opinioni

L'insostenibile pesantezza dei bilanci

sabato 17 ottobre 2009
di Mario Tiberi

Da un po'di tempo a questa parte, la parola "BILANCIO" è diventata una specie di incubo, sia diurno che notturno, che ci fa sobbalzare ogniqualvolta la pronunciamo o la sentiamo pronunciare.
E pensare che nel lessico usuale detta parola non ha affatto un significato deteriore e catastrofico; anzi, al contrario, possiede un contenuto a valenza positiva riferendosi a quella doverosa e legittima attività di resocontazione del proprio vissuto che, in via di normalità, ognuno di noi svolge nella vita privata e/o pubblica. Effettuare, a cicli periodici, il resoconto delle proprie azioni, omissioni e pensieri ci stabilizza nel presente e ci consente di gettare le basi per l'avvenire, prossimo o lontano che sia.

Senonchè, in special modo nei settori dell'economia e della finanza, predisporre e realizzare bilanci è divenuto troppo spesso sinonimo di anomalie di varia tipologia: falso in bilancio, frode in bilancio, squilibrio di bilancio e chi più ne ha, più ne metta.
A dire il vero, la causa primigenia di tali sconquassi risiede nel fatto, a mio sommesso avviso, che le crisi economico-finanziarie succedutesi negli ultimi decenni hanno trovato e trovano tutt'ora la loro origine scatenante da un'unica morbosa sorgente: non più e solo la carenza di saldi principi di etica professionale e politica, ma anche e soprattutto nell' assenza e nel rifiuto sdegnoso di ogni e qualsiasi ancoraggio ai postulati di "Eunomia" legislativa e regolamentare.

Faccio un esempio per meglio intenderci: se i "top-managers" della grandi banche d'affari mondiali avessero portato rispetto ai portafogli dei loro risparmiatori ed investitori con scelte oculate e trasparenti ed avessero guardato anche ai legittimi interessi di quest'ultimi e non solo ed esclusivamente ad ingrassare i loro già opulenti patrimoni, con probabile certezza le enormi bolle speculative, che hanno generato l'esplosione dei sistemi monetari, o non si sarebbero verificate o, quantomeno, i loro perniciosi effetti sarebbero stati contenuti e controllabili.
Quanto descritto si è reso possibile in quanto i predetti avventurieri della finanza hanno potuto fare agio su due fattori rappresentati, da un lato dalla loro scarsa inclinazione a comportamenti morali, e dall'altro dall'impunità derivante dalla mancanza di ordinamenti giuridici severi e intervenienti.

Durante la seduta dell'ultimo Consiglio Comunale dedicata alla manovra di riassetto del bilancio, il Sindaco ha citato Solone volendosi riferire ai moderni Soloni che parlano, parlano e non concludono nulla. E' vero che nell'uso comune è ormai radicata codesta accezione, però è pur vero che Solone fu un grande politico e legislatore nella democratica Atene del sesto secolo a.C. .
In un celeberrimo discorso pronunciato davanti ai Sette Saggi dell'Areopago, dopo aver sostenuto che solo la verità può garantire la giustizia, affermò con decisa risolutezza che, senza la verità, la giustizia stessa è come una tela di ragno che trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e rimangono liberi. Passano i secoli, passano le civiltà e le culture, ma la più elevata aspirazione degli uomini resta sempre il raggiungimento della verità.

Del bilancio del Comune di Orvieto qualche segnale di chiarezza iniziamo ad intravederlo anche se molta strada rimane ancora da percorrere; di quello statale siamo invece nell'oscurità a stare alle parole del Presidente della Commissione Europea che, riferendosi all'Italia, senza mezzi termini definisce la situazione del nostro deficit tale da essere insostenibile. Delle due l'una: o mente il Presidente Europeo o mente il ministro Tremonti che continua a ripeterci come tutto sia in ordine e sotto controllo. Che tutto era in ordine e sotto controllo ce lo siamo sentiti dire, nel piccolo della nostra realtà orvietana, anche dall'ex Sindaco e, poi, stiamo scoprendo quello che ormai è sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che hanno bisogno di spesse lenti per vedere!.

Di una insostenibile leggerezza scrisse un certo Milan Kundera nel 1984, ma si riferiva ad una entità immateriale quale è la psiche umana; di fronte a innumerevoli e materiali sacchi di sonante moneta mancante credo che anche lui avrebbe parlato di una insostenibile pesantezza di bilanci!.