opinioni

Quando la cultura unisce e l'insipienza divide...

sabato 16 gennaio 2010
di Mario Tiberi

Una delle discipline maggiormente praticate e cimentate dal genere umano nel corso dei secoli, quando più o quando meno, è ravvisabile nella frequentazione delle palestre del sapere.
Gli antichi le chiamavano "Ghimnasium" perché a loro si accedeva con il corpo nudo come nuda, cioè scevra da preconcetti, deve essere la mente nell'approdare alle fonti della conoscenza.

Chi pensa che la cultura sia un orpello strumentale da gettare nella mischia quando si è all'angolo e, per uscirne, ad essa ci si possa aggrappare, costui pensa e discerne malamente perché non è nel suo uso che va ricercata la sua ragion d'essere quanto, piuttosto, nella sua natura e capacità di elevazione dell'intelligenza acerba e primitiva.
In altri termini: ci si nasconde e ci si barrica dietro il logo cultura quando, per distogliere le vigili attenzioni, si pone in essere il maldestro tentativo di voler dire tutto mentre, invece, non si ha nulla da proferire perché fin da principio non si aveva nulla di importante e di significativo da proporre.
Andiamo per gradi e vediamo di accendere anche una sola, flebile fiammella sulla spinosa questione.

Per cultura, secondo i più accreditati filologi, deve intendersi il complesso delle conoscenze intellettuali e delle nozioni di scienza che contribuisce in maniera preponderante alla formazione dell'educazione e dell'istruzione della personalità individuale; anche, però, sono da comprendere tutte quelle pratiche e tradizioni collettive di una società o di un gruppo sociale che conducono alla costituzione di una civiltà.
Da codesta premessa è possibile distinguere , per un verso, tra una cultura di base o generale formata da un nucleo elementare di conoscenze e nozioni ritenute fondamentali per ogni individuo che intenda collocarsi all'interno della società in cui desidera vivere e, per l'altro, una cultura di massa che è quella prodotta e diffusa in modo standardizzato per due o più individui che vengono da essa legati ad un comune sistema di vita.

Più agevole diviene l'avvicinarsi ad una corretta definizione dell'insipienza che, alla luce delle considerazioni che precedono, altro non è se non l'ottusità di mente e la stoltezza di coloro che non sanno e, ancor peggio, che non si curano di colmare la propria ignoranza e le loro lacune intellettuali e conoscitive.
Sull'insipienza trova terreno fertile per germogliare e fruttare la cosiddetta cultura subalterna, tipica di un popolo rimasto a lungo in dipendenza da un pensiero dominante con effetti di gravi disgregazioni sociali fino a sfociare in forme, spesso violente e incontrollabili, di ribellione e rivolta.

Che la cultura unisca, anche i più distanti, e l'insipienza divida, anche i più prossimi, è a questo punto un assioma che non necessita di dimostrazione alcuna.
Mi pare di poter affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che quanto sta accadendo negli ultimi tempi ad Orvieto possa essere ricondotto ad uno scenario in cui chi tira la corda della coesione civica, ispirata dalla cultura, trova il suo contraltare in chi tende a spezzarla per ottusità e stoltezza.

E se un manipolo di eterogenei intellettuali, non di sedicenti depositari della "Intellighentia" che tanto sapore ha di snobismo oligarchico ed accademico, si aprono alla società civile orvietana e alla sua classe politica per tentare di offrire valide soluzioni ai problemi di tutti, non li si guardi con diffidenza e spocchiosa altezzosità, bensì con il rispetto e la giusta considerazione che essi meritano perché non è loro intenzione di prendere in mano la città, ma prenderla per mano ed accompagnarla verso lidi migliori.

Del resto, non si tratta altro che di avviare un laboratorio di sperimentazione concettuale del pensiero che suggerirei di denominare "Filofucina", dove il prefisso "filo" indica il senso della passione amorosa e, fucina, la forgia che trasforma la materia grezza in prodotto modellato e finito.
La scommessa è già sul piatto; si attendono dei seri e volenterosi giocatori!.