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Chi semo,…?! Che famo,…?! Do’ annamo,…?!

domenica 6 marzo 2011
di Nello Riscaldati

Si racconta, pur se lo si fa con voce ovattata per non turbare la quiete dei luoghi, che in queste sere gelate di fine inverno, con la tramontana che ti schiaffeggia il cervello e ti fa rattrappire e raggomitolare i pensieri ed i concetti negli angoli più impensati della capoccia, si racconta che qualche solitario abitante della Rupe e dintorni, pur se altre fonti asseriscono la presenza anche di coppie, si aggiri per le vie della città disabitata tormentandosi, muro muro, alla ricerca delle risposte alle domande sopra citate.
Qualcuno addirittura sostiene la presenza, peraltro non provata, di tenaci errabondi anche on line.

L'errabondo solitario, da solo se è solo o in coppia se sono in due, da solo erra, da solo parla e da solo si risponde. Qualche raro e restìo testimone, interrogato a fatica, racconta come lo si veda di tanto in tanto sostare davanti alle plance per le affissioni ed appunto lì fissarsi, concentrarsi ed inveire contro l'occasionale, notturno passante, timorato del Comune e della Curia, passante tranquillo pertanto perché è lì che ha trovato tutte le sue risposte, ma che rifugge dall'allacciare un colloquio con l'errabondo tormentato, svicolando o entrando nel primo portoncino aperto che trova mentre dall'altro lato della strada un ossuto gatto nero osserva sul chi vive la scena essendo più che altro affamato e non avendo neanche lui la voglia di parlare con nessuno.

Ora noi sappiamo,perché ce lo dicono i filosofi, ed i filosofi, si sa, sono sempre i filosofi e loro parlerebbero di problemi ontologici, gnoseologici, teleologci e via dicendo, ora noi sappiamo, dicevo, che la ragione umana ha in sorte quella di essere tormentata da problemi e domande che non può evitare perché intrinseche alla natura sua, ma alle quali non sa dare risposte perché tali risposte, ammesso che esistano, sono al di là dei poteri di comprensione della ragione stessa.

Ed è qui che l'errabondo, pedone o scrivano che sia, inciampa nelle buche e nei ciottoli del tormento del dubbio, sosta nei trivi e nei quadrivi e poi riprende a muoversi chiedendo risposte a destra e a manca, risposte forse annidate però in chissà quale buco nero di chissà quale ignorata galassia.

Prima domanda: "Chi semo,...?!".

Quesito veramente tremendo! L'errabondo sosta immobile e medita risposte. Poi si guarda intorno e formula ed enuncia le più probabili: "Semo quelle arimaste su per Orvieto e semo arimaste in poche,...semo arimaste le più scialacotte,...semo arimaste senza ‘na lira,...semo quelle che se piagnemo addosso da la mattina a la sera perché ce piace tanto,..". Oppure:"'Na vorta lo sapèssimo, mò nu lo sapemo più,...".

A conforto di questa ultima risposta si adduce come testimonianza una trasmissione di Rai Tre Regione di qualche giorno fa dove venne mostrata una carta dell'Umbria con sopra stampigliate tutte le sue città meno Orvieto. C'era insomma un buco nero nel lato inferiore sinistro della regione.

A tale vista così meditò l'errabondo: "Ha' visto mae che da Peruggia hanno spostato le confine de notte, e qua di quì nessuno se n'è accorto, tanto dice che per loro Orvieto nun conta un pisello,...?! O puramente che se semo spostate da noe senza fa capì gnente a nessuno e che ‘r Sindaco a ‘sto punto nun se renne conto più manco in che città sta a fa' ‘r sindaco?!

Vòe sape' chi semo,..?! Ah! E' ‘na parola,..! ‘Na vorta, tanto tempo fa, sèssimo tutte fasciste, poe all'improviso diventassimo tutte communiste, socialiste e democristiane, poe ‘emo fatto sparì anche quelle e oggi è un casino tale che c'è chi zompa da ‘n banco a ‘n' artro come fanno quelle de ‘r sarto in lungo, e cambia nome cognome e colore a seconda de le staggione o appena che ha capito che parte sta a cambià ‘r vento, sempre che ‘r vento tiri e sempre a ‘r grido che "l'importante intanto è la salute!".

Seconda domanda ancora più difficile: "Che famo,..?!"

