Il documento del Piano di Sviluppo Socio Economico della Comunità Montana
COMUNITÀ MONTANA MONTE PEGLIA E SELVA DI MEANA
Piano di Sviluppo Socio Economico
Documento per la conferenza dei
Sindaci
18 maggio 2005 – Todi
24 maggio 2005 - Orvieto
Quadro Generale
Le Comunità Montane furono istituite dalla l. n. 1102 del 1971, in forza della
previsione contenuta all’art. 4 secondo
cui “in ciascuna zona omogenea, in base a legge
regionale, si costituisce tra i Comuni che in essa ricadono la Comunità
Montana, Ente di diritto pubblico. La legge regionale relativa
stabilirà le norme cui le Comunità Montane dovranno attenersi: a) nella
formulazione degli statuti; b) nell'articolazione e composizione dei propri
organi; c) nella preparazione dei piani zonali e dei programmi annuali; d) nei
rapporti con gli altri enti operanti nel territorio”.
La medesima legge istitutiva, al successivo art. 5, indicava quale attività
qualificante e strategica delle Comunità la redazione di un piano di sviluppo
socio economico. In tal senso, si disponeva che “entro un anno dalla sua
costituzione, ciascuna Comunità Montana appronterà, in base alle indicazioni
del piano regionale, un piano pluriennale per lo sviluppo economico-sociale
della propria zona”. Lo stesso art. 5 definiva i caratteri e i profili
funzionali del piano che muovendo da un esame conoscitivo della realtà della
zona doveva “prevedere le concrete possibilità di sviluppo nei vari settori
economici, produttivi, sociali e dei servizi”. A tale scopo “doveva indicare il
tipo, la localizzazione e il presumibile costo degli investimenti
atti a valorizzare le risorse attuali e potenziali della zona, la misura degli
incentivi a favore degli operatori pubblici e privati ai sensi delle
disposizioni regionali e nazionali”.
Veniva così posto, insieme all’istituzione
di un soggetto pubblico a cui è deputata la cura e la valorizzazione del
territorio montano, in quanto ambito caratterizzato da specifiche potenzialità
e da omogenee esigenze, il tema dello sviluppo socio-economico del medesimo
territorio. La Comunità Montana viene chiamata a
svolgere una funzione di programmazione e coordinamento delle attività dei
diversi soggetti pubblici e privati coinvolti secondo i principi della
partecipazione e della collaborazione.
La l. n. 142 del 1990, intervenendo
sull’ordinamento delle autonomie locali, ha apportato rilevanti modifiche alla
predetta disciplina, ridefinendo istituzionalmente le Comunità Montane e
collocandole a pieno titolo al suo interno.
In particolare, detta legge prevedeva che la Comunità Montana
esercitasse le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la
montagna stabiliti dalla Comunità economica europea o dalle leggi statali o
regionali, agisse come stabile strumento collaborativo
per l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni o a questi delegati dalla
Regione fosse formalmente riconosciuta come Ente Locale, sullo stesso livello
di Comuni e Province, con il fine di risolvere i problemi specifici dei
territori montani.
Con la l. n. 97 del
1994, lo Stato ha emanato nuove disposizioni per le zone montane,
prevedendo, che le Comunità Montane indirizzassero le proprie attività alla
tutela dell’ambiente e allo sviluppo socio-economico dell’area di riferimento,
rilevando come la salvaguardia e la valorizzazione
delle zone montane rivestano carattere di preminente interesse nazionale.
Inoltre, detta legge riconosce esplicitamente alle Comunità Montane un
importante ruolo per la tutela e la valorizzazione della montagna, tramite
l’individuazione degli “interventi speciali per la montagna”, ovvero di tutte quelle
“azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo globale
della montagna mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali
e delle potenzialità endogene proprie dell’habitat montano.” In particolare, le
azioni riguardano il profilo territoriale, economico, sociale e culturale e
delle tradizioni locali.
