opinioni

Confidenziali confessioni

lunedì 23 giugno 2014
di Mario Tiberi

Ai lettori e alle lettrici che mi domandano, chi candidamente, chi maliziosamente, chi provocatoriamente, il perché e il percome del mio impegno grammatico nella descrizione delle esperienze umane, sociali, politiche e civili del tempo in essere, mi sento di rispondere attraverso delle concise e, non per questo, non elaborate meditazioni sulla mia attuale condizione psichica e spirituale. Nell’articolazione di esse, mi sono avventurato all’interno delle dimensioni metafisiche della Verità, della Libertà e della Giustizia fino a salire nell’empireo dei sentimenti dell’amore e del perdono i quali, indubitabilmente, sono inscindibili e non possono esistere l’uno senza l’altro per, poi, giungere sulla cima apicale della piramide della vita: la Fede in Dio Creatore del Cielo e della Terra o, più laicamente, l’immanente fiducia nelle qualità e nelle capacità degli esseri umani.

L’aver, nell’ultimo decennio, trascorso ore ed ore, se non intere giornate, in compagnia di solo me stesso ha sì rappresentato una condizione alquanto frustrante e miserevole, ma ha pur posseduto degli aspetti inequivocabilmente positivi. Mi ha consentito, ad esempio, di soffermarmi a riflettere sulle più spinose ed intrigate questioni del vivere sociale e civile, sulla dimensione prettamente morale dei mezzi e dei fini dell’agire umano ed anche su quella, teologica e trascendente, dell’equilibrio tra materia e Spirito nella proiezione del naturale verso il Divino. Mi sono, cioè, sforzato di lottare per non rimanere travolto dalle tempeste del mondo odierno, per la non accettazione passiva e supina degli accadimenti esterni ed, anzi, per il loro ribaltamento indirizzato a gradi e livelli superiori di elaborazione attiva e propositiva.
Ho avvertito, dunque, che era giunto il momento di rompere gli indugi, di accantonare i dubbi e le incertezze, di superare gli ultimi ostacoli che si frapponevano tra me e la conquista della pienezza della mia interiorità, di smetterla una volta per sempre di piangermi addosso e, infine, di raggiungere la vetta del monte dalla quale poter osservare con occhi nuovi il mistero e il miracolo delle creature chiamate Uomo e Donna.

Ho assaporato, così, la sottile edonia che, tutto ciò, era doveroso e necessario iniziare a dividerlo e condividerlo con i miei simili, soprattutto con i reietti e i senza speranza. Sapevo, ora, cosa era e cosa significava il valore del perdono: sia nella componente individuale della purificazione che qualifica l’aspetto personale e che avviene all’interno della propria coscienza, sia nel grado dualistico della riconciliazione che ne sostanzia l’aspetto relazionale tra vittima e operatore dell’offesa e, oltre, anche nello stadio collettivo della pacificazione intesa come prospettiva di intervento generalizzato rivolto alle masse indistinte e indefinite. Avevo imparato a donare e a donarmi gratuitamente e disinteressatamente; avevo, cioè, imparato ad amare e con l’amore a provare la gioia del gesto generoso che trova la sua origine, il suo fine e la sua ragion d’essere unicamente in se stesso.

Mi mancava, però, ancora qualcosa e sentivo che era un qualcosa di veramente importante, di irrinunciabile, di assoluto. Un lampo di luce squarciò l’ultimo velo e davanti agli occhi, uno ad uno, mi passarono le figure di coloro che avevano segnato la mia esistenza: erano tutte persone giuste, perché pure in spirito e oneste nell’intelletto, e da costoro mi stavano pervenendo le risposte che andavo cercando. La fiducia in loro non l’avevo mai persa e, dai loro esempi di vita, riapprodai ad una fede ritrovata, più robusta e più lucente di quella vissuta in precedenza.

Gli uomini giusti conducono alle sorgenti della Fede che è inizialmente dono, accettato o rifiutato che sia; ma poi, se accettato, è sua custodia e conservazione e, quindi, conquista permanente di Essa. Per il mantenimento della Fede bisogna adoperarsi in ogni momento e circostanza e alimentarla e vivificarla costantemente con le azioni di bontà, le opere di misericordia, l’ammissione delle proprie colpe e, particolarmente, con la preghiera. L’uomo non solo di oggi, ma quello di sempre, è confuso e disorientato tra i se, i ma, i perché della vita e con essi pretende di mettere in discussione tutto, anche la Fede. La Fede, al contrario, è un’essenza assoluta che non ammette dubbi, scetticismi o vacillamenti in quanto li assorbe e li cancella tutti ed è, in vero, l’unica, universale ed eterna risposta ad ogni se, ma o perché.
Riesco ora, attraverso di Essa, a capire finalmente, ad avere piena coscienza e ad appropriarmi compiutamente del principio che chi ha fede in Dio non può non avere fede negli uomini e che Dio non nega la scienza degli uomini e la scienza degli uomini non esclude Dio. Parafrasando Ignazio di Antiochia, di gran lunga si avvicina alla verità l’affermare con risolutezza che è meglio essere un uomo giusto senza dirlo, piuttosto che dirlo senza esserlo.

P.S. : Colgo l’occasione per salutare e rivolgere un amorevole pensiero a Mario Pietrobelli di Amalfi, anche Lui, come me, alla continua ricerca e scoperta della Verità.