opinioni

Fuori dal coro: parole e numeri

lunedì 30 giugno 2014
di Aldo Sorci

William Petty fu un personaggio straordinario del seicento inglese; marinaio, filosofo, medico ed economista, è noto, fra l’altro, per una sua passione particolare: i numeri. Nella sua opera “Political Arithmetic” così scriveva: “invece di usare solo idee al comparativo ed al superlativo e argomenti intellettuali, ho deciso di esprimermi in termini di numeri, pesi e misure”.

Era allora l’alba del metodo scientifico (Petty fu tra i promotori della Royal Society fondata a Londra nel 1662) e di quella “misurazione” delle cose e dei fenomeni che già interessò tanto i pensatori greci (a questo scopo inventarono la geometria e perfezionarono la matematica).
Oggi siamo in una fase della nostra vita sociale caratterizzata da un decisionismo forte ed ottimistico, molto gradito ai mezzi di comunicazione ed all’opinione pubblica. Dopo anni di crisi e depressione, non solo economica, si potrebbe dire che era ora. Ma vediamo alcuni numeri.

Secondo l’ultimo bollettino della Banca d’Italia e più previsioni di istituti specializzati ed associazioni (fra cui Confindustria), il prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia crescerà nel 2014 di appena lo 0,2% e solo nel 2015 potrebbe sfiorare il punto percentuale che il governo aveva indicato come obiettivo del 2013. Ciò era prevedibile perché i consumi (così come gli investimenti) non aumentano e le disponibilità reali delle famiglie non hanno “avvertito” l’effetto, fin troppo enfatizzato e lodato, del bonus fiscale in busta paga. Lo confermano anche i dati relativi alla pressione fiscale che, fatto il saldo fra gli sgravi ed i nuovi prelievi più o meno nascosti, rimane inchiodata al 44% del PIL.

Con questi modestissimi tassi di incremento dell’attività produttiva era illusorio aspettarsi e prevedere significative riduzioni della disoccupazione che infatti si manterrà ancora nel 2015 al 12,5% (circa tre milioni di disoccupati). Le annunciate ed opportune riforme nel campo del lavoro possono dare risultati apprezzabili solo in presenza di una ripresa economica più robusta.

Giorni fa, riportando le conclusioni di uno studio, un quotidiano scriveva che “l’Italia cammina sul filo del rasoio” ed è così soprattutto tenendo conto che il nostro fattore di rischio più serio e comunque molto oneroso, vale a dire il debito pubblico, continua a crescere sia in termini assoluti (2.107 miliardi di euro ad aprile), che relativi (135% del PIL). Ciò nonostante, le promesse continuano ad essere mirabolanti ed i commenti orientati in positivo. Lo stesso presidente della Confindustria, fra i più attivi ed ascoltati suggeritori di agende governative, plaude al riformismo muscolare.

Nella storia italiana, gli abbracci fra industriali e governo non hanno portato grande fortuna perché, come scrisse l’insospettabile Felice Guarnieri nel 1948, “essi hanno una mentalità che li porta a vedere ogni cosa sotto l’angolo visuale del loro particulare… hanno scarso senso del collettivo e sottovalutano gli interessi generali”.

Sull’altro versante, i vertici della già gloriosa triplice sindacale sembrano oggi spariti, con pieno merito, dalla scena sociale e politica e pare che le loro organizzazioni non abbiano più nulla da dire, neanche sul piano intellettuale. Dovendo fare una provocazione, direi che siamo in uno strano regime di sintonia fra capitale, lavoro e governo, una sintesi corporativa di fatto, senza bisogno delle corporazioni.

Del resto, la dialettica non è di moda neanche all’interno dei partiti dominati da un esasperato leaderismo; oggi è buono e giusto tirare dritto, isolare in ogni modo chi la pensa diversamente, imporre comunque le proprie idee e le persone più gradite.

Anche il Pd ha certamente trovato il suo nocchiero, ma ha forse perso la bussola di partito perché al leader populista moderno non serve tracciare una lunga rotta, un progetto di largo respiro; a lui basta il piccolo cabotaggio flessibile, privo di scrupoli e senza umiltà, della ricerca spasmodica del consenso elettorale e del guardarsi bene intorno da chiunque possa fargli ombra o frenare direttamente o indirettamente la sua ambizione.
Può darsi che questa sia la via più efficace per affrontare e risolvere i mali del nostro paese; è molto probabile che sia così e me lo auguro sinceramente, ma non mi piace e un po’ mi preoccupa.