L’art. 7, che fa
specifico riferimento al piano
pluriennale di sviluppo socio-economico, al c.1
indica quale finalità principale “il consolidamento e lo sviluppo delle
attività economiche ed il miglioramento dei servizi; esso inoltre individua le
priorità di realizzazione degli interventi di salvaguardia
e valorizzazione dell'ambiente mediante il riassetto idrogeologico, la
sistemazione idraulico-forestale, l'uso delle risorse idriche, la conservazione
del patrimonio monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del
paesaggio rurale e montano, da porre al servizio dell'uomo a fini di sviluppo
civile e sociale”. L’art. 11, invece, individua nelle Comunità Montane l’Ente
Locale che promuove l’esercizio associato di funzioni e servizi comunali in
vari settori (raccolta e smaltimento rifiuti, organizzazione del trasporto
locale, realizzazione di strutture dei servizio
sociale …).
La disciplina della legge 142 del
1990, significativamente modificata dalla l.
n. 265 del 1999, è confluita nel D. Lgs. 267/2000 il c.d. “Testo
Unico sugli Enti Locali”.
Nella vigente normativa, la montagna viene
riconosciuta come un territorio con proprie peculiarità, che vede nel clima,
nell’assetto orografico e nella vegetazione fattori discriminanti e che, quale
realtà particolare, necessita di appropriati interventi di tutela ambientale e
di sviluppo sociale, culturale e d economico. Tale norma rafforza il ruolo
della Comunità Montana quale Unione di Comuni e sottolineano
l’importanza dell’esercizio associato delle funzioni proprie dei Comuni, in
base alla scelta ottimale di esercizio delle funzione in rapporto al livello
dimensionale ottimale.
A tal fine, l’art. 27 del
TUEL così individua la natura e il ruolo delle Comunità Montane: “Le Comunità
Montane sono Unioni di Comuni, Enti Locali costituiti fra Comuni montani e
parzialmente montani, anche appartenenti a Province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di
funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle
funzioni comunali. … La Regione
individua, concordandoli nelle sedi concertative, gli
ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle Comunità Montane, in modo
da consentire gli interventi per la valorizzazione
della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. … La legge
regionale disciplina le Comunità Montane stabilendo in particolare: a) le modalità di approvazione dello statuto; b) le procedure di
concertazione; c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) i
criteri di ripartizione tra le Comunità Montane dei finanziamenti regionali e
di quelli dell'Unione europea; e) i rapporti con gli altri enti operanti nel
territorio”.
L’art. 28, invece, definisce le funzioni: “ L'esercizio associato di
funzioni proprie dei Comuni o a questi conferite dalla Regione spetta alle
Comunità Montane. Spetta, altresì, alle Comunità Montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai Comuni, dalla
Provincia e dalla Regione. Spettano alle
Comunità Montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali
per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle
leggi statali e regionali. Le Comunità Montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a
perseguire gli obiettivi dello sviluppo socioeconomico, ivi compresi quelli
previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, che possono
concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del
piano. Le Comunità Montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano
pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di
coordinamento. Il piano pluriennale di
sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle Comunità Montane ed approvati dalla Provincia secondo
le procedure previste dalla legge regionale”.
Quadro
Regionale
In particolare, la Comunità Montana del Monte Peglia e Selva di Meana si
costituisce nel 1972, a seguito di una specifica legge regionale, la l. n. 23 del 6 settembre 1972. Le
successive leggi regionali, emanate dagli anni settanta ad oggi, sono andate
più volte a modificare e ad integrare quanto disposto dalla legge del 1972,
apportando anche gli adeguamenti imposti dalla piuttosto prolifica legge
nazionale in materia. In particolare, sono successivamente
attribuite alle Comunità Montane, le gestioni del patrimonio agro- forestale
regionale, le funzioni relative al vincolo idrogeologico, le funzioni per lo
sviluppo socio-economico e la valorizzazione dei territori montani.
