua. I cannoni hanno smesso di sparare. I combattimenti sono cessati; ma non sono cessati i pericoli. Se dobbiamo costruire gli Stati Uniti d'Europa, non importa sotto quale nome, dobbiamo cominciare adesso… dobbiamo ricreare la famiglia europea in una struttura che potrebbe chiamarsi Stati Uniti d'Europa.

Marcia per l'Europa - 60° Anniversario dei Trattati di Roma: oltre gli attuali trattati, verso l'Unione Federale con il popolo europeo, per il popolo europeo

Il Movimento Federalista Europeo promuove una manifestazione popolare per mobilitare le forze che sono a favore dell'unificazione europea e manifestare la volontà di andare oltre agli attuali trattati, contro i nazionalismi, verso l'Europa federale. Di seguito il programma:

venerdì 24 marzo, a partire dalle 19:00 fino a mezzanotte proiezione sul Colosseo di immagini, slogan per richiamare l’attenzione sulla Marcia

sabato 25 marzo
ore 8:00 - 12:30 Convenzione presso il Centro Congressi di Piazza di Spagna con interventi di parlamentari europei e personalità della politica e della cultura
dalle ore 11:00 assembramento in Piazza Bocca della Verità
dalle ore 12:00 interventi dal palco
tra le ore 13:30 e le 14:00 "Marcia per l'Europa" in direzione Colosseo e a seguire “Festa dell’Europa”