A tale accorata invocazione, formulata dall'errabondo in una stretta viuzza dalle parti dell'arco di Calanga rispose, da una finestra apertasi all'improvviso, una voce di donna: "Famo schifo,...ecco che famo,..! Bisognerebbe chiappà tutte quelle che cianno aridotto così e stènnele da la terrazza de ‘r Commune a ‘r posto de le stennarde ‘r giorno de ‘r Corpusdòmine e poe portalle in corteo su ‘na carretta. Così ‘r popolo, anche quello ignorante e ciuco, potrebbe vede chi so' in modo da potesse da' ‘na regolata casomae si "da le vorte ritornassero",..!".

L'errante notturno raccolse la proposta, pur giudicandola un po' qualunquista, ma non si scoraggiò e formulò delle controproposte: "Ortre che fa schifo potrèssimo sempre fa' ‘r giro de la Gonfaloniera,...potrèssimo fa ‘na cecciata su le schiace de ‘r Domo,...potressimo annà a senti' ‘r Consijo Communale, perché è lì che s'imparono tante cose utile all'omo de la strada e a la donna de la strada,...! Insomma, volendo, ciavrèssimo ‘na vasta gamba de possibilità de scerta de cose da fa',...!"

Terza e ultima domanda, la più ardua, la più difficile: "Do' annamo,..?!".

Questa volta si apri una finestrella di una di quelle viuzze che sboccano sulla Piazza del Cornelio e questa volta fu una voce giovanile a rispondere: "De ‘sto passo annamo tutte a,....!"
Un fragoroso tuono di marzo impedì all'errabondo di capire il seguito. Ma, pur nel frastuono dello scatenamento di un temporale notturno, il meschino intuì il completamento della risposta al quesito, raccolse il tutto ma nemmeno questa volta si arrese.
Un passante senza ombrello gli stava venendo incontro: "Do' annate quell'o',..?!" "Voe nu lo so, ma io vò a riparamme da quarche parte anche perché ho tanta paura de le trone a ‘r punto che da le vorte me se scioie anche ‘r corpo,...!"

E, così parlando, rapido si dissolse nel malloppo del buio della notte. L' errabondo orvietano, rimasto solo, si addossò sotto l'arco di un portone, guardò in alto, guardò in basso poi guardò in giù e vide un uomo che veniva in su con una mano in tasca e con l'altra atteggiata a stringere un ombrello che credeva di avere ma che in realtà non aveva. Forse era il Sindaco o forse un Assessore o un Consigliere, ma lui non lo riconobbe, gli apparve solo come "uom grave d'anni e carco di pensieri".

-"Do' annamo quell'o', de ‘ste tempe,.?!".

L'uomo si fermò, chiuse l'ombrello che credeva di avere e che invece non aveva e, guardando fisso avanti a se, pronunciò la seguente risposta:

"Abbiamo tre possibilità mio caro: O annamo a rovina,...o annamo a lumache,..o annamo a,....!"

Ma un tuono così possente e rumoroso, e tale da far persino supporre l'uso dell'uranio impoverito, impedì ancora una volta di ascoltare per intero la terza alternativa. L'ombra del presunto politico sparì giù ingoiata dal buio del Cordone e della Cava, quella dell'errabondo si dissolse là per la Via del Popolo verso la Gonfaloniera.

Questa storia chiaramente falsa e tendenziosa, è frutto di una fantasia deformata e che ha come scopo quello di seminare paura ed apprensione sia tra i governanti che tra i governati.
Da ambienti ufficiali si apprende invece che la situazione è completamente sotto controllo, che non bisogna abbassare la guardia, che bisogna abbassare i toni e innalzare i livelli di attenzione perché negli ambienti competenti si assicura che verranno prese tutte le misure necessarie per discutere con la dovuta calma i grandi temi ed i grandi problemi sul tappeto.

Nell'ascoltare tali alte parole l' errabondo che stava attraversando la strada sulle strisce pedonali ebbe un attimo di esitazione e l'effetto fu che una veloce macchina truccata per un pelo riuscì solo a sfiorarlo.

-"Attraversa su le strisce, morto de sonno,..!"- urlò inguastito il conducente.

L'errabondo si guardò le scarpe e poi si concentrò. Era sicuro di trovarsi sulle strisce pedonali e per la verità c'era veramente. Solo che le medesime, con l'uso di mesi ed anni, erano diventate pressochè invisibili come del resto tutta la segnaletica orizzontale del territorio comunale.

-"Forse - congetturò l'errabondo - Orvieto sta veramente cominciando a sparire, iniziando cosi, dalle piccole cose.

Ma noi speriamo di no!