opinioni

Orvieto Capitale, Poesia o Prosa?

giovedì 21 novembre 2013
di Gian Paolo Aceto

La città di Orvieto, o sarà Capitale o non sarà.
Perché lo sia bisogna che lo diventi, perché lo diventi bisogna che si prepari trovando il consenso sulle proprie idee e programmi.
Si pensa che il consenso vada trovato in campagna elettorale e non prima, come l'uva, che si raccoglie a ottobre "perché quella è la stagione". E così per tanti le elezioni, anche quelle comunali, sono semplicemente un fatto ciclico, naturale, come un timbramento del cartellino in fabbrica o in ufficio, un'aspìrina periodica. Invece, pur se sono periodiche possono essere anche eccezionali in uno specifico contesto. Se Orvieto è in questa situazione, il programma politico-amministrativo che un qualsiasi partito vuole presentare deve essere a suo modo eccezionale "soprattutto perché normale", e cioè aderente al senso comune che tutti gli uomini hanno per ciò che riguarda una decisione da prendere.

L'ex caserma Piave non è situata a valle o in qualche periferia ma, proprio per la specifica posizione geologica e per decisione di chi una volta l'ha progettata è situata nel centro storico elevato di una città ricchissima di storia attraverso i millenni, e che accoglie in sé importantissimi monumenti artistici. Quindi la definizione di questa situazione è praticamente unica, per città di queste dimensioni, non solo in tutta Italia ma anche rispetto all'Europa.
Cos'è che ho detto essere unico, in sintesi? Una grande qualità storico-artistica (aspetto che è certamente maggiore in alcune città europee), ma originale e unico per possibilità nuove avendo dentro di sé un grande spazio costruito ma vuoto.
Nello stesso tempo però, inerte come una lisca di pesce che non ha più carne intorno a sé, e perciò non è più viva.
Il fabbricato della caserma è certamente oggi una costruzione de-qualificata rispetto a prima, ma con le strutture praticamente intatte, un'architettura quasi contemporanea certamente ben al di qua di quel diaframma temporale, in senso storico-artistico, per cui si potrebbe pensare che è un bene da difendere per motivi di artisticità architettonica, perché da questo punto di vista è un ibrido semplice e severo, e perciò funzionale a ciò per cui era stata costruita. Né più, né meno.
Può quindi accogliere in sé attività scientifico-imprenditoriali contemporanee.
C'è da chiedersi quali, quale l'indirizzo più consono, l'indirizzo soltanto per carità, perciò non "precisissime" secondo i manuali per apprendisti o "autorità in socio-archi-urbanistichegia, con i loro progettini trasferibili in altre duecento realtà cittadine sparse per tutto il mondo, roba da archistar seriali, arrivano ed è come se sciorinassero il campionario della maglieria per uomo-donna-città. Ed è come se ai poveri amministratori colpiti da tanta modernità venisse offerto il nuovissimo modello canadese, o birmano, o sudafricano. "ecco, questo è quello che ho progettato a Kiev, economia delle funzioni, il museo, lo spazio, la luce, il tempo........".

No. Si può invece tentare di "interrogare la materia", così come si fa per la chimica o la creta o la geometria o la buona cucina, con igiene mentale, che vuol dire anche indagare e tener conto della pluralità di rapporti che investono un particolare problema.
Per questo tipico assetto della città si può tentare di favorire (non progettare in vitro!...) in principio gratuitamente l'inserimento parziale all'interno della caserma di attività personali di impresa o ricerca, o anche solo di studio qualificato, che per le loro necessità logistiche in senso lato non necessitano, ognuna per sé, di grandi spazi come le normali fabbriche.
Ripeto, in parte, quello che ho già proposto nella campagna elettorale del 2004 e poi in qualche articolo successivo. E' il concetto di parco scientifico, ma relativo agli ambienti della caserma.
Ci sono attività contemporanee che esistono o comunque operano dappertutto in Italia o nel mondo occidentale. Oppure in tanti Paesi che, anche eredi di antiche e culturalmente complesse civiltà, si sono poi "arenati" nel tempo o hanno dovuto subire un processo di colonizzazione e soltanto negli ultimi tempi si sono affermate con indipendenza rispetto a quelli che vengono considerati "i Paesi più avanzati".
Specie ultimamente sono usciti diversi articoli e saggi nei quali si spiega e si da conto di quanto ferva nel mondo occidentale la ricerca di giovani "cervelli", da parte degli atenei o delle imprese private, proprio per accaparrarsi "conoscenza", che si traduce poi in scienza e produzione.
Ma non si è mai sentito che una città della dimensione di Orvieto (e nel concetto di dimensione non c'è certamente solo quello quantitativo) possa, prendendo spunto dall'avere gli spazi giusti, dare inizio a una specie di "raccolta" di questo tipo.
La "raccolta", da parte di un Comune che veramente voglia farlo e abbia al suo vertice le persone giuste, si può attuare in principio soprattutto telematicamente (il che non avrebbe quasi nessun costo), utilizzando indirizzari di diversa e competente provenienza, e anche sulle riviste scientifiche, e attraverso un'informazione mirata. Questo per l'Italia e il cosiddetto mondo occidentale nel suo genere.
Ma l'aspetto forse più interessante potrebbe essere quello di diffondere l'iniziativa in università e istituti di ricerca in generale in quei paesi al di là del cosiddetto Occidente dove molti giovani studiosi con curriculum di tutto rispetto o persone che abbiano piccole imprese di alto livello di ricerca possano essere interessati a trasferire le loro attività a Orvieto, dove troverebbero enormi facilitazioni da parte del Comune e un ambiente culturale per forza di cose e di storia diverso dal loro. Questa possibilità di per così dire confronto potrebbe avere un suo fascino se sapientemente concretizzata.
E va da sé che se un giorno la Caserma, adeguatamente preparata, nel senso di rinnovata, fornita dei più moderni sistemi di cablaggio, riuscisse a "funzionare" in questo senso, il fatto sarebbe di grande impatto per quella che si può chiamare per una città di questo tipo, "la qualificazione della sua contemporaneità".
La ricerca è fatta di esperienza ma anche di intuizioni, anche se queste sono ben più rare. L'intuizione nasce con l'immaginazione, e a seconda del substrato culturale, direi meglio storico-culturale, del popolo cui la persona appartiene. In certe regioni del mondo ci sono state alte civiltà, come tutti sanno e non è una novità, India, Cina, Paesi arabi nella fascia della Mezzaluna fertile, dove sono fiorite nel lontano passato non solo la letteratura ma anche le scienze, con specifici modi di apprendere o processi di pensiero. E queste facoltà ritornano o possono ritornare nel corso del tempo. Immagino e anche so, che le vie della mente sono in tutto il mondo molte più di quelle che portano a Roma.
Si può far sì perciò che qualcuna possa condurre perché no a Orvieto.
E senza troppo preoccuparsi se ciò che si vuole iniziare possa essere, come dice il titolo di quest'articolo, poesia o prosa.