Tra le più recenti, la L.R. n. 3 del 1999, individua analiticamente le funzioni e i compiti
conferiti alle Comunità Montane nel settore dell’agricoltura, delle foreste e
della caccia e pesca, riconfermando quanto già conferito o attribuito loro
dalle precedenti leggi e integrando la funzione di spegnimento degli incendi boschivi.
La L.R. n. 19 del 2000, che in seguito aveva
modificato la L.R. del 1999, è stata abrogata
recentemente dalla L.R. n. 18 del 2003 - “Norme in materia di
forme associative dei Comuni e di incentivazione delle
stesse”- che ha recepito quanto disposto dal TUEL.
La Regione, quindi, ha legiferato in materia di Enti Locali nell’ambito di sua competenza, dettando, tra le
altre, norme in materia di composizione, funzionamento e competenza degli
organi, perfezionamento ed efficacia degli atti, criteri di erogazione dei
finanziamenti, …
Nello specifico, l’art.
23 di detta legge così recita: “Le Comunità Montane per il raggiungimento
delle proprie finalità adottano, entro sei mesi dalla loro costituzione con le modalità previste dall’articolo 2, comma 1 della legge
regionale 28 agosto 1995 n. 40 ( cioè “in base agli indirizzi della
programmazione regionale e provinciale, le Comunità Montane predispongono il
piano d'intesa con i Comuni interessati per sottoporlo, con gli eventuali
aggiornamenti e indicazioni recate dal piano territoriale di coordinamento,
all'approvazione della Provincia”), tenuto conto della programmazione generale
e di settore della Regione e, in particolare del piano regionale decennale di forestazione, il piano quinquennale di cui all’articolo 28,
comma 3 del D.Lgs. 267/00. Il piano quinquennale è
approvato dalla Provincia entro sessanta giorni dal ricevimento. I programmi
annuali di esecuzione, sono approvati dalle Comunità
Montane contestualmente al bilancio di previsione. Il piano quinquennale
comprende tutti gli interventi che la Comunità Montana intende realizzare
nell’esercizio delle proprie funzioni e costituisce l’unitario strumento
di programmazione dell’attività
nell’ambito del territorio di competenza. Il programma
annuale è specificazione del piano pluriennale e comprende la proposta alla
Regione per il finanziamento delle azioni e progetti da svolgere nel corso
dell’anno da parte della Comunità Montana, riferita a tutte le possibili fonti
finanziarie, ad esclusione, ove motivata da particolari procedure, dei
finanziamenti comunitari. A finanziamento del piano concorrono le risorse
previste all’articolo 41”.
I Tratti
del PSSE
Il piano di sviluppo socio-economico, disciplinato, a livello statale
dal richiamato art. 7 della l. n. 97 del 1994 e dall’art. 28 del D. Lgs
267 del 2000 e, a livello regionale dall’art. 2 della L.R.
n 40 del 1995 e dall’art. 23 della L.R. n 18 del
2003, costituisce, quindi, un atto di indirizzo
politico e programmatico che, attraverso l’analisi della realtà economica,
produttiva e sociale deve individuare gli strumenti capaci di garantire uno
sviluppo equilibrato del territorio montano.
Obiettivo del piano è promuovere lo sviluppo economico,
sociale e culturale delle aree comprese nella Comunità Montana. Tale sviluppo
non solo deve essere compatibile con l’esigenza di tutela del territorio, ma
deve anche passare per la valorizzazione del
territorio medesimo. Il piano si deve caratterizzare per la concretezza e per
l’analiticità, allo scopo di evitare obiettivi
eccessivamente ambiziosi e di difficile realizzazione, privilegiando
la scelta di individuare e selezionare settori strategici idonei ad essere
efficacemente oggetto di un’attività di progettazione prima e di esecuzione
poi.
Prima di proseguire, appare opportuno fare una breve
digressione sui tratti salienti del precedente Piano di Sviluppo. Il Piano di
Sviluppo Socio-Economico 2000-2005, che la proposta del nuovo piano 2005-2010
andrà ad aggiornare ed ad integrare, era stato approvato, secondo quanto
disposto dalla normativa vigente, prima dal Consiglio Comunitario il giorno 24
Novembre 2000, con delibera n. 172, e successivamente
dalla Provincia di Terni e dalla Provincia di Perugia.
