opinioni

Orvieto città (quasi) medievale

giovedì 21 giugno 2007
di Mauro Sborra
Ampiamente dimostrato come il “Palio dell’Oca” nulla abbia a che vedere con le varie manifestazioni del nostro medioevo, veniamo ora al “Corteo Storico”, il quale presenta arbitrarietà molto pesanti. E’ sicuramente il prodotto di una eccezionale fantasia, di un ammirevole buon gusto, di una pertinace volontà organizzativa, di un notevole sacrificio finanziario, di una eccellente perizia artigianale, ma non è storico, non è una ricostruzione documentata fatta da studiosi. Qualche esempio. I quartieri dell’epoca avevano ben altre denominazioni, facilmente rilevabili consultando il Catasto del 1292; la figura del Podestà era ormai sbiadita, perché l’esistenza abbinata con il Capitano del Popolo ne aveva ridotto notevolmente le competenze; i simboli delle varie Arti erano ben differenti da quelli che sfilano ai nostri giorni, e lo si poteva constatare prendendo in esame quelli impressi, nel 1313, sul tondo della Campana del Popolo, oggi sulla Torre del Moro; a molti personaggi è stato dato un lustro che non avevano assolutamente; per buona parte dei costumi, che pur presentano meravigliosi lavori dell’artigianato locale, sarebbe difficile indicare il secolo, e lo stesso dicasi per i tessuti adoperati; sui Domicelli ci sarebbe molto da ridire, ecc. ecc. E’ bene, a questo punto, ricordare come sia nato il Corteo Storico. Nell’ottobre del 1949 si tenne in Orvieto il Primo Convegno del Dramma Sacro, e si stabilirono annuali rappresentazioni. Le prime si ebbero nel 1951 : venne rappresentato il “Miracolo di Bolsena” sulle scalee del Duomo, ed ottenne un notevole successo, grazie anche alla presenza di attori di un certo livello e di Ferdinando Tamberlani, regista di tutto rispetto. Doveva essere la prima di una lunga serie, ma non fu così : venne presto “bruciata” e dalle sue ceneri, per volontà di chi ne volle il “rogo”, nacque il Corteo Storico, per celebrare le vicende del Sacro Corporale, e riportare alla nostra memoria l’epoca in cui si svolsero. Il tutto dimenticando come il secolo XIII sia povero di notizie, ed ancor più quelle relative al Miracolo. Ed i miracoli, non è certo una novità, troppo spesso sono legati alla fantasia, sono affidati alla vivacità delle devozione popolare “sempre attenta alla ricezione ed alla traduzione del sovrannaturale nel quotidiano, ed in specie, quando il quotidiano ha tanto bisogno del sovrannaturale”. L’iniziatrice e propugnatrice della festa del Corpus Domini fu una suora agostiniana, certa Giuliana di Cornillon o di Liegi la quale, nel 1246 ottenne dal suo Vescovo (Jaques Pantaleon) la facoltà di celebrare il mistero dell’Eucarestia nel compartimento di Liegi dove si trovava il convento della Suora stessa. Nel 1264 Jaques Pantaleon, già arcidiacono di Liegi e confidente di suor Giuliana, salì al soglio pontificio con il nome di Urbano IV. E proprio tale Pontefice, l’8 settembre 1264, istituì la Festa del Corpus Domini con la Bolla Transiturus de hoc Mundo, la qual cosa non gli era stata possibile in qualità di arcidiacono, e nella quale, guarda caso, non si fa riferimento alcuno al Miracolo di Bolsena. E’ altrettanto strano che il Miracolo stesso non sia stato riportato dai cronisti coevi. Dovranno trascorrere oltre settanta anni per avere (vedi Riformanze 24 maggio 1337) le deliberazioni comunali relative alla processione delle reliquie. Lo stesso Monaldeschi, con una citazione del 1584, ci lascia alquanto perplessi mentre dice “…al tempo di questo Pontefice (Urbano IV) avvenne il miracolo meraviglioso e grande dell’ostia consacrata, il quale quantunque e più hoggi sia cosa notoria, nondimeno pochi ne hanno scritto e pochi ne hanno notizia...”. Veniamo ora a parlare di Pietro da Praga il quale, come vedremo, non ha nulla a che vedere con l’ipotetico celebrante di Bolsena. Il “magister” Pietro, giurista e diplomatico, già nel 1262 aveva incontrato Urbano IV a Viterbo, colà inviatovi dal suo re in qualità di ambasciatore; nel giugno del 1264 era venuto in Orvieto per chiedere allo stesso Papa Urbano IV la dispensa dall’obbligo della residenza presso il suo beneficio (vedi lettera con cui il Papa concede tale dispensa, datata da Orvieto – 4 giugno 1264). I documenti ci dicono che Pietro da Praga in data 13 luglio si trovava già presso il Re a Pisek, in Boemia. E del portentoso miracolo non ne fa il minimo cenno al Re Ottocaro Premislao, di cui è confidente. E questo perché il “magister” Pietro, canonico della cattedrale di Praga, protonotario del potente re di Boemia Ottocaro II, uomo politico di prim’ordine, evidentemente non ha nulla che vedere con il timoroso, titubante prete, tormentato dal dubbio sulla reale presenza del Corpo di Cristo nell’Eucarestia; che si era recato a Roma, da buon romeo, per implorare sulla tomba di Pietro “la grazia di liberarsi dalla angustia ond’era afflitto il suo spirito”. Concludiamo con il “Corteo delle Dame”. E’ necessaria, però, una premessa : nel nostro Comune, possiamo ben dire da sempre, l’eccessivo lusso femminile è stato contrastato con deliberazioni e decreti molto restrittivi. Nel 1306, per esempio, si fece divieto alla donne di fregiar le vesti e di adornare il capo con oro, argento e perle; di indossare abiti con lo strascico superiore alla lunghezza di un palmo orvietano (circa 20 centimetri). E perché il divieto fosse osservato da tutte indistintamente, il Podestà nominò custodi segreti in ogni rione, con il compito di denunciare eventuali infrazioni. Nel 1354 vennero proibiti anche i monili preziosi. Altri ordinamenti si ebbero nel 1525, e talmente restrittivi da non permettere alle donne – eccezion fatta per quelle che stessero in casa di Signori di Castelli – di avere più d’una veste e d’una sberna (veste ampia e strisciante che le donne portavano sopra altra veste come mantello); e questa non doveva essere di velluto, di raso né tantomeno broccato d’oro o d’argento. Nel 1537 se ne ebbero altri ancor più restrittivi, con i quali, ad esempio, si vietava l’uso degli orecchini, anche se falsi; di fregiar le vesti con più di due braccia e mezzo di drappo... Evidentemente, chi ha organizzato il “Corteo delle Dame”, che è una manifestazione di solo e puro esibizionismo femminile, non era al corrente di tali restrizioni “super vestibus mulierum”, o non ne ha voluto tener conto, per proporci l’ultima baggianata pseudo-storica.