opinioni

Piazza Duomo, ovvero storia di un laico opportunismo

venerdì 24 aprile 2015
di David Proietti - Coordimento SEL Orvieto
Piazza Duomo, ovvero storia di un laico opportunismo

E' triste dover constatare che anche chi fa dell'antipolitica (la chiamo così per approssimazione e per non impelagarmi in un discorso per il quale non sarebbe sufficiente il breve spazio che mi sono prefisso di occupare) il proprio cavallo di battaglia, ceda poi alla prima occasione utile alla “tentazione da campagna elettorale”. Mi spiego meglio. Leggo stamane che, dopo la legittima presa di posizione della cons. Vergaglia (M5S) in Consiglio Comunale, la questione del regolamento sull'uso ed il decoro di Piazza Duomo, approvato la settimana scorsa, finirà con molta probabilità nelle aule del Senato della Repubblica tramite un'interrogazione parlamentare dell'on. Lucidi (M5S).

Nel post in cui si annuncia l'intenzione di depositare tale interrogazione, dopo una serie di richiami ai tempi in cui Orvieto era parte integrante dell'allora Stato Pontificio, si scopre che lo scopo dell'azione parlamentare è quello di “chiedere se tale regolamento possa essere considerato applicabile e verificare se sia consistente con il dettato Costituzionale agli artt. 3 (principio uguaglianza), 7 (rapporti Stato e Chiesa) e 122 e ss. (disciplina enti locali), considerando anche infine che, fra l’altro, che le competenza relative sono, per legge, riservate ai Comuni ed alle Provincie e non certo alle Curie Vescovili”. Ed allora, visti i legittimi dubbi che tale argomentazione potrebbe suscitare in una nazione nella quale i rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica sono tutt'oggi oggetto di controversie e sproporzioni nei trattamenti, vediamo meglio la parte della norma che sarebbe viziata da questa vagheggiata accondiscendenza nei confronti della curia.

All'art. 1, indicando le finalità del provvedimento, si legge:

“[...] Salva ogni iniziativa organizzata dal Comune direttamente o congiuntamente ad altri soggetti, ovvero promossa nell’ambito di eventi di alto rilievo nazionale o internazionale, l’uso di Piazza Duomo è di norma concedibile per lo svolgimento delle sole attività o manifestazioni di seguito indicate:
- manifestazioni legate alla tradizione (“Pentecoste”, “Corpus Domini”, sacre rappresentazioni, giornate organizzate dal FAI, staffetta dei quartieri, ecc.);
- manifestazioni a carattere religioso approvate dalla Diocesi di Orvieto-Todi;
- cerimonie religiose (matrimoni, funerali, ecc.).
Per le manifestazioni che non rientrano nelle categorie suddette l’autorizzazione potrà essere rilasciata previa acquisizione del parere della Curia Vescovile e dell’Opera del Duomo, salvo in ogni caso – ove previsto – l’assenso della competente Soprintendenza.”

Come è facile intuire, la base della posizione a cinque stelle risiede nella parte riportata in grassetto che però, a ben vedere, non lascia intendere un ritorno ai tempi del potere papale: si capisce già da una prima lettura che lo scopo e la finalità della norma è quello di regolare i rapporti dell'amministrazione comunale (unica destinataria del diritto di decidere la destinazione d'uso del suolo pubblico) con le altre istituzioni cittadine (quali la Curia Vescovile e l'Opera del Duomo) presenti in quello stesso luogo con il proprio patrimonio artistico, culturale e umano.

Lasciando da parte ogni considerazione personale di ordine etico, religioso e politico, la ricerca del dialogo con tutte le espressioni dell'aggregazione sociale della cittadinanza dovrebbe essere una prerogativa di qualsiasi “buon governo” della cosa pubblica. Non si tratta infatti di “regalare” (come è stato detto) una piazza ad una determinata confessione o gruppo d'interesse, ma di regolare rapporti che altrimenti rimarrebbero (come peraltro è stato per lunghissimo tempo) alla discrezione di chi si trova temporaneamente ad amministrare la nostra città. Prevedere l'acquisizione del parere di Enti che con la loro opera danno un fondamentale contributo alla valorizzazione del patrimonio di Piazza del Duomo è, credo, non solo doveroso ma necessario per chi voglia ricreare un “sistema città” inclusivo ed efficace.

Viene quindi da domandarsi se ciò che sta a cuore al Movimento Cinque Stelle sia effettivamente la laicità delle nostre istituzione e non piuttosto la ricerca di voti facili in vista delle imminenti elezioni regionali.

Ragionando in buona fede, verrebbe da suggerire all'on. “portavoce” di usare i propri mezzi parlamentari per sollevare questioni fondamentali che ancora oggi rimangono irrisolte nei rapporti con la confessione cattolica (ad esempio in materia fiscale o nell’ambito della didattica nelle scuole), piuttosto che cedere alle esigenze di chi oggi si trova in clima di campagna elettorale ed intasare così i lavori parlamentari con demagogie prive di qualsiasi fondamento.
Sappiamo bene (purtroppo!) quanto possa essere foriero di scarsi consensi l'aggredire i veri nodi ancora irrisolti riguardo alla laicità delle nostre istituzioni, ma se l'obiettivo è quello di sollevare (finalmente!) questioni così controverse e cruciali per la vita della nostra Repubblica, non abbiamo altra scelta che lasciare da parte ogni teatrino elettorale, per quanto difficile.