Detto Piano è costituito da 8 Capitoli, ognuno dei quali
affronta un aspetto diverso del territorio montano. Il primo capitolo, che potremmo definire d’introduzione, si concentra
sul concetto di sviluppo, da intendere non solo in senso strettamente
economico, ma anche come complesso di azioni in grado
di attivare uno sviluppo sostenibile che possa durare nel tempo, cioè “uno
sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di soddisfare i propri”. Si tratta, quindi, di
promuovere uno sviluppo “per le persone”, in modo da soddisfare quanto più
possibile i bisogni della Comunità, “promosso dalle persone”, le quali devono
partecipare attivamente alla fase di pianificazione e di attuazione
delle strategie di sviluppo della Comunità Montana, “delle persone”, cioè
realizzare progetti che investono nelle persone (formazione, cultura,
salute,…). Sempre nel primo capitolo, si espone la normativa secondo cui la
Comunità Montana è tenuta alla redazione di detto piano, la sua struttura e le
finalità che con esso s’intendono raggiungere.
Il secondo e il terzo
capitolo sono dedicati ad un’approfondita analisi dell’inquadramento
geografico, ambientale e storico –architettonico del territorio montano (
secondo capitolo) nonché ad un esame del contesto
socio-economico ( attività imprenditoriali e produttive presenti, con
particolare riguardo al settore agricolo e del turismo, andamento demografico,
occupati per settore di attività, infrastrutture esistenti, …) in cui si
colloca la comunità.
Il quarto capitolo
riporta l’analisi swot che, in base
a quanto emerso dalla descrizione della situazione socio-economica, mira
ad individuare i principali punti di forza e di debolezza del sistema
esistente, le opportunità presenti e le principali minacce, al fine di poter
stabilire le linee di intervento più efficaci.
Nel capitolo quinto,
il piano esamina gli strumenti di programmazione economica partendo dallo
studio dei Fondi Strutturali Europei fino ai Programmi di Iniziativa
Comunitaria (Interreg III, Leader +, Urban, Equal). L’analisi punta
sulla programmazione negoziata (programmazione quadro e programmazione
operativa) e conclude, poi, con la menzione dei Patti
territoriali operativi e del Vato verde. Le
successive sezioni affrontano rispettivamente l’analisi delle opportunità
previste dal PSR (Piano di Sviluppo Rurale) della
Regione Umbria, in particolare per l’agricoltura, la silvicoltura e la forestazione, e lo studio, suddiviso per settore di
attuazione, dei Piani di Coordinamento Provinciali (PTCP).
Il capitolo sesto,
che insieme ai due successivi, costituisce il cuore del
PSSE, si sofferma prima sulle condizioni fondamentali per lo sviluppo del
territorio della Comunità Montana (necessità di cooperare per competere, di
valorizzare il ruolo dei soggetti privati, di recuperare la centralità evitando
il pericolo di una lenta ma costante marginalizzazione,
…), poi sulle aree fondamentali a cui ricondurre le linee di intervento
previste dal piano (potenziamento delle infrastrutture, tutela del patrimonio
forestale, promozione dello sviluppo ecosostenibile,
…).
Il capitolo settimo,
invece, individua i settori di intervento, analizzando
puntualmente i progetti, le risorse disponibili, i vincoli e le possibilità
offerte dal panorama nazionale ed internazionale. In particolare, i settori
fondamentali sono i seguenti: ambienti, parchi ed energia; agricoltura e
zootecnia; selvicoltura e forestazione; turismo;
artigianato e industria; infrastrutture; servizi alle persone e settore no-profit; settore terziario; formazione; progetti innovativi e nuove tecnologie.
