opinioni

"Est modus in rebus": quando si supera la misura

domenica 15 novembre 2009
di Mario Tiberi

Che l'essere umano fosse il soggetto più stravagante e cocciuto che abbia mai calcato la terra del nostro Pianeta, è aneddoto conosciuto e risaputo: che, però, fosse pure così diabolico nella sua miserevolezza, lo stiamo scoprendo di recente nello scorrere di fatti e personaggi alla ribalta degli strumenti di comunicazione di massa.
Prendiamo due episodi di pungente attualità e di rara esemplarità per delle riflessioni generali sulla nostra condizione di cittadini, in parte divertiti, e in parte esasperati.

Partendo dalla vicenda della velocizzazione dei processi giudiziari, aldilà della fondatezza incontestabile dell'assunto che una giustizia a "lumaca" rischia di produrre infinite ingiustizie, vi è da chiedersi come mai l'annoso e antico problema della brevità processuale sia esploso così all'improvviso tanto da portare alla ricerca di soluzioni congegnate all'insegna del pressappochismo e della frettolosità.
Nell'arco di pochissimi giorni il "pool" di giureconsulti di Palazzo Chigi, composto per la stragrande maggioranza dagli avvocati del Capo del Governo e tutti nominati in Parlamento, ha redatto un testo legislativo di soli tre articoli da sottoporre nel più breve tempo possibile all'approvazione di Camera e Senato.
Dal Quirinale sono subito giunte delle note critiche sulla costituzionalità del provvedimento; il Presidente della commissione Giustizia ha anche Lui sollevato le stesse perplessità in sintonia, seppur parziale, con l'ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati; le opposizioni tutte, con toni e accenti diversificati, hanno comunque convenuto sulla inopportunità di tale atto e qualcuno è arrivato perfino a dire che trattasi di una vera "porcheria"; all'interno della stessa maggioranza parlamentare si sono avvertite chiare voci di dissenso e di dissociazione; l'Associazione Nazionale Magistrati, infine ma non ultima, ha reso pubblico un documento nel quale si invita il Governo a tenere nella dovuta considerazione gli "effetti devastanti" che una siffatta legge produrrebbe sul già ingolfato ed annaspante ordinamento giudiziario italiano.
Di fronte a tutto ciò, una qualsiasi ragionevole persona arresterebbe la sua sperticata corsa per riflettere e, semmai, per ripensarci e tornare indietro; ma il nostro Presidente del Consiglio è così pieno delle sue presuntuose convinzioni da non ascoltare niente e nessuno a costo di battere la testa e rompersela. Il guaio è che la batteremmo pure noi, semplici e comuni cittadini!.

Il secondo episodio riguarda il rovente scambio di accuse che, nell'ultimo periodo, si sono indirizzati quelli che, per dirla alla maniera del Sindaco in carica, vanno sotto il nome di Stefano 1° e Stefano 2° suoi predecessori.
Non volendo considerare gli aspetti più squisitamente giuridici e politici della vicenda ancora in corso d'opera, è comunque da segnalare che dopo una così virulenta tenzone a colpi di "pesci in faccia", di cui uno dei più nauseanti è stato quello di venire a conoscenza che si organizzavano riunioni istituzionali per assentarsi dal lavoro fuori sede, sarebbe come minimo decoroso per entrambi i duellanti fermarsi e innestare non una, ma cento marce indietro, fino a tornare alla condizione di una più consona "vita solo ed esclusivamente privata".
Non ci si lamenti, poi, se la rabbia popolare tende ad esplodere come quella, ad esempio, dei pendolari orvietani che, già tartassati da orari impossibili, si alzano di buon'ora tutte le mattine per onorare il loro dovere di lavoratori raggiungendo regolarmente i rispettivi posti di lavoro anche se disagiati.
Lo "Est modus in rebus", di Oraziana memoria, che ha guidato il buon senso di uomini e donne comunemente responsabili, sembra non trovare più stabile dimora nell'animo di chi dovrebbe fare della RESPONSABILITA' la sua stella polare.

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