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Madre, lungo il grande fiume noi e Te 

mercoledì 24 aprile 2024
di Raffaele Davanzo

L'acqua che semina e modella 
è Luce che si specchia nell'azzurro 
là dove si imbarcano i desideri, 
dove le fate si pettinavano i capelli: 
l'acqua sacra del Tevere, 
fiume di Storie e di Vita, ti canta, o Madre 
fin dai roteanti gorghi montani, 
fin dagli oscuri scogli sommersi, 
che Michelangelo voleva scolpire. 
Acqua che va per luoghi a te cari, 
che la pietà di noi figli volle dedicarti: 
nel tuo Transito sull'alta Canoscio 
fino ai Bagni a Deruta e, 
quando improvvise le acque voltano a destra, 
ecco il gesto della tua Consolazione 
che punta il cielo come la grande tenda 
del Tuo mantello che tutti noi protegge. 
Passate le gole dove ci ritroviamo con te 
ogni anno dopo Pasqua con canti di vera gioia, 
l’acqua s'arresta mansueta 
lungo i fianchi della diga ricurva, 
dove sibilanti rotori s'inventano 
scintille di luce come candele per i tuoi altari. 
Mai l'acqua da te benedetta allaga, spezza, trascina; 
nella tua Umbria diletta si proclama dono regale 
che ci unisce, i fratelli del mondo di sopra 
e noi di quello dell'oggi, qui sotto. 
Dovunque, fin dalla città col nome del Sepolcro 
di Tuo figlio, tutte le Tue lacrime, 
anche quelle di gioia, sono cerchi di pioggia silente 
che dissolvono nella nebbia che avvolge 
questo orizzonte mai troppo breve. 
Madre, il fiume del verde dell’anima, 
il fiume del verde dei boschi silvani, 
il fiume dell'acqua di noi futuri fratelli in te, 
Tu eterna come la Città che aspetta la sua acqua, 
città infinita nelle lunghe promesse del tempo.

Foto di Peter Riechof