Il capitolo ottavo, intitolato “banca dei
progetti”, consiste nella presentazione sintetica delle 219
schede progettuali allegate al Piano di Sviluppo Socio Economico. Infatti, prima della stesura del piano, ciascun Ente Locale
facente parte del territorio della Comunità, aveva presentato alcune schede
analitiche in cui indicava i progetti che intendeva portare avanti nel
quinquennio di riferimento del piano, al fine di confrontarle con gli obiettivi
esposti nel piano stesso. Visto l’elevato grado di eterogeneità
per quanto riguardava la tipologia degli interventi previsti, le informazioni
contenute e la strutturazione delle proposte, si è deciso di allegare solo
quelle schede che fossero sufficientemente analitiche e coerenti con gli
obiettivi del piano.
Tra le 219 schede, 51 sono relative a
progetti facenti capo esclusivamente alla Comunità Montana del Monte Peglia e Selva di Meana, 1 deve
essere realizzato in collaborazione con il Comune di Allegrona, 1 con il Comune
di Orvieto e 1 con l’Istituto Agrario di Todi, 7 sono predisposti dal Comune di
Allerona, 1 dal Comune di Allerona
e dalla Provincia di Terni, 9 dal Comune di Castel
Giorgio, 2 dal Comune di Castel Viscardo, 39 dal
Comune di Collazzone, 3 dal Comune di Fabro, 21 dal Comune di Ficulle,
10 dal Comune di Fratta Todina, 15 dal Comune di Montecastello di Vibio, 11 dal
Comune di Montegabbione, 5 dal Comune di Monteleone di Orvieto, 15 dal Comune di Orvieto, di cui 1
in collaborazione con soggetti privati, 12 dal Comune di Parrano,
4 dal Comune di San Venanzo, 2 dal Comune di Todi, 1 dall’Istituto Comprensivo
Statale di San Venanzo, 1 dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, 2
dalla Provincia di Terni, 1 dalla Regione Umbria, 1 dal Consorzio di Bonifica
della Val di Chiana Romana e Val di Peglia, 1 dal
Consorzio di Bonifica Tevere Nera ed infine 1 è realizzato con una
collaborazione dei Comuni dell’Orvietano.
In ogni scheda, il soggetto proponente ha indicato: il
Comune, il settore di intervento, la descrizione
analitica del progetto, gli obiettivi e i costi previsti.
Oltre a ciò l’ente, in convenzione (approvata dal consiglio
comunitario con delibera n° 8 del 22.03.02 ) con le comunità Monti del Trasimeno, Amiata Senese, Cetona
e Alta Tuscia Laziale, ha partecipato alla formazione di un
raggruppamento di enti
per l’attuazione di un piano di sviluppo interarea, cosa questa che ha
permesso l’attivazione di un ulteriore linea di credito (mutuo con rimborso a
totale carico dello Stato).
Con i fondi relativi è stato possibile completare
l’intervento di ristrutturazione del casolare demaniale “Casanova”, sito in
comune di Allerona, che è
stato adibito a struttura ricettiva polifunzionale a servizio dell’Area
Naturale Protetta della Selva di Meana.
Visti i riscontri positivi
dell’operazione, è intenzione dell’ente riproporre - qualora se ne presentino
le condizioni – la stipula di una nuova convenzione.
Il territorio della Comunità
Montana del Monte Peglia e Selva di Meana vanta quali proprie peculiarità i prodotti
agro-alimentari e dell’artigianato nonché le
attrazioni turistiche, tutti aspetti tra loro strettamente correlati. Il
territorio montano, quindi, considerato come una risorsa unica, deve essere in
grado di dar vita a un proprio modello di sviluppo
socio-economico che permetta il coinvolgimento più ampio possibile delle
persone, in modo tale che i vantaggi che ne derivano raggiungano la maggior
parte della popolazione, senza però compromettere il futuro delle prossime
generazioni.
Esempi in tal senso sono rintracciabili negli incontri
tenutesi per l’ideazione di un “progetto di sviluppo integrato e di
valorizzazione d’area del territorio della Comunità Montana”, in cui è stata
rilevata l’opportunità di creare un sistema integrato “ambiente-turismo-cultura-agricoltura”,allo scopo di valorizzare l’artigianato, la tradizione e la
tipicità agro-alimentare della nostra zona.
Già alla stregua di tale attività interlocutoria
della Comunità Montana, sono stati individuati possibili interventi su settori
economici strategici e fortemente legati al territorio.
Per dare valore aggiunto alle risorse locali si ritiene di
perseguire dei processi di certificazione ambientale
(EMAS, ECOLABER, ISO 14.000).
Il valore dl nostro territorio è rappresentato da un insieme di elementi che vanno dal paesaggio alla civiltà dei luoghi.
Per questo iniziative come l’ecomuseo
del paesaggio, realizzato con la Provincia di Terni ed i Comuni ricadenti nello
Stina, rappresentano un’iniziativa positiva, come del
resto i circuiti del paesaggio di Todi e le iniziative presentate sul docup obiettivo 2 – misura C4, dai Comuni della Media Valle
del Tevere e dal GAL Trasimeno Orvietano.
Nel nostro territorio il settore agricolo ha da sempre
rivestito un ruolo fondamentale, in particolare la coltivazione dei cereali e
del tabacco. Con l’entrata in vigore nel 2005 della nuova PAC (politica agricola
comune), in fase di progettazione già negli anni precedenti, si potrebbero
prospettare dei cambiamenti, anche di un certo spessore, in questo comparto.
L’intento della PAC è quello di rendere indipendente il
premio comunitario, prima legato alla quantità finale ottenuta, dall’effettiva produzione cerealicola. Tale politica
potrebbe comportare che la piccola azienda agricola, realtà presente in maniera
rilevante nella nostra zona, la quale ha ormai maturato negli anni precedenti
un determinato livello di premio in base agli ettari di terreno coltivati e
alla produzione realizzata, potrebbe trovare non più conveniente continuare
questo genere di produzione, viste anche le costanti riduzioni dei prezzi a cui si assiste nel settore cerealicolo. Un ipotetico
scenario, sufficientemente plausibile, è rappresentato dal passaggio di queste
aziende dalla coltivazione dei cerali alle
coltivazioni foraggiere, invertendo così quel rapporto tra i due prodotti, che
a tutt’oggi si attesta tre a uno, e favorendo anche
l’aumento della zootecnia, in particolare dell’allevamento bovino.
In alternativa a questa
prospettiva, il piccolo agricoltore potrebbe realizzare un importante
cambiamento nella sua produzione, o meglio nelle sue tecniche di produzione,
passando da un’agricoltura di tipo industriale ad una tipo biologico, settore
in cui la domanda è in costante crescita. In tal modo, pur continuando a
percepire il medesimo premio comunitario, l’imprenditore si specializzerebbe in
comparto ricco di opportunità che in aggiunta
contribuirebbe anche a promuovere la valorizzazione del territorio.
Un discorso a parte deve essere fatto per la coltivazione del
tabacco, per la quale la politica
comunitaria prevede rilevanti cambiamenti nei prossimi anni. Attualmente,
la percentuale maggiore del ricavo proveniente dalla commercializzazione del
tabacco deriva dal premio e solo una parte residuale del prezzo è costituita
dall’effettivo costo del prodotto. Se, come è quasi
certo, il premio pagato sarà reso indipendente dalla produzione realizzata dal
coltivatore (disaccoppiamento del premio), questi
potrebbe tra le varie ipotesi indirizzarsi a colture alternative. La questione
assume una rilevanza notevole se si tiene conto che fanno parte della Comunità Montana due Comuni (Collazzone
ed Orvieto) che sono tra i maggiori produttori di tabacco della Regione Umbria.
Tuttavia è auspicabile che l’eventuale introduzione di colture alternative al
tabacco venga realizzata attraverso passaggi graduali
distribuiti nel tempo anche in funzione delle altrettanto graduali modifiche
previste dalla PAC.
Non da meno è il problema connesso all’irrigazione dei
terreni. Il tabacco, infatti, è un tipo di coltivazione che richiede un’elevata
quantità di acqua, che, nell’area del comprensorio Orvietano,
viene principalmente prelevata dal fiume Paglia e Chiani, per il tuderte dal
Tevere. Tuttavia, la naturale riduzione della stessa che si
verifica nel periodo estivo, non permette talvolta di soddisfarne
completamente la richiesta da parte dei coltivatori, oltretutto con il concreto
rischio di inclinare il delicato equilibrio idrogeologico del territorio. In
tal senso, sono in via di realizzazione sistemi di irrigazione
ad opera del Consorzio di Bonifica della Val di Chiana, il cui fine è appunto quello
di supplire alla predetta insufficienza.
Un altro settore strategico per la Comunità Montana è quello vitivinicolo, le cui proposte di interventi sono volte ad accentuarne la territorializzazione.
Ad Orvieto e nel tuderte questo settore ha fatto grandi passi in
avanti sia sul versante della produzione che su quello della trasformazione.
Inoltre la “cantina sperimentale” e “l’enoteca regionale”
rappresentano un punto di riferimento per l’intera Regione. La competizione globale, tuttavia, impone un’accentuazione del prodotto
d’area e quindi della valorizzazione del vino Umbro e di Orvieto in quanto
tali. Per questo è essenziale il forte
sostegno alle cantine sociali per il potenziamento
ed il rimodernamento delle Cantine
Sociali, in un’ottica maggiormente imprenditoriale.
I consumatori, siano essi turisti o no, devono essere
posti nella condizione di poter identificare il prodotto, non solo in riferimento al produttore, ma anche al territorio di
provenienza, laddove sia in grado di fornire un valore aggiunto in termini di
genuinità e di qualità. Mediante quest’approccio, il
territorio da un lato è oggetto di un processo di
valorizzazione, dall’altro, è in grado di conferire esso stesso valore.
Un tale risultato potrà essere conseguito solo a fronte di mirati e differenziati investimenti che seguano altrettanti mirati
progetti.
Altro settore strategico per la Comunità Montana è
quello forestale.
Il nostro Ente amministra una porzione rilevante del
patrimonio forestale regionale, che presenta caratteristiche di
alto valore ambientale. Da tempo sono stati
redatti dei piani di assestamento forestale ed è stato predisposto, in accordo
con l’Agesa e con le altre Comunità Montane umbre, un
progetto per la produzione e utilizzazione di biomasse
forestale ed agricole a scopo energetico.
In questo campo, la
Comunità Montana potrebbe sia favorire la crescita professionale
dell’imprenditoria e del management locale, sia promuovere interventi di formazione per far fronte alle continue
esigenze di flessibilità del lavoro, fornendo ai giovani gli strumenti adeguati
di analisi e di conoscenza del mercato, perché
“conoscere come funziona il mercato significa imparare a leggere la realtà per
diventarne protagonisti”.
Un discorso a parte merita l’enorme patrimonio regionale,
costituito da circa 13.000 ettari in cui sono presenti 130 casolari, che è gestito dalla Comunità Montana ed in cui sorge il grande
polo pubblico di Todi. All’interno del demanio regionale, ed in particolare
nell’area dello STINA (Sistema Territoriale di Interesse
Naturalistico Ambientale del Monte Peglia e della
Selva di Meana) la Comunità Montana punta alla
riscoperta e alla valorizzazione di prodotti tipici e d’attività tradizionali
attraverso il sostegno di “microprogetti imprenditoriali”.
Il complesso di proprietà pubbliche e di iniziative
di ricerca di Todi (Parco agroalimentare, Azienda
agraria dell’Università di Perugia, Istituto agrario
di Todi, Cami-vat, Etab, Verani Cortesi, Istituto Crispoldi)
possono rappresentare un vero polo dell’innovazione per l’agricoltura che sta
cambiando.
Sempre nel settore agricolo, la Comunità Montana potrebbe
favorire l’incremento della coltivazione delle olive, che, sebbene sia in
costante crescita, non ha ancora raggiunto un’adeguata espansione in rapporto alle
potenzialità del territorio, laddove la maggioranza delle coltivazioni è destinata all’autoconsumo e
l’assenza delle strutture adatte rende difficoltosa una produzione in scala
destinata alla commercializzazione. Oltretutto, se anche in questo caso si riuscisse
a creare un marchio territoriale identificativo dell’olio della nostra zona, il
prodotto potrebbe essere largamente commercializzato e ricondotto ad un
sinonimo di qualità.
In sintesi, nella produzione agricola delle coltivazioni
maggiormente legate al territorio, quali la vite e l’olivo, si dovrebbe
rafforzare la fase della trasformazione e della commercializzazione,
mediante la creazione di un efficiente sistema basato sulle economie di scala.
Ciò si traduce in interventi di rafforzamento e perfezionamento della filiera di produzioni agro-alimentari tipiche e locali, attraverso
sia la realizzazione di strutture, attrezzature e servizi, sia lo sviluppo di
sistemi di certificazione della qualità. Infatti, benché la zona della Comunità
Montana, come risulta dai dati statistici, abbia una
forte vocazione agricola, quasi tutta la produzione, ad eccezione del vino ed
in parte per l’olio, è destinata a mercati delocalizzati,
senza peraltro essere inserita all’interno di una filiera terminante con
industrie di trasformazione e/o conservazione. L’intero territorio, quindi,
essendo privo o quasi, di qualsiasi struttura agro-alimentare
in grado di legare il proprio nome o immagine alla tipicità delle produzioni o
del luogo, assiste ad una massiccia importazione di specialità agro-alimentari
con la conseguente perdita di valore aggiunto. Per contrastare questo fenomeno,
si potrebbe, partendo da quei prodotti locali che hanno già ottenuto un
riconoscimento in base a regolamenti comunitari (doc-dop IGP-tradizionali ecc.),
favorire la promozione di manifestazioni eno-gastronomiche
attraverso l’individuazione di itinerari di degustazione all’interno del
territorio montano.
Nel settore della zootecnia,
la Comunità Montana, nonostante già intervenga in maniera rilevante con gli
abituali miglioramenti dei pascoli del demanio, potrebbe puntare a promuovere
un particolare comparto dell’allevamento, quello biologico. Infatti,
la crescente richiesta di prodotti di cui si sia in grado di certificarne la
qualità e il metodo di produzione, non sempre riesce ad essere totalmente
soddisfatta per la scarsità dell’offerta. L’allevamento biologico, che
rappresenta perciò un settore in via d’espansione, non trova ampi sbocchi sul
territorio locale, in cui appare necessario attuare iniziative che tendano a
rivalutare la genuinità della gastronomia locale.
Le presenze turistiche nel comprensorio hanno fatto
registrare negli ultimi anni un continuo e costante incremento a riprova del
fascino e del richiamo esercitato dal patrimonio storico-culturale
e ambientale. Nel territorio della Comunità Montana, la presenza soprattutto di
un turismo verde o rurale ha già
comportato l’aumento dell’offerta di servizi e alloggi, in particolare delle
strutture agrituristiche. Tuttavia, per migliorare ulteriormente la situazione
esistente, da una parte si potrebbero creare percorsi tematici
e sentieri volti ad incrementare l’afflusso di persone appassionate di
trekking, equitazione e mountain bike, ma anche amanti della natura e della
quiete, dall’altra puntare a sviluppare una tipologia emergente di turismo,
quello giovanile e quello sociale, che richiede una buona disponibilità di
posti letto per singola struttura e a basso costo.
All’interno del territorio della Comunità Montana, sono previsti, tra gli altri, sia l’attivazione di centri d’educazione ambientale e di laboratori d’ambiente, in collaborazione con gli istituti scolastici della zona, per la promozione del turismo didattico ambientale volto all’apprendimento e alla conoscenza del contesto naturale e delle risorse ambientali,

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